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Relazioni abusanti: libri e testimonianze per riconoscere manipolazione affettiva e molestie morali

Relazioni abusanti: libri e testimonianze per riconoscere manipolazione affettiva e molestie morali

Di Elena Genero Santoro. Cosa sono le relazioni abusanti? Chi sono i manipolatori perversi? E chi sono le vittime? Libri e testimonianze per riconoscere manipolazione affettiva e molestie morali.

Viviamo in un mondo in cui la colpa, ormai, è delle vittime. Le vittime di stupro non sono state abbastanza accorte, non dovevano uscire di sera da sole, non dovevano flirtare, non dovevano fare nulla di ciò che hanno fatto. Le vittima di rapina non dovevano ostentare ricchezza. E le vittime di una relazione abusante, in maggioranza donne, ma possono essere anche uomini, dovevano accorgersene subito e dire basta. E quelle che prendono un mare di botte, anche di fronte ai figli? Non avrebbero il dovere morale di proteggere i bambini e andarsene? Magari, se se le prendono, è perché hanno provocato la reazione violenta nel partner: stuzzicando la gelosia, mettendo in atto meschinità urticanti che alla fine hanno “scatenato il raptus”. Quindi le vittime o sono provocatrici, cioè a loro modo colpevoli, o sono persone ingenue e poco accorte nel migliore dei casi.

Se fosse così semplice non esisterebbero tante storie di abusi.

Per dipanare la matassa delle relazioni abusanti, qualora non ci si sia già passati in prima persona, consiglio la lettura di due libri: La manipolazione affettiva, di Isabelle Nazare-Aga, incentrato sui rapporti di coppia e Molestie morali, di Marie-France Hirigoyen, che affronta il problema da una prospettiva più ampia e include anche il mobbing sui luoghi di lavoro.
Letti questi libri sarà chiaro che le relazioni abusanti seguono cliché che si ripetono in modo abbastanza sistematico.
In questo articolo mi focalizzerò in particolare sul rapporto di coppia.

DISCLAIMER
Le testimonianze riportate sono reali e non sono tratte dai libri citati.
Questo è un articolo divulgativo che si basa su testimonianze reali e su testi specialistici, ma non si vuole e non si può sostituire a una trattazione medico-scientifica o a un tentativo di diagnosi, per il quale si rimanda alle figure di riferimento quali i terapeuti.

Le relazione abusanti


Relazione abusanti

Chi è il soggetto abusante? 

I manipolatori sono tra noi. Sono medici, giornalisti, insegnanti e, spesso, occupano posti di potere. […] Essere un manipolatore non è una tattica, ma un modo di essere. È un tipo di personalità, una personalità narcisistica riconosciuta dalla psichiatria ma ancora poco studiata.
[…] I manipolatori non hanno quasi mai un aspetto cupo o demoniaco. Come tutti gli esseri umani, possiedono lati positivi e questo spiega perché riescono facilmente a confondere le persone che li frequentano. […] Trenta caratteristiche ben precise li contraddistinguono. Per sapere se abbiamo a che fare con un manipolatore, dobbiamo individuarne […] almeno quattordici.
Isabelle Nazare-Aga, La manipolazione affettiva
Il manipolatore colpevolizza gli altri, capovolge ogni situazione a proprio vantaggio. Usa ragionamenti pseudo logici e regole morali (cortesia, solidarietà, antirazzismo, ecc…) che manipola per raggiungere i suoi scopi. E poi svaluta, giudica, critica. Ma riempie le sue vittime di lusinghe e regali, se serve. Si atteggia a vittima per essere compatito. Non ammette mai di avere responsabilità, ma le attribuisce sempre agli altri. Si prende i meriti quando le cose vanno bene.

A livello di comunicazione è vago e contorto, non è mai chiaro, evita il confronto, non esprime in modo univoco le sue richieste.

Salvo poi rinfacciare ciò che non è stato compreso («avresti dovuto capire che…»). Se messo alle strette svicola, cambia argomento, non dà risposte. In compenso non accetta critiche e muove minacce più o meno esplicite.
Non è mai autentico. Mente. È il re della menzogna. Alterna maschere e lo dimostra cambiando opinione a seconda delle situazioni. Semina zizzania, crea conflitti per avere la situazione sotto controllo. È lunatico. Può raccontare una cosa un giorno e dire l’opposto il giorno dopo, ma con la medesima sicumera. Ma nega l’incoerenza.
È egocentrico, vuole sembrare superiore, ma le sue azioni sminuiscono la grandiosità dei suoi discorsi. Ignora i diritti degli altri e dimostra poca empatia. 
Genera ansia nelle persone, fa fare loro cose che non avrebbero fatto spontaneamente (induce cioè alla dissonanza cognitiva).
In conclusione il soggetto abusante sembra non avere mai una identità definita, principi morali solidi e radicati, o una coerenza, uno spessore. Il manipolatore è una scatola vuota, è una sequenza di maschere che poggiano sul nulla e che si alternano a seconda delle situazioni.


I manipolatori perversi sono consapevoli? 

A volte no, ma il risultato non cambia o cambia poco. A volte sono solo talmente egocentrici e poco empatici da nemmeno accorgersi del dolore che provocano. In questo caso si parla di “perverso narcisista” o “manipolatore”.
A volte sì, e in questo caso si parla di “perverso di carattere” o “manipolatore perverso”, sempre secondo La manipolazione affettiva.
La base di tutto è il “narcisismo patologico”.
Il “perverso di carattere” è più conflittuale, vive male la vita di comunità, è più intransigente e persino più aggressivo.


I manipolatori possono guarire? 

Cito l’opinione di Robert D. Hare, il massimo studioso della psicopatia (quelli che vengono definiti "narcisisti maligni" sono assimilabili agli psicopatici). Alla fine del volume La psicopatia, Robert D. Hare dice che è meglio che questi soggetti non vadano da un terapeuta. Intanto, per voler guarire bisognerebbe pensare di essere malati e loro non lo credono (in compenso, fanno impazzire quelli che stanno loro intorno). Poi, una volta in terapia, imparano una serie di vocaboli tecnici coi quali affinano solo la loro capacità manipolativa e diventano ancora più pericolosi.

Il libro di Robert D. Hare risale ai primi anni Novanta e ad esso è stata aggiunta un'appendice successiva. A tutt'oggi la psicopatia non risulta curabile e le terapie classiche, i tentativi di reinserimento sociale, sono tutti vani. Gli unici passi avanti compiuti nello studio della psicopatia hanno chiarito un po' meglio alcune possibili cause, quali alcune alterazioni cerebrali. Essere psicopatici è congenito. Ininfluente o quasi sono l'ambiente di provenienza, i traumi infantili, il ruolo dei genitori, le scuole frequentate.

In fondo non è nemmeno così importante sapere esattamente qual è la diagnosi sul manipolatore: se è un borderline, uno psicopatico, se è più o meno perverso.È un manipolatore, è tossico, avvelena la vita del/la partner, lo/la umilia, racconta un sacco di bugie. Anche se uno psichiatra facesse una diagnosi esatta, ciò non cambierebbe il nodo del problema: è una persona da evitare.


Relazione abusanti

Come inizia la relazione con un soggetto abusante? 

Con un’enorme menzogna, quindi in linea col modo in cui proseguirà fino all’esaurimento. Solo che all’inizio è una menzogna bella.
Se per le persone normali la seduzione è qualcosa che viene normalmente attuata all’esordio di una relazione, è quella fase in cui si dà il meglio di sé, ci si mostra sotto la luce migliore, per un manipolatore la seduzione è un inganno totale. L’abusante non si palesa al meglio delle proprie reali possibilità, ma completamente diverso. Finge per apparire ciò che non è.
E allora farà gesti spettacolari. Scriverà lettere d’amore, inonderà la futura vittima di complimenti, si mostrerà assertivo, dirà esattamente ciò che la vittima vorrà sentirsi dire. Sarà passionale, tenero, presente. Insomma, attirerà in ogni modo l’attenzione della vittima. La quale, vittima, all’inizio magari non lo aveva neppure notato, o magari non se ne sentiva neppure attratta. O aveva avuto un’impressione negativa. Ma alla fine lui la convincerà di essere ciò di cui lei ha bisogno.
Scoppia dunque l’amore, che in realtà è solo un’illusione. Questa fase è detta Love Bombing: è tutto bellissimo, tutto fantastico. Ma tutto irreale.

Testimonianza 1 

Nel periodo del love bombing, quando il mio ex voleva fare crollare le mie riserve, mi scriveva grandi lettere appassionate alle quali nemmeno credevo. Quando iniziò a farmi una corte serrata, lui mi attraeva perché era un bel ragazzo, ma non riuscivo a fidarmi di lui. Si vedeva che era farfallone. Alla fine mi convinse del contrario, disse che era stufo di volare di fiore in fiore e cercava una relazione seria. Ma da quel momento non mi scrisse più una sola riga. In compenso gli scrissi io, moltissime lettere, che lui probabilmente nemmeno leggeva. Gli scrivevo lunghi papiri perché a parole non ci comunicavo. Non riuscivo a fargli capire come sentivo le cose, le mie emozioni, i miei problemi. Volevo che si rendesse conto che certi suoi comportamenti erano nocivi, per me e per la salute del nostro rapporto. Mi addossavo sempre una parte di colpa, gli chiedevo cosa fare per migliorare. Parole parole parole cadute nel vuoto. Urlate contro un muro di gomma. Lui non ha mai degnato quelle lettere di una risposta, nemmeno verbale.


E poi? Le critiche alla vittima.

E poi iniziano le critiche: verso la vittima, verso ciò che la circonda, verso ciò che lei ama.
È lo stesso meccanismo rilevato nell’esperimento del topo. Il topino a cui veniva somministrata dell’acqua drogata dopo che schiacciava un pulsante, poi non riusciva più a rinunciarci. E se premendo il pulsante che prima gliela forniva, dopo un po’ non usciva più nulla, lui si esauriva fino alla morte a ripetere lo stesso gesto per ottenere ciò che voleva e che non gli veniva più erogato.
Negli umani accade lo stesso. Quando una “dolcezza” a cui ci si è abituati viene improvvisamente a mancare, o viene erogata a intermittenza, la vittima rimane destabilizzata. Si domanda cosa ha fatto per causare un cambiamento nel proprio partner, si colpevolizza, prova a cercare soluzioni. L’obiettivo della vittima è quello di tornare a ottenere la “dolcezza”, di ricreare la idilliaca situazione precedente.
Invece il manipolatore ha sempre meno intenzione di concedere quella “dolcezza” alla vittima, per il semplice fatto che non è in grado di amare nessuno. Al contrario, denigra il/la partner a sua insaputa, la isola dai suoi affetti («i tuoi amici sono tutti cretini, se vuoi incontrarli non contare su di me»), la ricatta moralmente («tra noi può funzionare solo se lasci il tuo lavoro»). Per corrodere la fiducia che ha in se stessa, il manipolatore induce la vittima a credere di avere problemi mentali (uno per tutti, basta guardare il film Angoscia, del 1944Gaslight in lingua originale).

Testimonianza 2

Si divertiva a prendermi in giro. Era pesante. Diceva che ero imbranata, diceva che essendo femmina ero meno intelligente di lui. Eppure mi rinfacciava di non avere senso dell’umorismo. Ricordo che una volta, all’inizio della relazione, mi fece un elenco di tutti i miei difetti. Scoppiai a piangere, tutte le sue parole mostravano che non mi apprezzava per nulla. Ma non voleva lasciarmi. Io ero lì davanti a lui, mi sentivo in difetto, piangevo e gli stavo dando una enorme soddisfazione.
Nel frattempo, magari, il manipolatore ha fatto anche altre conquiste. Essendo un bugiardo patologico ama intrattenere storie parallele. Si diverte come un pazzo a raccontare delle sue ex fiamme, per fare sentire la partner attuale sempre inadeguata. Deve sempre creare una situazione di paragoni umilianti. Questo gioco si chiama triangolazione. Il narcisista, pur essendo impegnato, chiama o incontra periodicamente un’altra persona. Gode nel fare ingelosire il/la partner.

Testimonianza 3

Parlava sempre delle sue ex. A volte le descriveva come miti irraggiungibili (una in particolare), a volte come poverette a cui lui si era degnato di concedere la sua presenza. Le ex erano sempre con noi, ovunque, anche in camera da letto. Sembrava che non se ne fosse mai liberato. Mi raccontava persino le sue performance sessuali con loro. Mi dettagliava di come le tradiva e di come le induceva a lasciarlo quando non ne poteva più di loro. Pretendeva che con alcune di loro, con cui era ancora in amichevole e ambiguo contatto, io diventassi pure amica. Ci uscivamo insieme nei weekend e le invitavamo anche a casa. Io non potevo lamentarmi anche se mi sentivo a disagio, perché a quel punto mi rinfacciava di essere paranoica e gelosa. Ma guai a menzionare il mio ex fidanzato, con cui avevo avuto una storia conclusa, ma pulita. Lui, però, triangolava di continuo.

Testimonianza 4 

Ci fu un periodo in cui eravamo già separati, ma ci frequentavamo ancora, in attesa di capire se poter recuperare il rapporto. O meglio, io sognavo che a un certo punto lui, inondato della luce divina, diventasse ciò che in realtà non era mai stato. Solo più tardi avrei capito che si trattava di una pia illusione. A casa sua, ai piedi di quello che per un po’ era stato anche il mio letto, trovai un paio di pantofole femminili di numero nettamente superiore a quello del mio piede. Mi disse che le aveva comprate per me. Finsi di crederci. Ma fu l’ultima volta in cui entrai in quella casa.
Per un soggetto abusante, una relazione di coppia non è una relazione di amore, di cooperazione, di solidarietà. È un gioco di forza, di potere.
L’abusante vuole distruggere e annientare la sua vittima per sentirsi più potente. Vuole polverizzare la sua autostima. Vuole che la vittima resti sempre a sua disposizione, non per amarla, ma per portarla all’esaurimento.
Non si può credere che esistano relazioni abusanti se non ci si convince che ci sono persone crudeli in modo gratuito, che godono della sofferenza degli altri.  Le relazioni abusanti non sono relazioni normali e non possono essere assimilate ad esse. Sono relazioni malate perché uno dei due partner è cattivo.


Relazione abusanti

Il soggetto abusante arriva sempre alla violenza fisica?

Non necessariamente. Ma anche la violenza psicologica è devastante. Il soggetto abusante è, in pratica, un vampiro.
Il partner non esiste in quanto persona, ma in quanto supporto di una qualità di cui i perversi cercano di impadronirsi. Essi si nutrono dell’energia di chi subisce il loro fascino. […] Il perverso narcisista ha il problema di ovviare al proprio vuoto. Per non doverlo affrontare, […] il Narciso si proietta nel suo opposto. […] Il Narciso ha bisogno della carne e della sostanza altrui per riempirsi. Ma è incapace di nutrirsene perché non ha neanche un briciolo di sostanza, che gli permetterebbe di accogliere, di aggrapparsi, di fare propria quella dell’altro. Tale sostanza diventa il suo pericoloso nemico, perché gli rivela che è vuoto. I perversi narcisisti nutrono un’invidia intensissima nei confronti di chi sembra possedere le cose che loro non hanno o chi, semplicemente, trae piacere dalla vita.
Marie-France Hirigoyen, Molestie morali
Il narcisista è un vampiro che perpetra atti di sadismo nei confronti della vittima finché non giunge a un fatidico momento, quello dello “scarto”, in cui allontana la vittima, le manifesta palese disamore, la blocca sui social lasciandola cadere in un baratro, salvo poi tornare a farsi vivo, come se nulla fosse, magari per fare ingelosire una nuova vittima (la succitata triangolazione). E la vittima, destabilizzata da questo “amore a intermittenza”, illusa da un possibile recupero del rapporto, non riuscirà a liberarsi in fretta dell’abusante.

Testimonianza 5

Dicono che i narcisisti godano particolarmente quando riescono a rovinare la festa al partner. Ricordo un compleanno particolarmente noioso, in cui mi aveva chiesto di uscire prima dal lavoro con la scusa di stare insieme e poi aveva bivaccato mollemente sul divano per tutto il pomeriggio. Anche i regali che mi aveva fatto sembravano delle prese in giro.
Non è un caso che io abbia subito lo scarto proprio alla vigilia di un altro mio compleanno. Era un periodo in cui usciva sempre di sera per i fatti suoi e guai a fargli notare che avrebbe potuto considerarmi un po’ di più. La sera prima del mio compleanno, proprio mentre stavo preparando una torta, rincasò con tutta la voglia di attaccare briga. Iniziò ad accusarmi di tutto, a dirmi che non gli piacevo più, che ero un’ameba, che non avevo interessi e dovevo vergognarmi, che la vita con me era noiosa e non c’era un motivo per rimanere con me. Mi scaraventò addosso il suo disamore. Allora preparai una borsa e me ne andai.


Ma chi è la vittima di una relazione abusante? 

Come dice Marie-France Hirigoyen, le vittime non sono mai simpatiche, non piacciono a nessuno, devono essere complici del carnefice, deboli, pappemolle. Se non lo sono, se diventare vittima è un fatto aleatorio e non porta con sé una colpa, allora chiunque di noi può diventarlo e questo è spaventoso. Al contrario il carnefice, se è così, avrà i suoi motivi: abusi precedenti, infanzia difficile, la sfiga.
Cominciamo a dire cosa la vittima NON è.
Non è una masochista. Se lo fosse, nella relazione abusante, ci sguazzerebbe. Invece sta male e soffre.
Non è nemmeno una persona che soffre di dipendenza affettiva. Nella dipendenza affettiva si presuppone che soggetti, per lo più donne, abusati in precedenza, nella famiglia di origine (padre alcolizzato, violento, ecc...) tendano nella vita futura a replicare, nelle relazioni affettive, lo stesso cliché e di cercare (sempre) un abusante, in quanto unico modello possibile. Si tratta di donne che cercano un determinato tipo di uomini, senza la dominazione dei quali si sentono perse. Accade, in una certa percentuale.

Ma poi ci sono donne che non hanno dipendenze affettive da colmare "a priori", che non cercano un manipolatore perverso, ma che ci si imbattono, come se fossero state investite da un tir.

Non l'hanno cercato per colmare un vuoto o un (falso) bisogno. Quindi la dipendenza che si instaura – che poi diventa dipendenza a tutti gli effetti – è una di tipo biochimico e in questo senso non affettiva.
La questione della dipendenza affettiva, si diffuse con il libro Donne che amano troppo, di Robin Norwood, che io stessa lessi molti anni fa, ed è stata per decenni la teoria più accreditata sulla causa dei rapporti abusanti. Ed è anche facile abbracciare una teoria del genere che, premetto, non è del tutto morta e conserva una parte di verità, per lo meno in certe situazioni. Le cause di una relazione abusante sono state studiate e descritte meglio negli anni più recenti. Sono ancora oggetto di studio. Le relazioni abusanti sono state comprese meglio.


Ma allora chi sono le vittime ideali di un soggetto abusante? 

Le vittime di un soggetto abusante sono persone tutt’altro che deboli, o prive di interessi, o passive. Di solito hanno una vita piena, quando non sono addirittura iperattive. E sono molto empatiche.
La vittima ideale è una persona coscienziosa, naturalmente propensa a colpevolizzarsi. In psichiatria fenomenologica questo tipo di comportamento è conosciuto e descritto, […] come un carattere predepressivo, il typus melancolicus. Sono persone che tendono all’ordine, sia in campo lavorativo sia nelle relazioni sociali, che si dedicano a quanti stanno loro vicino e accettano raramente piaceri dagli altri. L’attaccamento all’ordine e la preoccupazione di fare bene spingono queste persone a sobbarcarsi a una mole di lavoro superiore alla media, cosa che le fa sentire con la coscienza tranquilla e da cui nasce la sensazione di essere oppresse dal lavoro e da incarichi al limite del possibile. […] Spesso i melanconici sposano persone prive di emotività. Il meno sensibile dei due porta avanti la sua piccola vita inaffettiva tanto più tranquillamente in quanto il melanconico, a causa del cui permanente senso di colpa, si è fatto carico di tutte le preoccupazioni. Si occupa di tutto, gestisce le incombenze, regola i problemi fino al momento in cui, vent’anni dopo, spossato dai continui sacrifici, scoppia a piangere. […] I predepressivi conquistano l’amore dell’altro dando, mettendosi a sua disposizione, e provano una grande soddisfazione nello stare al suo servizio o nel fargli piacere. I perversi narcisisti ci sguazzano. […] Sono anche vulnerabili ai giudizi e alle critiche altrui, per quanto infondate. […] I perversi, percependo tale debolezza, provano piacere nell’instillare il dubbio. […] L’incontro con un perverso narcisista può essere vissuto in un primo tempo come uno stimolo per uscire dalla tetraggine della melancolia.
Marie-France Hirigoyen, Molestie morali


Quindi, cosa accade quando una persona di normale intelligenza si ritrova condizionata da un manipolatore?

Si chiama dissonanza cognitiva.
È come mangiare la cioccolata quando si è a dieta e poi sentirsi a disagio. È il malessere causato dal fare qualcosa in disaccordo con un'altra idea in cui si crede. È un'incoerenza di fondo che fa stare male.
La dissonanza cognitiva è un termine psicologico che descrive la tensione spiacevole derivata da due pensieri in conflitto contemporaneamente.
[...] Per sopravvivere al conflitto interno la vittima dovrà fare appello a tutte le risorse e meccanismi di difesa adatti a gestire le sue ansie più primitive, come quelle di persecuzione e annientamento, di modo che cercherà di ridurre la dissonanza cognitiva con delle strategie che possono includere: a) giustificare le cose mentendo a se stessa, se necessario; b) tornare agli schemi infantili e c) legare ancor di più con il maltrattante narcisista. La maggior parte dei meccanismi di difesa avviene piuttosto inconsciamente, quindi la vittima non è consapevole di adoperarli; il suo intento è unicamente quello di sopravvivere alla follia in cui si trova.
Il ruolo della dissonanza cognitiva nella sindrome da abuso narcisistico e gli investimenti della vittima per salvaguardare il “rapporto”


Cosa rischia la vittima di un abuso narcisistico?

Rischia la salute, fisica e mentale. I narcisisti possono diventare violenti, alzare le mani, o anche no.
Eppure anche senza violenza  fisica, il trauma da abuso narcisistico si può ripercuotere sul fisico con molte somatizzazioni, dall'insonnia, agli attacchi di panico, a vere e proprie malattie sistemiche.
Inoltre il narcisista ha buon gioco a destabilizzare la sua vittima. Nel suo provocare ed esasperare continuo spinge la vittima anche a reazioni più forti e aggressive; magari la vittima alza la voce in presenza di testimoni e allora fa la figura del carnefice. Se questo accade davanti a un giudice in sede di separazione o al momento dell'affidamento dei figli, le conseguenze possono essere poco piacevoli.


Relazione abusanti

Come si cura la vittima di un manipolatore perverso? 

Innanzitutto, chi è stato in grado di riconoscere una relazione tossica e di dire “così non sto bene” ed è in dissonanza cognitiva, non deve cercare di “recuperare un rapporto”, perché il rapporto non è mai esistito, né di “farla pagare” al narcisista, perché ha di fronte un individuo instabile e pericoloso, di fatto ingestibile.
L’unico modo per salvarsi dal manipolatore è ignorarlo. Un soggetto con ego ipertrofico trarrà enorme piacere nel vedere che la vittima si strugge per lui, ma farà molta più fatica ad accettare l’oblio.

Quindi le cure sono due efficaci e devono andare a braccetto. 

  1. Il no-contact totale e assoluto.
    Solo nel caso in cui si abbiano figli è inevitabile interagire, ma sempre riducendo al minimo i contatti.
    Il manipolatore perverso non è un ex fidanzato o ex marito con cui si possa intrattenere una relazione amicale. Non è quello con cui la vittima può pensare di scambiarsi gli auguri a Natale e Pasqua, o uscire ogni tanto. Quella col narcisista NON è una relazione normale che si può concludere con civiltà. Il manipolatore è veleno dal quale disintossicarsi. Lui/lei cercherà sempre di insinuarsi, di volgere le cose a proprio vantaggio, di ficcare il naso. Il manipolatore va cancellato. Dopo qualche settimana dall’inizio del no-contact la vittima starà peggio. Il sogno infranto crea lacerazione, la distanza dal soggetto abusante è vissuta come un peso. Ma non è il soggetto abusante a mancare: sono i sintomi fisici dell’astinenza. È la reazione biochimica. Dopo qualche tempo, tuttavia, ci si disintossica. E si inizia a stare decisamente meglio.
  2. Il supporto psicoterapeutico.
    Innanzitutto il terapeuta deve trattare queste persone come reduci da un evento traumatico. Come vere e proprie vittime di un abuso, anche se non c’è stata violenza fisica o carnale.
    Purtroppo in ambito di psicoterapia la maggior parte degli approcci classici e più largamente utilizzati non sono sempre adeguati a trattare una vittima di abuso psicologico da parte di un partner, perché tendono a puntare il dito proprio sui problemi e sulla psicologia della vittima. Il che è sbagliato, per lo meno in uno step iniziale – solo in un secondo momento la vittima può arrivare a lavorare su se stessa, per cercare di capire se ci sono cliché da non ripetere. Per esempio può essere inutile, se non deleterio, rivolgersi a un terapeuta di coppia, che tratta gli elementi della coppia come pari, minimizzando le loro scaramucce, senza rendersi conto che si tratta di una relazione del tutto sbilanciata. Quindi, quando una vittima di abuso narcisistico cerca una terapia, deve trovare un terapeuta specializzato proprio in quel settore.
E alla fine cosa resta? Resta l’ultimo incubo.


Elena Genero Santoro


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