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Dalla relatività di Einstein alle onde gravitazionali

Dalla relatività di Einstein alle onde gravitazionali

Scienza Di Stefania Bergo. Le onde gravitazionali, ipotizzate da Albert Einstein nella sua Teoria della relatività oltre un secolo fa, spiegate alla signora Maria.

I ricercatori degli esperimenti LIGO, negli Stati Uniti, e VIRGO, in Europa, hanno annunciato di avere finalmente rilevato e verificato l’esistenza delle onde gravitazionali ipotizzate da Albert Einstein un secolo fa. Per decenni gli scienziati hanno cercato il modo di dimostrarne l’esistenza, ma i loro tentativi hanno sempre avuto esito negativo, per via di interferenze di varia natura e per la mancanza di strumentazione sufficientemente sensibile.
La scoperta delle onde gravitazionale non è solo un’importante conferma delle teorie di Einstein, ma anche un nuovo strumento per studiare l’Universo. Conferma che la fisica di Newton, quella classica che si studia a scuola, per intenderci, è solo un’approssimazione di quella di Einstein, valida solo per corpi che si muovono a bassa velocità e per campi gravitazionali deboli.
Tutto questo, ha messo in subbuglio il mondo scientifico ed è fonte di esaltazione, o addirittura estasi, per i fisici e gli addetti ai lavori. Ma in termini spiccioli, immaginando di spiegarlo a mia figlia di 10 anni o alla signora Maria, di che stanno parlando?

La teoria della relatività di Einstein.

Orbene, facciamo un passo indietro e vediamo che aveva ipotizzato, senza prova oggettiva alcuna se non la sua intuizione, quel gran genio di Albert Einstein.
Nel 1916, Einstein pubblicò la teoria generale della relatività, che riprendeva quanto enunciato nella sua precedente teoria della relatività ristretta (1905), in cui descriveva la struttura quadridimensionale dell’universo: evidenziò la relazione intrinseca del tempo con le variabili lunghezza, larghezza e profondità. Come dire che per identificare un qualsiasi oggetto dello spazio, oltre a dire dove si doveva specificare anche quando. Secondo tale teoria, quindi, un’onda gravitazionale è un'increspatura dello spazio-tempo. 

Non si preoccupi, signora Maria, mi spiego meglio. Lasciamo da parte i paroloni e facciamo qualche esempio pratico.
Pensi per un attimo a un tappeto elastico, uno di quelli sopra cui i bambini adorano saltare. Se non ci sono bambini è liscio liscio, ma basta che qualcuno ci salga e il tappeto sprofonda sotto i suoi piedi. E più un bambino pesa, più il tappeto sprofonda.

Immaginate che lo spazio-tempo sia un grande tappeto elastico. 

Se vi si appoggia un oggetto sopra, questo sprofonda in modo proporzionale al suo peso, deformando, quindi, il tappeto verso il basso: non si ha più una superficie piana ma una specie di cono nel punto in cui c'è l'oggetto. Nell’universo avviene più o meno la stessa cosa, e più un corpo (stella, pianeta o satellite che sia) ha una massa grande, più lo spazio che lo circonda si incurva e si deforma.
In un sistema solare, per esempio, costituito da una stella centrale e più pianeti che le ruotano attorno, la stella è di solito l’oggetto più pesante, che ha cioè una massa maggiore: la stella crea quindi una deformazione dello spazio molto grande e di conseguenza condiziona il movimento dei pianeti che le sono vicini.

Il moto nello spazio.

Torniamo per un momento al nostro tappeto elastico, al cui centro si trova una grossa palla da bowling. Se si lancia una biglia vicino alla palla da bowling, questa non si muove in linea retta, ma percorre una traiettoria circolare, iniziando a girare intorno alla palla da bowling per via della deformazione del tappeto elastico. In questo caso, però, la biglia prima o poi finirà per cadere nel cono e fermarsi attaccata alla palla da bowling, dato che la forza di gravità che su entrambe agisce è quella terrestre ed è decisamente molto più grande delle forze in gioco sul tappeto elastico.
Su una scala planetaria, però, questo non avviene e il pianeta (la nostra biglia) mantiene la sua orbita circolare attorno alla stella (la palla da bowling). Tale orbita, quindi, che abbiamo imparato essere dovuta alla forza di gravità della stella, è dovuta in realtà alla deformazione dello spazio e non ad una forza attrattiva vera e propria.

Increspature nello spazio-tempo: le onde gravitazionali.

Se pensiamo di nuovo alla biglia, questa produce a sua volta, per via del suo peso e del suo movimento, una deformazione del tappeto elastico, cioè quella che i fisici definiscono increspatura. Generalizzando, possiamo dire che tutti i corpi con una massa, per quanto piccola sia, contribuiscono a creare delle increspature nello spazio-tempo. Ma se i corpi sono piccoli (si parla in questo caso di pianeti e non di stelle), queste increspature sono impercettibili.
Solo i corpi celesti molto grandi, o meglio massicci, come i buchi neri (che sono stelle morte collassate su se stesse, talmente concentrate da attirare anche la luce e non farla uscire più), producono increspature apprezzabili, cioè onde gravitazionali tali da potere essere rilevate, sebbene la cosa non sia così banale come sembri.

Come si rilevano le onde gravitazionali?

Se torniamo a pensare al nostro tappeto elastico, la deformazione provocata dalla palla da bowling ha chiaramente tirato la gomma e dilatato, di conseguenza, la superficie del tappeto.
La stessa cosa succede nello spazio: le increspature – le onde gravitazionali – dilatano e accorciano lo spazio. Se però noi ci troviamo in questo spazio, ci muoviamo con esso e non ci accorgiamo della differenza.
Si ricorda l'ultima volta che è andata al centro commerciale signora Maria? Quando sta ferma sui gradini delle scale mobili, anche se non ne ha percezione guardando esclusivamente i suoi piedi, si sta muovendo per salire al piano di sopra. E come se ne accorge? Guardando un punto fermo che la circonda, oltre le scale mobili, ad esempio il negozio di scarpe, quello grande, con la scritta rossa.

Parlando di spazio e di onde gravitazionali, questo qualcosa di fermo, di costante, è la velocità della luce. 

Siccome è sempre la stessa, è costante, possiamo utilizzarla per misurare lo spazio conoscendo il tempo che la luce impiega per percorrerlo.
Mi spiego meglio: supponiamo di muoverci con una velocità costante, percorrendo una strada elastica; se la strada improvvisamente viene tirata da un lembo e noi continuiamo a muoverci alla stessa velocità, senza accelerare né rallentare, impiegheremo più tempo a percorrerla, dato che la strada risulta ovviamente più lunga. La misura dei diversi tempi di percorrenza della strada, purché percorsa a velocità costante, dà la misura della sua lunghezza e ne mette in risalto il fatto che una dilatazione sia accorsa.
LIGO sfrutta questo principio per rilevare le onde gravitazionali.

I due osservatori coinvolti nella scoperta – uno in Louisiana e uno nello stato di Washington – altro non sono che due grandi tunnel vuoti a forma di “L”, lunghi quattro chilometri per lato. 

A ogni estremità ci sono degli specchi sospesi che, tramite la loro deformazione, misurano il tempo che impiega la luce a percorrere il tunnel stesso. VIRGO, l'altro rilevatore che si trova a Cascina (Pisa), ha avuto un ruolo marginale, di rielaborazione dei risultati ottenuti negli Stati Uniti.
Quando il tunnel viene investito dalle onde gravitazionali, in cui tutto l'universo è immerso, a seconda che lo spazio si contragga o dilati conseguentemente alle increspature, verrà rilevato un anticipo o un ritardo delle onde luminose. E se le increspature sono abbastanza importanti, come quelle generate appunto dai due buchi neri che hanno permesso la scoperta, allora la differenza di tempo può essere rilevata.

Un fenomeno difficile da misurare.

Si tratta comunque di fenomeni difficilmente misurabili. La dilatazione rilevata è davvero minima. Se comparata ad un bastone lungo mille miliardi di miliardi di metri, ad esempio, è come rilevare una variazione di lunghezza di appena cinque millimetri. Servono dunque strumenti molto sofisticati e con un'elevata precisione.
Inoltre, i fenomeni gravitazionali nello spazio sono di entità minore rispetto ad altri fenomeni. Si parla quindi di un rumore di fondo che interferisce con la misurazione. È come voler distinguere la canzone bisbigliata da qualcuno dall'altra parte di una stanza molto, molto rumorosa.
Per arrivare ad un fenomeno abbastanza intenso da essere rilevato, infatti, sono serviti non uno, ma addirittura due buchi neri!

I buchi neri in questione, del diametro di 150 chilometri circa e con 29 e 36 volte la massa del Sole, ruotavano l’uno intorno all’altro, in una spirale che li ha portati a fondersi.

Creando un unico buco nero, di massa pari a 62 volte quella del Sole, a 1,3 miliardi di anni luce da noi, che è come dire che la loro collisione sia avvenuta 1,3 miliardi di anni fa ma noi lo abbiamo visto solo ora. La massa mancante, pari a tre volte il Sole – 29 più 36 fa infatti 65 e non 62 – si è trasformata in energia, per la nota legge di conservazione – E=mc2 – ed è diventata, appunto, un'onda gravitazionale. A settembre del 2015, gli osservatori ne hanno rilevato il “rumore”, la traccia, che ai più non dice molto, ma che ai fisici impegnati negli esperimenti ha palesato l'inattesa scoperta.
Mi fermo qui, signora Maria, la lascio alla visione del seguente video che, molto meglio di me, può spiegarle cosa siano le onde gravitazionali e come funziona l'attrazione tra le grandi masse nello spazio. Non è affascinante?
La prossima volta le racconterò di un paradosso molto famoso che spiega la meccanica quantistica con... un gatto!





Credits immagine di copertina: By Nicolas Douillet - Own work, CC BY-SA 4.0

Stefania Bergo


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2 commenti
  1. Le cose sono unite da legami invisibili: non si può cogliere un fiore senza turbare una stella.
    Tutto è determinato… da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Lo è per l’insetto come per le stelle. Esseri umani, vegetali, o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile.

    (A.E.)

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