Gli scrittori della porta accanto

L'auto delle donne, tra stereotipi e autoironia

L'auto delle donne, tra stereotipi e autoironia

Di Ornella Nalon Nato come sostantivo maschile, è divenuto femminile verso il 1926 grazie a D'Annunzio. Tra stereotipi e autoironia, quanto è davvero femminile il mondo in cui le donne curano e guidano la loro auto?  

A voi capitano mai dei dubbi assurdi sull’articolo da usare per una parola usata migliaia di volte? A me è successo proprio oggi con il termine “auto”. Dovevo abbinargli l’articolo indeterminativo e il mio indice (nonostante, nell’era mesozoica, abbia sostenuto un corso di dattilografia, continuo a usare solo questo dito per battere i tasti) è rimasto sospeso sopra il segno dell’apostrofo in una innaturale rigidità, come colto da una paresi. 
Auto sarà un termine maschile o femminile?, mi sono chiesta mentalmente, mentre cercavo di ricordare tutte le volte che avevo messo il vocabolo nero su bianco. Niente! Vuoto totale.
Fortuna vuole che in questi attacchi precoci di senilità, la tecnologia mi venga in soccorso ed è bastato riabilitare l’uso del summenzionato indice per digitare su Google la domanda “si dice un o un’auto?” (a proposito di Google, vorrei fare una piccola divagazione per ringraziare i suoi fondatori, Page e Brin, per non averlo dotato della facoltà di giudizio sulle domande a lui poste, altrimenti un bell’”idiota” non me l’avrebbe tolto nessuno). 
 Dunque, tornando dove mi ero interrotta, la risposta mi è arrivata subito:
"Automobile" è un sostantivo femminile, così come il suo diminutivo "auto". Quindi scriveremo un'auto, non un auto.
Ovvio, no? Sì, però non proprio del tutto. Poiché, solitamente, tendo a essere dispersiva e mi lascio catturare dal fascino acculturato, anche se un po’ saccente del web, non mi sono limitata ad ottenere la risposta che cercavo, ma ho dato una scorsa ad altri risultati usciti. Sicuramente una bella perdita di tempo, tuttavia, a volte, posso colmare alcuni spazietti dell’immensa voragine della mia ignoranza.
E sapete cosa ho scoperto?

Il sostantivo “automobile” è nato in Francia come genere maschile ed è divenuto femminile solo in seguito a una approfondita valutazione dei linguisti. 

Anzi, per essere precisi, inizialmente era soltanto un aggettivo che fu usato per la prima volta in Francia nel 1875 accompagnando il termine voiture, dunque, “voiture automobile”, ossia “vettura che si muove da sé”. 
Soltanto quindici anni dopo, credo per comodità, ma anche seguendo la legge della naturale evoluzione linguistica, l’aggettivo divenne sostantivo, però mettendo in crisi i glottologi. C’erano i fermi sostenitori del maschile, forse soltanto per il fatto che il nome definiva un oggetto il cui uso era prettamente rivolto a tale pubblico e quelli, probabilmente più logici e puristi, che ritenevano femminile il vocabolo, poiché altro non era che la sostantivazione di un aggettivo femminile, la voiture, per l’appunto. 
Questo successe in Francia, ma in Italia?
Nel nostro bel paese, la storia non è molto diversa. Inizialmente il sostantivo era maschile, anche se abbastanza dibattuto. Nel Dizionario moderno di Alfredo Panzini, edito nel 1905, si può leggere: «Il genere maschile tende a prevalere» e in questo modo era usato anche nella letteratura del tempo. Ad esempio, nel 1911, Guido Gozzano declamava: «s'arresta un automobile fremendo e sobbalzando».

Anche in Italia ci vollero un po’ di anni perché il vocabolo diventasse femminile.

E si può tranquillamente affermare che l’ufficializzazione del cambio di genere fu dato da Gabriele D’Annunzio in una lettera inviata a Giovanni Agnelli, nel 1926.
Mio caro Senatore, in questo momento ritorno dal mio campo di Desenzano, con la Sua macchina che mi sembra risolvere la questione del sesso già dibattuta. L'Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d' una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza...
E se non ci fidiamo di lui che in fatto di donne...
Una volta assodato, con prove inconfutabili e il beneplacito di D'Annunziano che l'auto è femmina, posso tranquillamente continuare ciò che ho lasciato in sospeso, ma non prima di avere fatto un'ulteriore divagazione.

Quanto davvero femminile è l'automobile? Sappiamo benissimo che i maschi e le femmine danno un valore profondamente diverso a questo oggetto.

Per gli uomini, essa rappresenta soprattutto un simbolo: tanto più è grande, costosa e potente, quanto più credono di dimostrare il loro successo e potere. L'auto la amano, la coccolano, la proteggono, la tengono in perfetto ordine. Magari a casa non muovono una paglia, ma ogni fine settimana la pulizia scrupolosa dell'abitacolo è d'obbligo: rimuovono ogni briciola, ogni peluzzo incastrato nel più remoto angolo della tappezzeria con religiosa meticolosità, ne lucidano il cruscotto con un prodotto apposito che ne rispetta la componente e, al contempo, emana un lieve profumo di saldalo e patchouli, lucidano la carrozzeria accarezzandola con mosse morbide e sinuose che non riserverebbero mai nemmeno all'amante. 
E il motore? Se ogni maschio sottoponesse se stesso a tanti check up quanti a quelli che riserva alla sua auto, avremmo il genere maschile più sano e in forma di tutta la storia dei secoli. Magari trascurano la loro tosse che si trascina da intere settimane e diventa sempre più persistente e cavernosa, ma il più minimo rumore sibillino del motore della loro amata fuoriserie riesce a metterli in allarme e a farli sudare freddo. Alzano talmente tante volte il cofano per controllarne i livelli dell'acqua e dell'olio, che l'impronta delle loro dita trasmigra indelebilmente sulla vernice, andando a creare una sorta di sistema che potrebbe essere usato, in caso di furto, come riconoscimento digitale. 

Per le donne, l'auto è soltanto un semplice e comodo mezzo di locomozione.

Per le donne, l'auto è soltanto un semplice e comodo mezzo di locomozione... o quasi. 

Nessuna venerazione, nessun accanimento di cure, anzi, diciamoci la verità, in certi casi parlerei proprio di trascuratezza. Sappiamo che esiste un motore, nascosto da qualche parte, ma ne ignoriamo quasi totalmente il funzionamento, non fosse per il fatto che, dopo essere rimaste a piedi un paio di volte, abbiamo dovuto imparare che abbisogna di un qualche tipo di carburante per il funzionamento. Le spie rosse, che ogni tanto si accendono sul cruscotto, non sono quasi mai degne di attenzione: puntini luminosi che attirano l'attenzione per un solo secondo ma subito accantonati nell'oblio, finché un acre e denso fumo che esce dal motore, il quale, tra l'altro, ci viene segnalato dagli insistenti sfanalamenti degli automobilisti che incrociamo, ci obbliga a prendere coscienza dell'esistenza di un qualche probabile problema.
Le donne, si sa, in genere puliscono la casa in maniera maniacale: tutto in perfetto ordine, spolverato, lavato, lucidato, profumato. Chissà poi, per quale arcano mistero, la loro auto può tranquillamente essere paragonata a un bidone dell'immondizia non differenziata. Bottiglie d'acqua e vasetti di yogurt vuoti che sballonzolano sul pavimento a ogni curva, briciole di merende e biscotti mangiati in tutta fretta tra un viaggio e l'altro, quantità innumerevoli di peli di cane o gatto che rendono indecifrabile il colore originale dei tappetini, il tutto tranquillamente condito da due dita di polvere che potrebbe provocare un subitaneo arresto respiratorio a un allergico agli acari e, guardate bene, per niente infastidite dal netto contrasto tra lo stato deplorevole del loro mezzo e quello a volte magnificente della loro persona: scarpe tacco dodici, unghie rifatte laccate di rosso rubino, messa in piega, ciglia finte, maquillage firmato Diego Della Palma e una lieve spruzzatina di profumo che è costato metà dello stipendio. 
Naturalmente, unica eccezione a tutta questa incuria, è costituita dallo specchietto retrovisore, il quale viene puntualmente e scrupolosamente pulito. Chissà poi quale sarà il motivo per cui è stato chiamato in questo modo! Poiché la sua funzione è quella di controllare se siamo in perfetto ordine, onde poter correggere prontamente l'eventuale sbavatura del rossetto o la posizione del ciuffo di capelli imbizzarrito, non era più preciso denominarlo “specchietto per trucco”?

Vogliamo parlare di quanto l'auto ci faccia sentire libere? Di essere...

Non parlo esclusivamente della sensazione di libertà legata ai viaggi che ci consente di fare, ma anche della sua indiscutibile prerogativa di sopprimere i nostri freni inibitori. In quale altro luogo, se non dentro all'abitacolo, ci sentiamo autorizzate ad accompagnare la melodia trasmessa dalla radio con un tono di voce talmente alto da riuscire a frantumare un bicchiere di cristallo, se solo ce ne fosse uno a portata d'acuto? E ancora, non è forse vero che il nostro consueto aplomb si frantuma come il summenzionato bicchiere appena qualche autista da strapazzo osa commettere una qualsivoglia infrazione che ostacoli la nostra andatura da crociera? Ciò che in quel caso esce dalla nostra bocca è degno del più turpe scaricatore di porto, senza contare gli impulsivi gesti delle dita che rendono più figurato il turpiloquio appena espresso. 
Ancora una volta non si può che dar ragione al Vate quando scrisse:
Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza...



Ornella Nalon
I miei hobby sono: il giardinaggio, la buona cucina, il cinema e, naturalmente, la scrittura, che pratico con frequenza quotidiana. Scrivo con passione e trasporto e riesco a emozionarmi mentre lo faccio. La mia speranza è di trasmettere almeno un po’ di quella emozione a coloro che leggeranno le mie storie.
Quattro sentieri variopinti”, Arduino Sacco Editore
Oltre i Confini del Mondo”, 0111 Edizioni
Ad ali spiegate”, Edizioni Montag
Non tutto è come sembra”, da 0111 Edizioni.


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