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[Libri] "La democrazia - storia di un'ideologia" di Luciano Canfora, recensione di Davide Dotto

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La democrazia - storia di un'ideologia di Luciano Canfora, Laterza, 2008. Il rapporto tra democrazia e libertà, «inquietante» e «terribile», una tesi radicale che reinterpreta la storia d’Europa e demolisce un preconcetto della nostra cultura politica.

Le riforme in atto – costituzionali e no – esigono un continuo confronto con un dibattito sempre più rumoroso che pone in ombra aspetti che non sono certo secondari. Il volume di Luciano Canfora dedicato alla democrazia mette da parte toni più o meno accesi, tripudianti o disfattisti, che più che a chiarire, puntano ad acquisire consenso.
Non si tratta di una lettura semplice, perché l’autore raccoglie le fila esaminando un’infinità di citazioni, testi, a seguito dei quali ha potuto (e grazie a lui possiamo noi) chiarire le dinamiche e i processi storici che si legano a certi temi: cosa c’è dietro il principio di maggioranza; cosa racchiude l’idea del suffragio universale; quali sono le implicazioni del motto Liberté, Égalité, Fraternité e perché è difficile (anzi, impossibile) concretizzarne lo spirito; quali sono le motivazioni che spingono a scegliere un sistema elettorale piuttosto che un altro? In che senso la Grecia antica è la patria dei nostri ordinamenti?
Tra le pagine di Luciano Canfora si scopre che la democrazia ha in sé le ideologie che hanno tenuto sotto scacco la storia d’Europa per metà del secolo scorso. È utile, a riguardo, raccogliere qualche spunto.

Il principio di maggioranza.

Antigone-Frederic-Leighton
Vi è un elemento che caratterizza un ordinamento democratico: il principio di maggioranza nel prendere le decisioni.
Esso presuppone un organo collegiale che metta ai voti le proprie deliberazioni in cui si fronteggiano una maggioranza che vince e un'eventuale minoranza che soccombe a quanto statuito.
Se è la maggioranza a stabilire che le armi di Achille spettino a Odisseo e non ad Aiace, quest’ultimo non ha voce in capitolo. Passa in secondo piano il fatto che Aiace sia il più simile, in valore e in figura, all’eroe morto. Il fatto che egli abbia dalla sua tutte le ragioni del mondo, non gli consente di ribellarsi al verdetto senza attirarsi l’ira di Atena. La conclusione alla quale permette di giungere la tragedia di Sofocle (Aiace) è che non sempre ciò che è stabilito dalla maggioranza è giusto.
Non è molto diversa la vicenda di Antigone, altra tragedia di Sofocle, nel dar sepoltura al fratello Polinice contravvenendo al decreto, ingiusto quanto si vuole ma valido ed efficace, del re di Tebe.

La dittatura della maggioranza o della minoranza.

Affinché un ordinamento possa dirsi democratico, il principio di maggioranza non basta. Vi sono anche altri elementi da considerare, non ultimo il contesto – anche storico. Si ricorda spesso che la democrazia è nata in Grecia. Tuttavia non sono poche le precisazioni da dare. Nella democrazia ateniese per esempio, seguendo Aristotele, la questione del numero doveva intendersi un elemento puramente accidentale. A seconda di chi avesse titolo a governare e a reggere la cosa pubblica ci saremmo trovati davanti a una dittatura: quella dei poveri (non possidenti) o quella dei ricchi (possidenti) ovvero alla dittatura della maggioranza o della minoranza.


Suffragio universale e suffragio ristretto.

Donne-voto-1946
È qui che entra in gioco una questione non di poco conto, quella del suffragio e della sua estensione: universale o ristretto a seconda che si coinvolga o meno la totalità dei cittadini. A dire il vero il termine stesso di cittadino (molto in voga durante la Rivoluzione Francese) andrebbe specificato. Nell’antichità rientravano nel numero dei cittadini solo i possidenti, gli unici che avessero i mezzi per servire in armi la madrepatria. Il fatto di estendere il diritto di voto anche ai meno abbienti poteva essere dovuto a esigenze contingenti, per esempio ampliare (e non di poco) l'esercito sui campi di battaglia contro un nemico pericoloso.
Suffragio universale non implica il governo diretto della cosa pubblica da parte del demo (del popolo). Esso comporta, da parte di chi governa o vuole governare, il ricorso a strategie opportune per convincere le masse, veicolandone il consenso e il voto.
Tra queste strategie, campagne elettorali e propaganda al seguito, rientrano accorgimenti e tecniche di vario genere in grado di modulare e regolare il funzionamento delle istituzioni stesse.
Nel corso dei decenni c'è stato un gran parlare di sistemi elettorali, cioè delle regole che stabiliscono il funzionamento della democrazia rappresentativa attraverso il voto.
Un sistema elettorale squisitamente proporzionale, senza sbarramenti, dà voce a tutti, senza escludere alcuno. Ciò tuttavia può porre una seria ipoteca sulla governabilità, cui si tenta di ovviare con un sistema elettorale maggioritario che spinga l’elettorato a scegliere tra una rosa ristretta di possibilità. Si tratta di un sistema che invita a esprimere un voto utile, a non disperderlo attribuendolo a una lista o a un partito che non avrà i numeri per conquistare un seggio. Altrimenti detto, con tutto quello che ne consegue, in un collegio uninominale andrà in parlamento uno e un solo candidato.

Marchese-Condorcet

Il paradosso di Condorcet.


Il paradosso di Condorcet è utile a dare l'idea di come, tra collegi uninominali, doppi turni e ballottaggi, la cosa si faccia ingarbugliata.
Dati tre elettori con le seguenti preferenze di voto:

  x: ABC
  y: BCA
  z: CAB

A vince su B; B vince su C. Però C vince su A. Anzi: C rispetto ad A ha avuto due preferenze (vedi y e z), mentre A rispetto a C una sola (in x).
Insomma, la differenza non la farebbe il numero dei voti ma l'ordine in cui le preferenze sono espresse.


La democraza: la miglior forma di governo.

Non sono bastati i millenni per capire quale sia, tra quelle possibili, la miglior forma di governo. A parole è quella che mette la legge al di sopra degli uomini, salvo poi stabilire il contenuto di essa e quali siano gli uomini che debbano sottostarle.
Ci si deve intendere anche sulle definizioni perché, come chiarisce Luciano Canfora, la democrazia al pari delle altre forme di governo è un ordinamento violento, come dimostra la vicenda di Ipparco.
Il dilemma vero è trovare uno stratagemma che consenta di intervenire laddove la situazione degeneri: nel caso di un monarca che si faccia tiranno; di un'élite aristocratica che divenga un'oligarchia, di una democrazia che si corrompa in demagogia.
La cosa si fa interessante se si considera la circolarità di comportamenti estremi che interessano sia i pochi che i molti, i padroni e i servi, i possidenti e i non possidenti. Talvolta non è nemmeno questione di ideologie se mettiamo sul piatto il nazifascismo da una parte, lo stalinismo dall’altra.
Tutto sta nel cercare quei meccanismi – di carattere tecnico – che blindino l’ordinamento in modo da arginare simili pericoli. L’impeachment è uno di questi, che a sua volta può degenerare (in caso di abuso) in colpo di stato.
Paradossalmente, nella storia antica, vi erano magistrature straordinarie nate proprio per sopperire a emergenze di vario tipo. Una di queste era il dictator, figura prevista nella Repubblica romana. Non deve quindi sorprendere più di tanto che il termine Tiranno all’inizio non assumesse il significato di oppressore, ma rappresentasse nei fatti un mediatore.
Come avviene un po’ in tutte le cose, tutto dipende dall’uso (o abuso) che se ne fa.
L'autore a più riprese accenna al fatto che la parola kratos, di fianco a demo, esprima l’idea di violenza. Essa poteva scatenarsi anche per tramite del tiranno stesso (oggi lo chiameremmo capopopolo) che, forte del consenso popolare, poteva essere acclamato per opporsi (certo non con i guanti) contro un governo oligarchico.
In qualunque modo la si metta, il demo più che governare, ha la necessità di essere governato e di scegliere non bene, ma benissimo, i propri rappresentanti, Il problema della democrazia è qui.
La difficoltà del demo, a prescindere dalla forma di governo (monarchia, aristocrazia o democrazia) sta nel capire se chi tiene le fila della cosa pubblica ottemperi al proprio ruolo subordinandosi alla legge.
Per giudicare l’operato di chi sta al potere, il demo dovrebbe saper riconoscere il tiranno, gli oligarchi e soprattutto il demagogo. Se un’élite di governo non è all’altezza, il demo per risolvere l’impasse (per esempio la cronica ingovernabilità) dovrebbe porsi l’ingrato compito di reclutarne un’altra, dubitando di chi vorrebbe risolvere ogni cosa approntando l’ennesima riforma (costituzionale o no) o promulgando leggi nuove.

Libertà contro uguaglianza.

Eugene-Delecroix-Liberté-Égalité-Fraternité
Per concludere è bene accennare al binomio libertà e uguaglianza, parole che faticano a stare insieme avendo alimentato ideologie diametralmente opposte. Come ben spiega Luciano Canfora – stavolta ne Il presente come storia - si tratta di un’antitesi che ha dato da pensare a Tocqueville, e che si è espressa nel corso della Rivoluzione Francese, tra il 1789 (regno della libertà) e il 1793 (il tragico affermarsi dell’uguaglianza).
Se la libertà si manifesta spesso a scapito di qualcun altro, l’uguaglianza si compie sempre a danno della libertà di chi uguale non è. In sostanza si propone, oggi come allora, il dilemma della democrazia ateniese che attribuiva la cittadinanza ai possidenti ma non ai meno abbienti, costruendo una democrazia di uomini liberi ma non di uomini uguali.
Non per niente Aristotele citava Fàlea di Calcedone il quale, per assicurare la pace sociale, riteneva giusto e opportuno riconoscere a tutti la stessa educazione e la medesima ricchezza.
Storicamente si è rivelato problematico forzare un’élite a rinunciare a un consolidato modus vivendi a favore dell’uguaglianza. Si preferisce invero aggrapparsi all’idea di libertà che pare salvare capra e cavoli. Perché se non si è uguali, a nessuno viene impedito di guadagnare (o perdere) la propria libertà avendone i mezzi e le opportunità. Mezzi e opportunità che non avrebbero valore in una società di uguali dove tutto è regolamentato o pianificato. Libertà significa meno regole (deregulation), meno diritto e meno controlli.
Da un punto di vista mediatico non si può nascondere che questa parola abbia un che di magico, destinata da sempre a far presa essendo più semplice, appassionata e meno sospetta dell’altra.

La-democrazia-storia-di-un-ideologia-Luciano-Canfora

La democrazia - storia di un'ideologia

Luciano Canfora riapre la fondamentale questione del rapporto tra libertà e democrazia. Questo libro coglie il carattere «inquietante» e «terribile» della libertà. Giulio Giorello, Corriere della Sera Magazine Pochi studiosi hanno, in Italia, la fortuna di unire in sé l'erudizione e la verve: Luciano Canfora è uno di essi, con in più una vena di polemica che rende la sua scrittura sempre sapida e stimolante. Con La democrazia non resteremo delusi: l'autore dà il meglio di sé. Angelo d'Orsi, Tuttolibri «Nel mondo ricco ha vinto la libertà. Con le immani conseguenze che questo comporta. La democrazia è rinviata ad altre epoche.» La tesi radicale di Canfora reinterpreta la storia d'Europa e demolisce un preconcetto della nostra cultura politica.

di Luciano Canfora| Laterza | Saggio
ISBN 978-8842086352 | cartaceo €11,05  Acquista | ebook €8,49


Davide-Dotto
Davide Dotto
Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie.
Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni.



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