Gli scrittori della porta accanto

Anteprima: Angela Gambirasio racconta "Mi girano le ruote"


MI GIRANO LE RUOTE
di Angela Gambirasio 
Voltalacarta 
Narrativa non fiction
ASIN B0136H67NM
cartaceo 11,90€ | Ibs   
ebook 2,99€ | Amazon  

Io sono handicappata: questa è l’unica cosa sulla quale tutti concordano. Beh, magari poi i normodotati mi definirebbero "disabile" o "diversamente abile" più che handicappata, ma le definizioni politicamente corrette non hanno mai cambiato la sostanza. Al di là di questo, io ho idee diverse dagli altri su come condurre una vita da una sedia a rotelle. Da sempre medici, giornalisti tuttologi e buona parte della società provano a spiegarmi come dovrei definirmi, comportarmi e vivere, insomma, quello che ci si aspetta da gente come me. Mi attribuiscono la sessualità di un angelo, pensano che stia chiusa in casa a lacrimare sulle mie sciagure o magari a pregare affinché qualcuno, lassù, ponga fine a una vita irrimediabilmente infelice. Beh... ho sempre deluso le aspettative altrui, soprattutto quelle schifose. Così ho deciso di raccontarvi la tragicomica realtà di una come me, che vive tra barriere architettoniche e mentali. Come faccio ad andare avanti pur non potendo camminare? Semplice: rotolo!


Raccontaci qualcosa di te: chi è Angela Gambirasio nella vita di tutti i giorni?
Non per buttarla sulla psicologia, ma lo sai vero che questa è una domanda a cui quasi nessuno sa rispondere? Meglio: mi piace partire dalle cose complicate. Nella vita di tutti i giorni, probabilmente se chiedi a chi si occupa di trasporti pubblici inaccessibili alle sedie a rotelle, alla commissione ASL e persino a qualche ben pensate, la risposta sarebbe probabilmente “una stronza”. A me piace più pensare di essere una persona che non si fa mettere i bastoni fra le ruote, anche perché nel mio caso sarebbe un problema enorme. Quando non litigo per ottenere ciò che dovrebbe essere un mio diritto, tipo salire sulla metro come qualsiasi bipede, cerco di compensare il karma negativo aiutando gli studenti universitari a scegliere il proprio percorso accademico, superare qualche blocco da esame e trovare un lavoro. Per il resto sono una moglie viziata, una sorella rompiballe e un’amica lunatica.

Questo è il primo romanzo che pubblichi?
Il primo e forse anche l’ultimo. Come si suole dire: scrivere è un hobby, ma per fortuna ho un lavoro vero per mantenermi. In effetti ho altri due libri in cantiere, ma la verità è che sono una perfezionista: li scrivo in due mesi e ci metto anni a riscriverli.

Veniamo al libro “Mi girano le ruote, una storia che non si regge in piedi”. Com’è nata l’idea?
Se sei disabile e vivi in Italia, o ti chiudi in casa e aspetti di morire, oppure fai tutto quello che fanno i bipedi, ma superando molte più difficoltà per farlo. Mia madre non ha mai tollerato né i fannulloni né chi si piange addosso. Il risultato è stato che da me si pretendeva che studiassi, lavorassi e vivessi quanto e più di un “normodotato”. Peccato che la jungla urbana non sia propriamente accessibile… Così, per elaborare lo stress e la frustrazione causate da barriere architettoniche e mentali, ho iniziato a scrivere le mie tragicomiche avventure e a condividerle con gli amici. Da lì al tormentone “Engy devi scrivere un libro” il passo è stato breve… anche se nel mio caso i passi non sembrano mai tanto brevi in effetti.

Ci racconti di che cosa parla?
E’ il mio punto di vista diversamente abile sul mondo. Posso assicurarti che, agli occhi di molti disabili, la maggior parte dei normodotati non appare brillare per acume. Sì insomma, ci trattate come degli angioletti asessuati, di scarsa cultura, grande fede e con un sacco di tempo per annoiarci. Lo stereotipo del disabile sfigato è così diffuso che ho iniziato a prendere in giro i portatori sani di pregiudizi. Che poi la gente non si arrabbia mai con i poveri disabili... tanto vale marciarci.

Il libro è scritto in chiave ironica, alcune scene sono davvero esilaranti. Tuttavia in certi casi c’è poco da ridere. Qual è il target a cui ti rivolgi? Che tipo di lettori ambisci a conquistare e a… sensibilizzare?
Da un lato mi piacerebbe far capire a certi “normodotati” che alcuni atteggiamenti e comportamenti che hanno inconsapevolmente verso i disabili non li fanno apparire di larghe vedute. Presente gli adulti che parlano ai bambini in modo cicciopuccioso, finendo tutte le frasi in “ino”, “ina”, “uccio”? Mi son fatta l’idea che pure i pargoli sotto sotto considerino un po’ tardi gli adulti che si esprimono così, ma sono mediamente più rispettosi di me e non li prendono in giro per questo. Io invece punto a sfatare certi miti. Per esempio, se sei alto, moro e gnocco, se mi prendi la manina, io do per scontato che ci stai provando, non che vuoi fare del volontariato.
Dall’altro lato, è da dire che un bel po’ della fama da sventurato che ammanta la figura del disabile è merito di molti disabili. Avere dei limiti non significa avere solo dei limiti. Non poter camminare non significa non poter muoversi. A volte la vita ti dà una pessima mano di carte, ma magari se giochi lo stesso, se non altro ti diverti è c’è pure il caso che vinci. Eppure molti disabili, complici le famiglie iperprotettive, si fanno mettere in un angolo. Accettano risposte come “Mi spiace, questa scuola non è accessibile”, anziché ricordarsi che studiare, lavorare, spostarsi e vivere sono diritti sanciti dalla nostra legislazione, mica solo per chi cammina. Se tutti i disabili lottassero, ogni disabile dovrebbe lottare molto meno.

A questo punto di solito chiedo agli autori: “Quanto ti ha coinvolto intimamente la stesura di questo romanzo?” Essendo questo un libro autobiografico mi piacerebbe chiederti: cosa ti ha dato scrivere questo libro?
Quando inizio a scrivere, lo faccio perché qualcosa mi ha fatto profondamente imbufalire. Quando finisco di scrivere, mi accorgo che sto ridendo. Perché, diciamocelo, vista da fuori, la mia vita è davvero comica. Credo che scrivere mi doni essenzialmente la sanità mentale.

C’è qualche messaggio particolare che speri di comunicare attraverso questo romanzo, magari agli amici di Trenord!?
Gli amici di Trenord ormai sono davvero “quasi amici”. Dopo anni di esposti, giornali e campagne condotte via mail e social network, i treni su cui viaggio vantano dei primati di accessibilità encomiabili in Italia. Pensa che i disabili devono sempre avvisare giorni prima, per poter prendere un treno. Nel mio caso invece sono loro a chiamarmi ogni settimana per sapere quali treni possono mettermi a disposizione. Poi dicono che lo stalking non paga… Scherzi a parte, ringrazio quotidianamente Trenord per farmi subire ormai sempre e solo gli stessi disagi che fa subire ai normali pendolari bipedi. Se non altro non posso più accusarli di discriminazione.

Il finale è l’apertura a un nuovo possibile inizio… ci sarà un sequel? Qualcosa bolle in pentola?
Bollire bolle, ma l’ho scritto in un periodo particolarmente fumoso della mia vita e devo ancora capire se il normodotato medio è mentalmente pronto a tanta ira funesta. Fino a che non avrò condotto analisi più approfondite su alcune cavie bipedi, temo ci si dovrà accontentare del mio blog “Ironicamente diversi”.




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di Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag
L’occasione di una vita, ebook Lettere Animate
Un errore di gioventù, 0111 Edizioni
Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni.



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1 commenti
  1. Ciao Elena trovo la tua intervista "essenziale" ossia fondamentale, necessaria! Hai dato voce a chi ha tanto da dire ed evidentemente lo ha fatto in modo simpatico e competente ma soprattuto chiaro!! Spiegare a chi non è disabile la disabilità pare cosa ancora diffcile al tempo d'oggi ma le tue domande e le risposte di Angela Gambirasioi sono state dirette ed efficaci! Complimenti

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