Gli scrittori della porta accanto

Anteprima: Fabrizio Buonamassa racconta "I ragazzi di Virmarone", nell'intervista di Elena Genero Santoro


In anteprima “I ragazzi di Virmarone” di Fabrizio Buonamassa, La Caravella Editrice, 2016. Mistero e azione in un giallo surreale.


I RAGAZZI DI VIRMARONE
di Fabrizio Buonamassa
La Caravella Editrice
Romanzo
ISBN 9788868271817
cartaceo 18,00€ | Acquista

Nel villaggio di Virmarone tutto è subordinato al volere di Dottore, l’unico che conosce la città, capo indiscusso del popolo, che dà e toglie a suo piacimento mantenendo in uno stato di sottomissione gli abitanti e dispensando loro la verità in cui devono credere. Il tutto sarà portato agli estremi con l'arrivo del commendatore Gianventi, dispensatore di cause e arruolatore di soldati per conto della Blasora e dell’esercito regio contro i barbari dei regni orientali. Le ambizioni dei due signori privi di scrupoli verranno però smascherate da alcuni giovani abitanti del villaggio, che si uniranno alla Compagnia della Libellula e scopriranno che tra commendatori, cavalieri e amministratori, la vita fuori e dentro Virmarone è un universo gerarchico basato su guadagno e potere in cui niente è come sembra.

L'autore racconta...

Raccontaci qualcosa di te: chi è Fabrizio Buonamassa nella vita di tutti i giorni?
Fabrizio è un ragazzo di ventiquattro anni, da poco laureato in Giurisprudenza, che vive a Chivasso e svolge la pratica forense in uno studio legale di Torino. Ogni tanto gli piace dilettarsi nella scrittura, soprattutto nei rari momenti di pausa. Perché la scrittura, oltre a far bene all’anima, ha il potere di donare qualche minuto di sollievo in mezzo alla moltitudine di ansie e di preoccupazioni che attanagliano la quotidianità.

Questo è il primo romanzo che pubblichi?
I ragazzi di Virmarone è il primo romanzo. Spero che sia il primo di una lunga serie, perché non ho intenzione di fermarmi qui. Il lavoro dello scrittore, da come ho potuto apprendere con questa esperienza iniziale, è sicuramente difficile, e spesso anche incompreso. Eppure, se le cose andranno per il verso giusto con la mia prima opera, a questa ne seguiranno altre.

Veniamo al libro I ragazzi di Virmarone. Com’è nata l’idea?
L’idea è nata dalle campagne. Volevo raccontare una storia che mettesse in luce le contrapposizioni tra la vita di campagna e la vita di città, per riscrivere in chiave moderna la celeberrima favola esopica «Il topo di campagna e il topo di città». Poi, però, in corso d’opera la storia prendeva una piega tutta sua. A ogni singolo episodio che concepivo nella mia mente se ne aggiungevano altri. I personaggi prendevano vita indipendentemente dalla mia immaginazione. La trama, in origine pensata come estremamente lineare, andava intricandosi sempre più. Insomma, mi pareva di essere una macchinetta al servizio di una storia che voleva uscire fuori da sola, che aveva sì come substrato di riferimento la vita e le esperienze di Fabrizio, ma che bramava di immettersi in una direzione del tutto nuova. Mi sentivo il burattino nelle mani di una qualche creatura misteriosa, quasi sovrannaturale, che mi ha guidato per tutta la stesura del romanzo, e che alla fine mi ha condotto non dove avrei voluto io, ma dove ha deciso lei. Io lo chiamo Spirito della Scrittura. Non so se si tratti di una creatura reale che presiede il processo creativo o di una banale immagine mentale. Nei fatti questo Spirito della Scrittura mi suggeriva quello che io dovevo scrivere. Egli è il vero autore, io rimango un semplice redattore.

È un libro a metà tra l’avventura, l’azione e il giallo. Ci racconti di che cosa parla? Ci sono elementi di fantasy, o comunque surreali?
Nel villaggio di Virmarone tutto è subordinato al volere di Dottore, l’unico che conosce la città, capo indiscusso del popolo, che dà e toglie a suo piacimento mantenendo in uno stato di sottomissione gli abitanti e dispensando loro la verità in cui devono credere. Il tutto sarà portato agli estremi con l'arrivo del commendatore Gianventi, dispensatore di cause e arruolatore di soldati per conto della Blasora e dell’esercito regio contro i barbari dei regni orientali. Le ambizioni dei due signori privi di scrupoli verranno però smascherate da alcuni ragazzi del villaggio, che si uniranno alla Compagnia della Libellula, scoprendo così che tra commendatori, cavalieri e amministratori, la vita fuori e dentro Virmarone è un universo gerarchico basato su guadagno e potere in cui niente è come sembra. A grandi linee, questa è la trama. È presente molto mistero, molta tensione, molti colpi di scena. Ho pensato di limitare il più possibile gli elementi surreali, così da rendere il risultato quanto più vicino al lettore.

Qual è il target a cui ti rivolgi? Che tipo di lettori ambisci a conquistare?
Sicuramente non è un romanzo per bambini, anche perché forse alcune scene potrebbero risultare un po’ crude. Il mio lettore ideale è un uomo o una donna dai 14 ai 99 anni, che abbia la passione per le trame particolarmente ricche e intricate, che non si limiti a una lettura superficiale, ma che colga il lato profondo delle cose. Perché il ruolo del lettore è fondamentale. E il testo scritto è il mezzo tramite il quale si instaura il rapporto tra scrittore e lettore. Si tratta di un rapporto biunivoco: il lettore vuole leggere, e ha bisogno del suo scrittore; lo scrittore vuole scrivere, e ha bisogno del suo lettore. Non esiste uno scrittore senza un lettore. Unendo le loro forze, lettore e scrittore camminano insieme. E insieme potranno dar vita a un qualcosa di interessante.

Quanto ti ha coinvolto intimamente la stesura di questo romanzo? C’è qualcosa di autobiografico?
Per me non esistono scritti che non siano autobiografici. Qualunque tipologia di scrittura esterna l’anima di chi la produce. E questo avviene in maniera più o meno palese. Ho già parlato dello Spirito della Scrittura. Certamente egli presiedeva il processo creativo. Ma ciò non vuol dire che la storia stessa sia rimasta completamente avulsa dall’anima del suo redattore. Lo Spirito della Scrittura è il vero autore, ma l’anima del redattore resta pur sempre quel contenitore da cui egli accinge, da cui estrae il materiale per plasmare la storia.

Virmarone, il luogo in cui si svolge il romanzo, è emblema di qualcosa?
Virmarone è l’emblema della vita semplice e umile, che, pur proseguendo in modo regolare, rimane soggiogata a dinamiche esterne che esulano dalla propria volontà. Virmarone è il simbolo di una forza latente che si desta, che prende consapevolezza di sé e che infine tenta di emanciparsi. Virmarone è la metafora di questo mondo, dove si trovano innumerevoli focolai di bene, ma dove il male vuole imporre tutta la sua crudezza.

C’è qualche messaggio particolare che speri di comunicare attraverso questo romanzo?
Il mio non è un romanzo moralista. Ognuno scopre la morale per sé, e non sarà certamente un libro o un ragazzino che lo scrive a pretendere di fare la morale al mondo intero. Io voglio semplicemente offrire degli spunti di riflessione, dopodiché sarà il lettore a decidere se individuarli e interiorizzarli.

Il finale chi l’ha deciso? Tu o i tuoi personaggi?
È stato lo Spirito della Scrittura a decidere il finale. Anzi, quando ho cominciato a scrivere, io avevo pensato di concludere in un certo modo. Poi, però, tutto è stato capovolto. E così anch’io mi sono meravigliato nel scoprire il finale della mia storia. Lo Spirito della Scrittura creava, io mi limitavo a scoprire scrivendo.

Grazie per essere stato con noi, Fabrizio. In bocca al lupo per i tuoi progetti futuri.

Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag
L’occasione di una vita, ebook Lettere Animate
Un errore di gioventù, 0111 Edizioni
Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni.
Il tesoro dentro, 0111 Edizioni.



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