Gli scrittori della porta accanto

[Libri] "I Caduti di pietra – Campania 1940-1943" di Giuseppe Russo, recensione di Davide Dotto

I Caduti di pietra – Campania 1940-1943, di Giuseppe Russo, Photocty Edizoni, 2015. Un esauriente affresco di quello che significò la seconda guerra mondiale per Napoli e le altre province campane.

Tra le guerre risorgimentali e le mondiali ci sono non poche costanti. In primo luogo la mancanza di un adeguato equipaggiamento che, entro certi limiti, il genio strategico di un generale poteva aggirare. Nelle guerre risorgimentali c’è stato un Garibaldi che ha tamponato come poteva impedimenti e guai che in altri frangenti avrebbero portato al disastro. Si pensi solo alla battaglia di Adua del 1896.
Con le guerre mondiali molto è cambiato. L’uomo scoprì le leggi del volo, iniziarono le prime battaglie aree, nonché i primi bombardamenti intesi a mettere in ginocchio il nemico colpendo infrastrutture, ponti, ma anche monumenti, piazze cittadine, castelli.
Che le guerre man mano che si succedono facciano dimenticare le precedenti per ferocia e impeto può sembrare un’ovvietà. Furono sanguinose le guerre di indipendenza, ma la franco-prussiana del 1870 non fu uno scherzo. Chi la combatté tornò in patria devastato nel corpo e nell’animo; c’è chi dice che l’incontro di Friedrich Nietzsche con l’abisso avvenne allora.
Nessuno poteva tuttavia immaginare i milioni di morti di una guerra mondiale, che negli intenti doveva chiudere i conti con il Risorgimento, essere una quarta guerra di indipendenza e non la prima di un altro tipo.
Se questo è chiaro, possiamo comprendere appieno il prezioso contributo di Giuseppe Rosso, che ne I caduti di pietra – Campania 1940-1943 racconta perfettamente come, a nuove armi dotate di una capacità distruttiva senza pari, aumentassero vertiginosamente le responsabilità di chi conduceva un popolo al conflitto. I problemi che già l’esercito sardo dovette affrontare, nel Novecento diventarono sintomo di un’inadeguatezza che rendeva impensabile sostenere quel tipo di guerra. Si ricordi soltanto la ben nota cronica povertà di materie prime del suolo italiano. Suolo, però, colmo di storia, di opere d’arte, archivi, biblioteche, piazze e monumenti che potevano ben far girare la testa a Stendhal.
Questi elementi (la povertà di materie prime e la ricchezza del patrimonio artistico) potevano e dovevano essere tenuti da conto da chi era al governo. Invece hanno prevalso l’improvvisazione, la deleteria e tragica scommessa che spinse il Duce a coinvolgere l’Italia nella seconda guerra mondiale. E ciò puntando qualche migliaio di morti contro una blitzkrieg che gli avrebbe consentito di sedersi, al momento delle trattative, sul tavolo dei vincitori. E dire che nell’emergenza della guerra, non per merito del Fascismo ma nonostante il Fascismo, si era posto mano a una legislazione matura e ben fatta sulle cose di interesse storico-artistico e le bellezze naturali (la riforma Bottai, con le Leggi n. 1089 e 1497 del 1939).
La propaganda del regime fascista nascose un bluff senza precedenti, impostata su un improponibile anacronismo storico: quello del risveglio della potenza imperiale di Roma antica, volta a riconquistare il mare nostrum. Idea che configgeva apertamente con la natura del Terzo Reich (terzo in ordine di tempo a partire dal Sacro Romano Impero di origine carolingia, quindi barbarica, europea). Due eredi indegnissimi, il fascismo e il nazismo, insomma, di una storia che aveva avuto a suo tempo i suoi perché. (Sul punto non è male richiamare libri quali Lucien Fèvre, L’Europa- storia di una civiltà, o Federico Chabod, Storia dell’idea d’Europa.)
Già l’esistenza di questi regimi dittatoriali metteva a dura prova le nazioni soggiogate, e a repentaglio la loro stessa identità culturale per quegli impropri e improvvidi richiami storici.
Tra improvvisazione, scommesse, giochi a tavolino e propaganda, si diceva, non emersero le reali condizioni in cui versava il sistema Italia, privo di mezzi per sostenere uno sforzo bellico di qualsiasi tipo (battaglie risorgimentali comprese).
I caduti di pietra rappresenta un esauriente affresco di quello che significò la seconda guerra mondiale per una città come Napoli e per le altre province campane (Caserta, Avellino, Benevento, Salerno). Racconta in che modo vennero, esse, deturpate, violate. E come, Napoli, divenne terreno privilegiato di combattenti del cielo che non incontravano nessun avversario, se non dei biplani di valorosi, che ben poco potevano fare.
Il volume tira fa il punto dei risultati di una approfondita ricerca che ha dimostrato ampiamente in che modo e perché il territorio campano rappresentasse un bersaglio privilegiato degli angloamericani. E soprattutto Napoli, trasformata, ricorda l’autore, nell’obiettivo più bombardato d’Italia con oltre 200 attacchi aerei, e quindi nell’area urbana che subì le maggiori deturpazioni al proprio patrimonio culturale.
I danni sofferti dalla comunità partenopea drammaticamente bombardata, comprendevano la demolizione delle radici di cui andava fiera. Poco importa chi fosse il nemico: gli angloamericani che colpivano senza pietà per accelerare il crollo del Fascismo. O i tedeschi che battevano in ritirata dopo l’Armistizio, dando il colpo di grazia a una situazione già compromessa. O gli Alleati che da veri occupanti utilizzarono in modo improprio monumenti e chiese, o sottrassero opere d’arte facendone commercio; salvo poi, a conflitto terminato, rimediare allo scempio finanziando interventi di ripristino e salvaguardia.
Napoli venne tolta ai Napoletani. Ne venne devastato il volto, quello che era offerto al mondo nella sua inestimabile ricchezza. I caduti di pietra descrivono in che modo una popolazione abbia potuto essere sradicata del suo nel corso di una guerra di vasta scala che rendeva impossibile riportare alla luce ciò che andava perduto per sempre. Doloroso il rogo di Villa Montesano vicino a Nola e la perdita dell’Archivio; insanabile l’affronto subito dall’Università di una Napoli sfigurata e offesa dal disumano disprezzo non tanto verso gli italiani, ma della storia come patrimonio eretto a simbolo dei e di tutti i popoli della civiltà umana.
Infine è utile evidenziare che I caduti di pietra fa parte di un progetto editoriale in più volumi, (qui il sito a esso dedicato) dei quali quello esaminato è il primo. Attualmente è in preparazione I caduti di pietra – Attacco all’Italia, che dovrebbe uscire a fine 2016.

I Caduti di pietra – Campania 1940-1943

Il 10 giugno del 1940 l'Italia fascista entrava in guerra, persuasa da un'illusione storica e da calcoli politico-militari totalmente errati.
A Napoli, diventata uno strategico trampolino di lancio verso il Mediterraneo, la guerra portò enormi disastri, inghiottendo non solo più di ventimila civili innocenti, ma danneggiando e devastando per sempre una grande fetta del patrimonio storico, artistico e culturale della città. La stessa sorte, seppur in misura minore rispetto alle tragedie della problematica città partenopea, toccò ad altre zone della regione.
Numerosi centri furono prima bombardati dagli angloamericani, poi colpiti dai nazisti in ritirata, e successivamente usati e violentati dall'occupazione degli Alleati.
Questi ultimi, inizialmente definiti "liberatori", alla fine agirono ugualmente come un esercito d'occupazione feroce e non meno odioso del nemico in ritirata. Gli anni della guerra, in Campania, furono tre volte più devastanti che nel resto d'Italia. Non caddero solo militari e civili. Caddero anche le pietre angolari della nostra cultura.

di Giuseppe Russo | Photocity Edizioni | Saggio storico
ISBN 9788866826767 | cartaceo 11,63   Acquista

di Davide Dotto
Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie.
Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni.


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