Il Salone del libro di Torino: per gli autori indipendenti è un'ottima opportunità far conoscere i propri romanzi al grande pubblico ma soprattutto per incontrare colleghi e lettori.
Mia figlia, sette anni, è molto fiera che la sua mamma scriva libri. Le sembra che la mamma faccia qualcosa di molto importante, qualcosa che non tutti fanno. Spesso mi guarda con occhietto malizioso e mi domanda:
- Ma i tuoi libri ci sono in tutta Italia?
- Sì, sono acquistabili in tutta Italia (poi non è detto che uno li acquisti, o che sappia nemmeno che esistano…)
- Ma allora, - insiste con uno sberluccichio nello sguardo, - allora sei famosa?
- Poco famosa, amore.
- Però sei famosa…
Ed è tutta soddisfatta, mentre io cerco di spiegarle che la fama al mondo non è tutto, che la cosa più importante è fare qualcosa che ci piace e farlo al meglio. Ma questo a lei non interessa.
Per farle toccare con mano il mondo della scrittura me la sono portata al Salone del libro di Torino nel giorno di sabato, quando c’era la bolgia infernale. Io ci ero già stata di giovedì, quando avevo tenuto una presentazione di Gli Angeli del Bar di Fronte per la quale non posso vantare una grande affluenza. Intanto quel giorno i visitatori erano pochi e inoltre, ho poi scoperto, nella sala di fianco alla mia c’era Michela Murgia, e in tutta sincerità sarei andata anche io a sentirla, la Murgia, potendo scegliere… Amen.
Mia figlia dunque mi ha accompagnata nel giorno di maggiore partecipazione e nella mia mente perversa e manipolatrice sognavo di sfruttare il suo faccino ruffiano e il suo lavoro minorile per vendere qualche copia in più. Due dei miei titoli – Gli Angeli del Bar di Fronte e Il tesoro dentro - erano esposti allo stand di SEU (Scrittori Emergenti Uniti) di cui faccio parte. Io mi ero offerta per dei turni.
In realtà la partecipazione di mia figlia si è rivelata assai meno proficua di quanto sperato e lei, intimidita dalla situazione, a stento ha distribuito qualche biglietto da visita dell’associazione ai visitatori che scettici si avvicinavano allo stand. Ma non posso biasimarla, è mia figlia, ha preso da me. Io infatti ho avuto la conferma di essere una pessima venditrice. Non so coinvolgere il cliente. Me ne sto lì fissa, con sorriso ebete e mi limito a rispondere alle domande, ammesso che me ne facciano.
E poi mi arrabbio. Certi clienti mi fanno salire i fumi al cervello. Quella che arriva e dice:
- Avete scrittori stranieri?
- No, siamo tutti italiani.
- Ah, no perché io leggo solo stranieri, gli italiani proprio non mi piacciono. Oh, ma non ce n’è uno che mi piaccia, di italiano, eh! Gli unici che sanno scrivere sono gli stranieri!
L’avrei presa a librate in faccia. Il cliente non ha sempre ragione. Il cliente talvolta è un maleducato cafone. Tranquilli, mi sono trattenuta. Nessun incidente diplomatico. Ho continuato a sorridere ebete, ma solo perché il supplizio sarebbe finito di lì a due ore. Per fortuna nella vita non campo di commercio, altrimenti farei la fame.
Altre autrici, una in particolare, avevano la giusta audacia di avvicinare le persone e costringerle a starle a sentire mentre affermavano:
- Questo è il mio libro, compralo, è bello!
Hanno tutta la mia ammirazione, io non ne sono proprio capace. E peraltro non sono convinta che altri approcci più aggressivi del mio siano davvero efficaci in termini di vendite. Ma appunto, io di commercio capisco poco o nulla.
Al Salone, tre padiglioni al Lingotto Fiere, c’è davvero di tutto, c’è spazio per chiunque e qualunque genere letterario e noi non-famosi, col nostro libricino, siamo solo un puntino.
Siamo uno degli n-mila puntini. Ogni anno vengono pubblicati, credo, sessanta mila nuovi titoli. Noi siamo solo una delle infinite alternative che un lettore può scegliere. Questo volevo fare capire a mia figlia. La concorrenza è illimitata. La mamma non è l’unica che scrive a questo mondo. La mamma fa quello che può, ma ci sono scrittori molto più bravi e famosi di lei, che vendono assai più di lei.
Apro una doverosa parentesi. La sera precedente avevo chattato con mio cognato. Anche lui ha velleità letterarie ed era uscito entusiasta da un corso di scrittura creativa tenuto da un editor di una big. Mi ha persino invitato a leggere un prontuario scritto da costui, che riassume i punti fondamentali del corso.
- È stato bellissimo, illuminante! Ho capito che commettevo degli errori e adesso li correggerò! – mi riportava, carico di positività e di energia. – L’incipit! Il segreto è l’incipit! Un buon incipit è la chiave di tutto! L’editor delle big diceva che loro leggono le prime due pagine di un romanzo e se il testo non acchiappa non vanno avanti. Non ti tengono neanche in considerazione. L’incipit è essenziale!!
Riflettevo sulle sue parole facendomi un esame di coscienza.
Finché girando tra gli altri stand, quelli dei famosi, quelli dei big, quelli dei libri che vendono, mi sono guardata intorno.
C’era un romanzo sulla cui quarta di copertina la parola “davvero” era ripetuta dodici volte. Ohibò. Quindi ho aperto un altro tomo a caso e ho buttato gli occhi sull’incipit. La prima frase era: "Oh, dove sono le mie mutande?". A parlare era una tizia al risveglio dopo una notte di sesso con uno sconosciuto di cui non ricordava forse nemmeno il nome.
Ho immediatamente preso in mano il telefono e scritto a mio cognato:
- Mi rispieghi meglio quella faccenda dell’incipit?
Perché è a quel punto che viene lo scorno. Ma dura un attimo, perché poco più in là c’è Alberto Angela che gentilissimo ed elegante ci concede un selfie. E così spiego a mia figlia:
- Questo è un signore veramente famoso! Scrive libri, va in tv, è un divulgatore noto con una carriera ricca e nutrita. Lui sì. Mica la mamma…
Per ora mia figlia non coglie la differenza. Chissà se riconoscerà il signor Angela in televisione.
Eppure una cosa anche lei l’ha capita. Il mio salone di Torino 2016 non ha contato per la mia fama o per il numero di copie vendute. Il mio salone 2016 è stato pazzesco per le persone incontrate.
Ho conosciuto, tramite SEU ma non solo, autori e autrici molto carini, con cui magari ero in contatto su Facebook da tempo, ma che non avevo mai visto dal vivo. Il Salone è stato un modo per ricongiungere i due mondi, quello reale e quello virtuale, e scoprire chi si presenta com’è realmente e chi si maschera in maniera irriconoscibile. Una chicca: l’aspetto che dal web si coglie meno non è bellezza/bruttezza, non è la stazza, ma è la statura: infatti non ne avrei azzeccata una. Persone piccole che mi sembravano alte, persone che credevo basse e invece erano stangone. In generale ogni incontro si è rivelato una piacevole sorpresa: Francesca Cuzzocrea, Claudio Secci, Laura Santella, Monica Schianchi, Giulia Mastrantoni, Paola Ferrero, Massimo Procopio, Alessandro Del Gaudio, Tina Caramanico, Piera Rossotti, Andrea Leonelli, Irma Panova Maino, Clara Cerri, Daniela Ruggero, Eleonora Epis, Argeta Brozi, Emma Fenu, Francesca Bleu, Simona Busto, Francesca Prandina, Franca Turco, Barbara Barducco, Giuseppe Cuminatto, Pino Olivieri.
Grazie a loro mi sono sentita meno persa nel viavai continuo di gente.
Però l’emozione più forte, quella da farmi venire le extrasistole, me l’hanno data Ornella Nalon e Stefania Bergo, con le quali porto avanti questo blog da più di un anno senza averle mai incontrate dal vivo. Mi si sono parate davanti allo stand senza preavviso, con lo scopo di farmi una sorpresa e… ci sono riuscite!! Quando ho visto Stefania mi sono detta: no, non può essere lei, mica veniva!! Ed ero come pietrificata, non osavo parlare, perché so di essere ben poco fisionomista e temevo una figuraccia cosmica. Eppure lei mi fissava convinta, con il sorriso malizioso di chi sa di averla combinata e allora ho capito…
Ho trascorso con loro la restante parte della giornata, con la gradevole sensazione di essere tra amiche reali e niente affatto virtuali. Anche se non ci eravamo mai strette la mano o baciate prima di allora, internet ci ha consentito di coltivare un rapporto sincero e concreto: posso testimoniarlo. Mi sembrava di conoscerle da sempre e questa è stata una bella scoperta. Lasciarle andare al treno è stato difficile, non mi sarei staccata dal loro abbraccio, con loro mi sentivo a mio agio, come a casa mia.
Tornando alla macchina, esausta, stanca, sfatta, ho cercato di spiegare alla mia bimba, che tenevo per mano:
- Hai visto? La mamma non è molto famosa. La mamma è poco famosa. Però la mamma è amata.
Elena Genero Santoro Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni. Perché ne sono innamorata, Montag L’occasione di una vita, ebook Lettere Animate Un errore di gioventù, 0111 Edizioni Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni. Il tesoro dentro, 0111 Edizioni. |
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Grazie per avermi citata tra le persone che è stata felice di incontrare. Avrei voluto avere un po' più di tempo per chiacchierare con lei e con tante altre persone che conosco soltanto di nome. Vorrei anche dirle che sono un editore che, orgogliosamente, pubblica soltanto autori italiani, non famosi, ma amati (prima di tutto da me!). Rispetto le scelte di lettura di tutti, è giusto che ognuno legga quello che più lo attira, ma anch'io sono stata molto infastidita da una direttrice di biblioteca (non le dico altro, ma è della nostra zona), che asseriva di leggere soltanto autori stranieri. Ricordo di averle risposto di essere sinceramente dispiaciuta per lei...
RispondiEliminacome sempre, la Piera (!) sa quello che dice.
RispondiEliminaOrgogliosa e commossa! <3
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