Gli scrittori della porta accanto

Un caffè con Elena Genero Santoro

Ciao Elena, e grazie per avermi concesso questa intervista. Per rompere il ghiaccio, visto che ci troviamo in un caffè letterario virtuale, permettimi di offrirti virtualmente un caffè, un the, una tisana o… cosa preferisci?

Ciao e intanto grazie per questa intervista. Prendo volentieri una tisana, ma che sia bella speziata, con molta cannella, zenzero, pepe e cardamomo. E magari anche un po’ di scorza d’arancia.

Ora raccontami di te. Chi è Elena Genero Santoro e come è nata la tua passione per la scrittura?

Elena Genero Santoro è una mamma che lavora full time, talvolta anche in giro per l’Italia o per l’Europa, e che si divide tra lunghe giornate fuori casa e il tentativo di trascorrere del tempo di qualità con i figli. Quindi, come capirai, mi barcameno sempre in bilico tra quello che vorrei fare e quello che devo fare, per forza di cose.
La mia passione per la scrittura si perde nella notte dei tempi, già in terza media scrivevo su dei taccuini delle storie che chiamavo romanzi e che facevo leggere ai miei compagni di classe prestando tutto il taccuino (per fortuna è sempre tornato tutto!). Ricordo che poi chiedevo una recensione al fondo del taccuino e sono ancora tutti lì, nel mio armadio, i racconti e i commenti che seguivano. Chissà oggi a volerli trascrivere sul computer quanto spazio terrebbero. Rileggendoli mi fanno ovviamente tanta tenerezza, ma tutto sommato non li rinnego: parlavano di amicizia, di gelosia, di innamoramenti puliti. Insomma, per certi versi erano ingenui, impubblicabili così come sono, ma avevano una loro dignità.

Quali sono i generi che preferisci leggere e quelli che, invece, preferisci scrivere?

Più o meno coincidono. Diciamo che mi piace la rappresentazione fedele della realtà con un finale che possibilmente riscatti tutta la (tragica) storia. Perché se è vero che le cose vanno male, il mondo va in rovina, ecc… almeno nella letteratura bisogna potersi salvare. Quindi apprezzo il mainstream, apprezzo un Perissinotto che descrive le situazioni con gran dovizia di dettagli e che quando introduce le sue storie e i suoi personaggi sembra che stia parlando dei miei vicini di casa. È ciò che tento di fare anche io, anche se non mi metterei mai in paragone con Perissinotto! Una cosa che mi piace meno delle sue opere sono i finali prevalentemente tragici e con poca speranza. In questo mi discosto assolutamente! E poi mi piace raccontare i sentimenti, adoro immedesimarmi negli stati d’animo dei miei protagonisti, investigare ciò che provano, ciò che sentono. Quindi il risultato di quel che scrivo è in genere un romanzo in cui parlo di attualità, ma anche di emozioni, di affetto e di amore. Il filone romantico nel miei libri non manca mai, ma è sempre misto a qualcos’altro, magari a un discorso di denuncia. Uno dei temi che mi stanno più a cuore è quello della violenza contro le donne.

So che hai già all’attivo diverse pubblicazioni: quante e quali sono?

Attualmente sono in circolazione quattro dei miei libri, ma ne ho scritti molti di più. Parliamo intanto dei primi tre.
Ho scritto una saga di dieci romanzi, che vede per protagonisti una coppia (Futura e Patrick) e tutte le disavventure a cui va incontro. Di questa saga sono stati pubblicati “Perché ne sono innamorata”, Ed. Montag e “L’occasione di una vita” (ebook con Lettere Animate), che sono i primi due capitoli. “Perché ne sono innamorata” segna l’inizio di tutto e racconta l’amore a vent’anni, con tutte le incertezze e le insicurezze del caso. Getta le basi per quello che verrà poi e anche i protagonisti sono degli eroi o degli anit-eroi in erba. Anche il cattivo, Giulio, è un ragazzo violento agli esordi della sua “carriera di cattivo”. In questo libro fa il prepotente con la sua ragazza e la schiaffeggia. Il peggio, però, lo darà poi. “L’occasione di una vita” ha tre filoni e vede Futura e Patrick alle prese con una gravidanza indesiderata e un aborto spontaneo, mentre altri protagonisti hanno delle storie più leggere ma non meno crude. Una di loro partecipa ad un reality, che è la parodia del Grande Fratello, e mi sono divertita a vederla destreggiarsi malamente in un meccanismo televisivo che si nutre delle disgrazie della gente e che esce sempre vincitore, lucrando sulle spalle degli sprovveduti concorrenti.
Dopodiché per mia scelta è stato pubblicato il nono di questi libri, “Un errore di gioventù” (0111 Edizioni), dove il tema principale, anche se non l’unico, è quello della pena di morte.
La storia ha un’ispirazione autobiografica perché dal 2002 al 2010 sono stata l’amica di penna di un uomo condannato alla pena di morte in Florida. Questo prigioniero, ucciso con iniezione letale nel 2010, si chiamava Martin Edward (Eddie) Grossman, ed era un mio amico nonché una persona perbene. È stato nel braccio della morte per ventisei anni prima di essere ammazzato. Ho scritto questo libro, tre anni dopo la sua dipartita, per sdoganare alcuni pregiudizi che le persone, mediamente hanno su chi sta nel braccio della morte: i prigionieri non sono tutti mostri, non sono tutti pazzi sanguinari e spesso arrivano all’esecuzione dopo anni e anni di percorso riabilitativo andato a buon fine (quando dunque la “punizione” sarebbe meno necessaria). Eddie era colpevole di omicidio commesso sotto stupefacenti, come anche il personaggio a lui ispirato, ma apparteneva a una minoranza etnica con corsia preferenziale verso la pena capitale. Quindi ho voluto raccontare, sperando di averlo fatto con tutta la delicatezza possibile, una storia che ne riabilitasse la memoria e che spiegasse anche che l’omicidio di stato è una vera tragedia soprattutto per i familiari del condannato: non riporta in vita la prima vittima e dilania una seconda famiglia.
Ma non c’è solo la pena di morte. La domanda attorno a cui ruota tutto il libro è: per quanto tempo uno deve pagare gli errori commessi nel passato, se nel frattempo, peraltro, è cresciuto, maturato, ha avuto una condotta impeccabile? Anche Patrick, marito fedele, padre devoto e lavoratore impeccabile, si trova a fare i conti con un’azione avventata che gli presenta il conto dopo tre lustri: scopre infatti che potrebbe avere una figlia avuta da una relazione occasionale alla fine del liceo.
La conclusione di tutto è che le stupidaggini, in gioventù si fanno, e queste a volte hanno delle conseguenze. Ma anche il fattore fortuna ha il suo peso.
Adesso “Un errore di gioventù” è stato tradotto in inglese ed è disponibile come ebook gratuito con il titolo “A mistake of youth”.
Segnalo ancora due opere in cui compare il mio nome, il primo è un mini romance adolescenziale edito da Lettere Animate come ebook dal titolo “Un bacio di troppo”.
Infine la raccolta di racconti: “Insieme si può – Comitato Mahmud”, di cui sono “coautrice e madre gestante”. È disponibile su Amazon, come ebook e come cartaceo, e il ricavato, tasse a parte, viene devoluto interamente ai profughi siriani, uno in particolare, Mahmud, un bambino con una malattia rara, allergico al sole.

Quale opera credi sia la “meglio riuscita” e perché?

Non credo di essere la persona più obiettiva per poter giudicare le mie opere! In ognuna c’è qualcosa di me che mi fa andare oltre il mero “valore tecnico”, sempre che di valore tecnico si possa parlare quando si disquisisce della bellezza e della riuscita di un romanzo. A lungo sono stata convinta che “Un errore di gioventù” fosse il meglio che potessi fare. Poi ho capito che non era così, che potevo (e dovevo) superarmi e che in ogni caso quel che piace a me non necessariamente piace a qualcun altro. Sicuramente “Un errore di gioventù” è un libro più complesso e più strutturato di “Perché ne sono innamorata”, che è stato il primo vero romanzo che ho scritto, in modo più istintivo e spontaneo. Pensavo (e penso ancora) che una scrittura più riflessiva e meditata giocasse assolutamente a favore di “Un errore di gioventù”, invece ho trovato chi ha apprezzato di più “Perché ne sono innamorata”, nel paragone. Anche se poi, a ben scavare, il motivo di ciò non c’entrava nulla con la struttura del romanzo, ma con una non adesione all’idea che presentavo e alla mia visione della pena di morte. Quando un libro viene giudicato per i concetti che contiene, non c’è spazio per la discussione!

Cosa dicono i lettori delle tue opere?

Mi dicono che ho uno stile fluido e chiaro, che quel che scrivo è sempre molto scorrevole, che la mia scelta di raccontare più storie che si intrecciano aumenta la suspense e fa terminare il libro molto in fretta. E sulle pagine di “Un errore di gioventù”, in cui faccio parlare il condannato, qualcuno ha versato qualche lacrimuccia. Quindi ho trasmesso delle emozioni, e questo mi rende felice.

Raccontami in breve del tuo ultimo libro.

E veniamo al quarto libro pubblicato, “Gli Angeli del Bar di Fronte” (0111 Edizioni), uscito nel novembre 2014.
“Gli Angeli del Bar di Fronte” è un romanzo a due voci. Le protagoniste sono due ragazze, un’italiana, Chiara, e una rumena, Paula, che vivono entrambe a Torino. Entrambe sono alle prese con problemi di sopravvivenza. La prima, la cui famiglia era benestante solo fino all’anno prima, lavora in un bar malfamato della Torino nord (Il Bar di Fronte) in attesa di terminare la tesi di laurea. Quando si laureerà, potrà iniziare un lavoro a Grenoble, in Francia. La seconda, pur avendo un titolo di studio specialistico, fa la badante in nero ad un anziano non autosufficiente. Il libro parte da questa situazione molto attuale, molto realistica, per prendere una strada ovviamente più improbabile e meno scontata: sia Paula che Chiara si ritrovano ad avere a che fare con un gruppo di cinque ragazzi rumeni che hanno tutta l’aria di essere dei poco di buono e lo dimostrano appieno quando due di loro, una sera, cercano di abusare di Chiara all’uscita dal bar. Il loro tentativo va a monte perché quello che sembra essere il loro capo, Vic, li ferma in tempo. Ma Vic, che è tanto affascinante quanto ambiguo, poi convince Chiara a non sporgere alcuna denuncia in cambio della sua protezione. Lei si lascia persuadere, seppur con delle remore, e da quel momento inizia una frequentazione forzata con Vic che pur essendo un ragazzo cortese, non si affranca mai dai suoi compari e copre tutte le loro malefatte, con gran disappunto di Chiara. D’altra parte c’è Paula, che si ritrova a fare i conti con i rischi del lavoro sommerso, che quando si ustiona con un semolino rovente non può nemmeno chiamare il 118 e che sogna l’amore nell’uomo più sbagliato che ci possa essere, senza neanche considerare i sentimenti che il buon Anghel prova per lei.
Il libro è un mezzo per parlare di immigrazione, senza voler essere esaustivo, e vuole mettere in luce le difficoltà che sussistono per quanto riguarda l’integrazione. Nella storia ci sono buoni e cattivi da ambo le parti: quella degli immigrati e quella degli ospitanti.

La rivoluzione digitale e l’ e-book: cosa ne pensi di questo sistema innovativo di lettura, credi che rappresenti il futuro o è solo fumo negli occhi?

Io credo che alla lunga qualcosa cambierà. Io stessa mi sono fatta regalare un e-reader l’anno scorso e l’ho sfruttato al cento per cento, abbandonando quasi del tutto la lettura cartacea e scoprendo un mondo di autori indipendenti e sconosciuti al grande mercato editoriale, ma non meno interessanti. Non sempre chi si autopubblica è un incapace, anche se c’è molto pregiudizio, in giro. E per quanto riguarda l’e-reader come “apparecchio”, per me il supporto non è vitale per leggere, quello che conta è il contenuto. E tra l’altro, gli e-reader attualmente in circolazione, retroilluminati, sono un supporto più che valido e funzionale per leggere: comodo, ben visibile, si possono ingrandire i caratteri quanto si vuole e persino la lettura diventa più veloce. Quindi non rimpiango la carta e il profumo dell’inchiostro, anzi, mi sembra di aver fatto un bel salto qualitativo.

Elena e i social Network: credi che possano rappresentare un’opportunità per un autore o è solo un frivolo passatempo?

I social network possono essere un mezzo utile, anche se io sono sempre in dubbio sulla reale efficacia. Il mio timore è che a forza di autopromuoversi si sortisca l’effetto esattamente contrario: nauseare il potenziale pubblico. Quindi cerco di calibrarmi in modo opportuno, chissà se ci riesco.

Progetti per il futuro: cosa ti aspetti dal nuovo anno? Ci sono nuovi lavori in corso o ambizioni particolari? 

Dicono che sia l’anno dell’Ariete, speriamo in bene per la promozione delle opere esistenti!

Elena ti ringrazio tantissimo per essere stata con noi, in bocca al lupo per i tuoi progetti futuri!



Silvia Pattarini


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