Gli scrittori della porta accanto

Caro Babbo Natale, racconto di Stefania Bergo

Caro Babbo Natale, racconto di Stefania Bergo - Racconto, Inedito

Inediti d'autore | Il Natale è una festa per famiglie e chi è solo si sente ancora più triste. Ma poi i miracoli accadono e si può fare pace anche con Babbo Natale.

Caro Babbo Natale,
è da un po’ che non ti scrivo... direi oltre trent'anni!
Per lungo tempo ho creduto che ti fossi dimenticato di me... ma forse, ero io a volermi scordare di te. Volevo saltare a piè pari il Natale, cancellarlo dal calendario, spegnere tutte quelle luci intermittenti, abbattere gli abeti decorati e cancellare da ogni viso quegli stupidi sorrisi (fintamente?) felici. Se non ricordo male, avevo lo stesso senso di nausea del Grinch al solo sentire augurare “buone feste!”. Figuriamoci quando, anche al supermercato, ero costretta ad ascoltare le mille versioni di White Christmas o Jingle Bell, o quando mi imbattevo in file interminabili di consumatori di decorazioni natalizie e regali inutili!
Il mio unico desiderio era di essere lontano da tutto quel luccichio esasperato e riciclato, ogni anno uguale, sempre più spietato con chi è solo. Perchè il Natale è in grado di farti sentire ancora più solo e triste (se è possibile).
E lontano da (quasi) tutto, alla fine, ci sono stata per un po’, sono scappata in Africa, caro Babbo Natale, tentando di colmare un vuoto non ben identificato, la mancanza di un’incognita ragione di vita. Ma forse tu sapevi cosa stessi cercando prima ancora che io riuscissi a capire cosa volessi trovare. E hai deposto là, sotto il tamarindo, un regalo, il primo. La vigilia di Natale del 2004.
Sono serena, appagata di ciò che ho, di ciò che sto vivendo. Questa notte è magica davvero, penso, guardando il cielo acceso di stelle, timide, dietro la luna spavalda. Respiro a occhi chiusi l’aria tiepida e mi trattengo un istante sotto la pergola prima di entrare nella stanza. Mi immagino Babbo Natale, arrivato fin qui, che depone il mio regalo sotto il tamarindo e si allontana strizzandomi l’occhio e ridacchiando, soddisfatto di avermi scovata e raggiunta malgrado io volessi scappare da lui.
da Con la mia valigia gialla
Ho ritrovato quella stessa magia altre due volte, caro Babbo Natale, e malgrado non ci sia la neve o manchino i camini in cui calarti, io lo so che anche tu ti senti molto più a tuo agio nel cielo africano. 
Anche se non deve essere facile guidare la slitta tra tutte quelle infinite stelle, le più belle e luminose che io abbia mai visto. Io lo so che tu ti trattieni molto più volentieri sulla terra rossa, lo so perchè ti ho sentito, ho sentito la tua presenza a lungo, ho sentito il Natale sedimentare per giorni e giorni, senza scadere, come i panettoni, subito dopo la festa.
Avrei voluto scriverti allora, chiederti così tanti regali, soprattutto per chi mi stava intorno, per le persone che incontravo ogni giorno, per i sorrisi e i pianti dei bambini che mi facevano sentire impotente. Ma forse, le mie richieste sarebbero state  al di sopra anche delle tue possibilità e ti saresti sentito impotente pure tu: un allegro pancione con la calzamaglia rossa che può portare la casa a tre piani di Barbie a Carlotta, ma che non può portare da mangiare a Mwithi, o i farmaci a Kamunda, o i libri di scuola a Gituma.

Non ti ho più scritto, eppure tu hai sempre saputo quale fosse il regalo giusto per me, caro Babbo Natale. 

Un regalo che va anche al di là di ogni mia più ambiziosa eventuale richiesta, il regalo, quello che davvero mancava alla mia vita, quello che non potevo acquistare con una semplice strisciata di bancomat. Tu lo sapevi. E sapevi anche il momento giusto per consegnarmelo. Hai aspettato che finissi il mio tortuoso, doloroso, necessario, percorso, per non rischiare di consegnare il regalo alla persona sbagliata. Quella che ero.
Così, eccomi qui, caro Babbo Natale, a scriverti, dopo tutti questi anni. Non per chiedere, ma per ringraziare, perché il mio regalo è ora qui, vicino a me e sta disegnando il mondo che vorrebbe: mamma e papà, un viaggio in aereo e tani fiori. E mi pare che non sia mai esistito nulla al mondo di altrettanto bello. E mi commuovo, ascoltando la mia discreta, semplice, felicità fatta di momenti e di piccoli passi in avanti.
Certo, niente di quello che avevo immaginato per me da bambina (e più in là, da adolescente) si è realizzato, ma alcuni dei miei sogni si sono comunque rocambolescamente avverati, con tempi e modalità del tutto inattesi.
Grazie, caro Babbo Natale, semplicemente grazie.

Con autentico affetto,
Stefania (Mwende).

PS: beh... in realtà ci sarebbe qualcosa che vorrei chiederti: di poter continuare ad essere felice il più a lungo possibile, di veder crescere la mia Emma ed esserle vicino ogni volta che ne avrà bisogno, vorrei che portassi anche a lei tanta felicità e che non conoscesse mai il dolore, vorrei che la sua vita fosse meravigliosa, meravigliosamente semplice ma intensa, vorrei che anche lei, un giorno, non avesse più nulla da chiedere, ma solo da ringraziare per quanto ricevuto, vorrei che portassi da mangiare a Mwithi, i farmaci a Kamunda, i libri di scuola a Gituma, una casa a Marco e una nuova famiglia ad Aisha... ah, per lei, anche una lunga tregua interminabile, almeno smetterà di tremare a ogni boato...
Scusami, caro Babbo Natale, non intendevo farti sentire impotente, ignora il mio post scriptum.


Stefania Bergo
Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro.
Con la mia valigia gialla, 0111Edizioni.


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