"Con la mia valigia gialla" di Stefania Bergo, Zerounoundici Edizioni, 2013.
Scrivere un romanzo autobiografico non è affatto semplice. È vero, i «fatti» sono tutti lì, in attesa di essere messi nero su bianco, ma come si può fare in modo che la vita vera, con tutti i suoi intervalli di noia, i periodi negativi, l’alternanza di giorni felici e di ore meno allegre possa tenere un lettore incollato alla pagina? Ecco, è questa la grande sfida dell’autobiografia. Rendere la vita vera un romanzo. Farla apparire come una storia di senso compiuto che ci insegna qualcosa, che marca una crescita personale. Avere i «fatti» a disposizione è una parte minima, se non nulla, del lavoro.
Si deve essere fedeli alla realtà, per natura stessa del genere letterario, ma si deve anche romanzare l’accaduto in modo da renderlo una serie logica, consequenziale e a tensione crescente di avvenimenti. Non è facile. Non è facile anche e, forse, soprattutto, perché entra in gioco la componente emotiva. «Questo lo scrivo? Ma, se lo scrivo, cosa penseranno tutti di me? Ma questo posso scriverlo? Ma questa parte è noiosa! Ma questo non posso tagliarlo? No, dai, ‘sta pagina è illeggibile». Sono domande, dubbi e perplessità che ci assalgono inevitabilmente. L’elemento psicologico deve essere necessariamente forte, in un romanzo autobiografico. Ci deve essere coinvolgimento da parte di chi scrive e, in più, la storia deve, quanto meno, avere un impatto emotivo notevole sul lettore.
È per questo che credo poco nei romanzi autobiografici. Si rischia di farli diventare autocelebrativi, didascalici, ripetitivi, ridonanti, noiosi o scontati. Bilanciare tutti gli elementi di cui vi parlavo è complicato e, per chi scrive, doloroso. Però, mio malgrado, sono attratta verso le autobiografie, purché non siano di calciatori, politici, veline et similia. Compro tante autobiografie di emergenti e, di solito, mi piacciono.
Il libro di Stefania Bergo l’ho scoperto perché ho avuto la fortuna di scoprire lei e il suo bel blog, Gli scrittori della porta accanto. È un progetto letterario degno di lode: dà spazio a tutti, vuole trasmettere un messaggio positivo e costruttivo, è gestito con serenità e professionalità. Per me, questa redazione è una famiglia. Ho letto i romanzi di Elena Genero Santoro, di Silvia Pattarini, di Ornella Nalon, di Gianna Gambini, di Tamara Marcelli, di Emma Fenu, di Valentina e Claudia Gerini. Ognuno di essi mi ha dato qualcosa. Quello di Stefania mi ha trasmesso un’infinita voglia di fare qualcosa di simile a quello che ha fatto lei.
Stefania è partita per l’Africa alla ricerca di un modo per aiutare gli altri. Aiutando gli altri, infatti, diventiamo persone migliori, capiamo cosa vogliamo fare della nostra vita e ci sentiamo un po’ più in pace con noi stessi; erano questi gli obiettivi. E ha ritrovato un po’ di se stessa, oltre a un amore che non sperava. Si è innamorata di tutti coloro che ha conosciuto e i suoi sentimenti sono stati ricambiati, tanto che il soprannome di Stefania è Mwende, «amata».
La storia è quella che ci accomuna un po’ tutti: perdersi per ritrovarsi. Si è persa in Occidente, nel nostro mondo tecnologico, basato sull’efficienza e sugli affari. E si è ritrovata in Africa, in un luogo privo di tutto, ma non di sentimenti. Ha ritrovato l’umanità che cercava, la gioia basata sulle cose semplici.
Ma come raccontare una storia simile? Una storia composta da episodi e pensieri, sensazioni indicibili e emozioni incredibilmente intense. Come trasmettere tutto questo a lettori che, come me, non hanno idea di quale odore si respiri in Africa, di come sia il caldo, di come sia possibile nutrirsi senza centrifughe di frutta e verdura? Stefania ci ha provato, facendo del suo meglio. E ci è riuscita. E mi ha trasmesso moltissimo. Sensazioni e pensieri che non posso e non voglio sintetizzare in poche righe di recensione. Stefania ha preso una sfida e l’ha fatta diventare la sua nuova vita. In Con la mia valigia gialla ci racconta com’è stato.
Ammiro il coraggio di Stefania, ammiro il suo libro e spero, un giorno, di fare qualcosa di simile. Perché so che la persona meravigliosa che è oggi si porta dentro tutto quello che ha imparato in Africa. E anch’io ho voglia di diventare una donna migliore. Proprio come lei.
È un diario di viaggio autobiografico.
Stanca della superficialità di una vita nemmeno troppo tranquilla, Stefania decide di partire. Da sola. Casualmente, trova in internet i contatti di un'associazione che gestisce il St. Orsola, un ospedale in un'area rurale del Kenya, Matiri. E parte con una valigia gialla, poche aspettative, tanta curiosità e voglia di cambiare, non certo il mondo, ma almeno la sua piccola insignificante esistenza.
"Con la mia valigia gialla" è il racconto dei piccoli eventi quotidiani (solo apparentemente banali) accaduti in quelle tre settimane, conditi con una manciata di riflessioni dell'autrice sulle diverse abitudini e sulla cultura locali.
Contrariamente a quanto si pensi, però, non è un libro sul volontariato. Il volontariato è solo un dettaglio. L'intenzione dell'autore era di raccontare il viaggio, una piccolissima parte d'Africa, quella che lei ha conosciuto, diversa dalla miriade di altre facce di una terra magica, unica. Ne racconta le usanze locali, i profumi, i colori, i suoni, il quotidiano. Le emozioni. E ne ha dato una sua personale chiave di lettura, intervallando ai dipinti della natura le sensazioni restituite, i pensieri suggeriti, le domande che si è posta e che pone a chi vorrà leggere le pagine del suo libro e soffermarsi, come lei, a cercare una risposta.
Anche se spesso risposte non ce ne sono. E allora, più che di risposte si tratta di opinioni. Ecco perché questo libro non vuole insegnare nulla. E' un semplice mezzo messo a disposizione dall'autrice per far compiere al lettore lo stesso viaggio (anche se non sarà mai lo stesso) senza prendere un aereo, semplicemente con l'immedesimazione.
di Stefania Bergo | Zerounoundici Edizioni | Mainstream Diario diviaggio
Giulia Mastrantoni Da quattro anni collaboro all’inserto Scuola del Messaggero Veneto, scrivo per il mash up online SugarPulp e per la rivista dell’Università di Trieste Sconfinare. Dopo aver trascorso un periodo in Inghilterra, ho iniziato un periodo di studi in Canada, ma, dovunque sia, scrivo. Misteri di una notte d’estate, ed. Montag. One Little Girl – From Italy to Canada, eBook selfpublished. Veronica è mia, Pensi Edizioni. |
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