OCEANIA
Ron Clements, John Musker REGISTA
Walt Disney Pictures, Walt Disney Animation Studios PRODUTTORE
Ron Clements, John Musker, Aaron Kendell, Jordan Kendell, Pamela Ribon SOGGETTO
Mark Mancina, Lin-Manuel Miranda, Opetaia Foa'i MUSICHE
2016 ANNO
DOPPIATORI ITALIANI
Walt Disney Pictures, Walt Disney Animation Studios PRODUTTORE
Ron Clements, John Musker, Aaron Kendell, Jordan Kendell, Pamela Ribon SOGGETTO
Mark Mancina, Lin-Manuel Miranda, Opetaia Foa'i MUSICHE
2016 ANNO
DOPPIATORI ITALIANI
Emanuela Ionica, Chiara Grispo, Sophie Giuliani, Fabrizio Vidale, Roberto Pedicini, Micaela Incitti, Angela Finocchiaro, Raphael Gualazzi
Vaiana, la nuova eroina della Disney, che rifiuta l'etichetta di principessa e impara a veleggiare sull'oceano seguendo la propria natura, tra musiche polinesiane e computer grafica d'eccellenza.
Tremila anni fa, i più grandi navigatori del mondo sfidavano il Pacifico alla scoperta dell'Oceania. Poi, per un millennio, più nulla e nessuno sa perché.È dunque questo da cui parte il nuovo film della Disney, 56° capolavoro d'animazione, diretto da Ron Clements e John Musker, già creatori di La sirenetta e Aladdin, che fino alla Principessa e il ranocchio hanno cercato di salvare l'animazione a mano libera, svoltando ora verso la computer grafica. In Italia è uscito col titolo Oceania e la protagonista è stata ribattezzata Vaiana, mentre nella versione originale il titolo coincide con il nome della nuova principessa Moana. Per ovvi motivi: quel nome è ormai strettamente legato al personaggio di Moana Pozzi e l'associazione di idee non sarebbe risultata vincente, trattandosi di un film per bambini (pensate a piccoli adolescenti che cercano foto e canzoni sul loro tablet, digitando, sui motori di ricerca italiani, Moana...).
La trama è semplice e lineare, quasi prevedibile, ma non è certo su questo che la celeberrima casa di produzione ha puntato.
Vaiana è la figlia del capo della comunità, Tui, di una rigogliosa isola dell'Oceania di 2000 anni fa. Il lungometraggio presenta la sua carta vincente, una grafica straordinaria, fin da subito: la natura è magnifica! I colori dei fiori, il verde intenso dell'erba e delle fronde, la trasparenza dell'acqua, la sabbia chiara e splendente, rendono le scene spettacolari e realistiche, al punto da desiderare di fare un tuffo nell'oceano, avvertendone il profumo portato dal vento caldo. Lo stesso Tui la definisce "un paradiso", cercando di convincere la figlia a non desiderare altro, perché tutto quello di cui ha bisogno la vita è lì.
Ma Vaiana, fin da piccola, ancora incerta sulle sue gambette paffute, avverte il richiamo fortissimo dell'oceano.
Che con lei gioca e cui fa il dono del cuore della dea Natura, Te Fiti, sottratto anni addietro dal semidio Maui, e da allora scomparso tra i flutti. Anche la grafica dei personaggi è incredibile, una caratterizzazione perfetta dei tratti somatici polinesiani che, come sempre, lascia però anche trasparire le diverse personalità.Vaiana sa che diventerà la futura guida del suo popolo, anche se in cuor suo continua a sentire il richiamo dell'oceano, apparentemente in contrasto col suo destino segnato. E quando diventa adolescente, questo richiamo, più forte che mai, le indica la strada per contrastare un oscuro male che ha contaminato tutte le attività di sussistenza della sua isola.
E forse è proprio questo il senso, il significato profondo del lungometraggio Disney che, come sempre, ha una narrazione su due piani interpretativi, uno per gli adulti e uno per i bambini, che però, proprio grazie alla semplicità della storia, forse in questo film più che in altri si fondono. Non è difficile che anche i più piccoli colgano il fatto che, spesso, quello che si agita nel petto non è solo un tentativo di ribellione agli insegnamenti degli adulti, ma l'istinto primordiale di seguire la propria natura.
L’acqua sembra chiamarmi a sé per nomeE forse i bambini e i pazzi, come la nonna Tala, la "pazza del villaggio", sono i più bravi a cogliere i suggerimenti del cuore, senza zittirli con una coperta di regole e comportamenti ragionevoli, quelli imposti dalla società o dalle paure.
Ed io non so dov’è che andrò
Anche il vento mi sfiora e continua ad attrarmi
lo seguirò
[...] Mi saprò adattare se m’impegnerò
Ma la voce dentro che grida “no!”
Cresce forte in me
Credo che quella luce potrà guidarmi
Stavolta no non mi opporrò
("How Far I'll Go"... solo io riconosco nel ritornello la somiglianza con quello di "Vivere il mio tempo" dei Litfiba?)
Incoraggiata proprio dalla nonna, Vaiana scopre la vera natura del suo popolo che, un millennio prima, ha solcato le acque alla ricerca di nuove terre da abitare.
Un popolo di navigatori, quindi, di esploratori, di viaggiatori!
E apprende da un'antica leggenda tramandata da Tala (il sapere millenario degli anziani, che perpetuano la conoscenza del mondo...), che il male oscuro, che si dipana a macchia d'olio (o di petrolio), può essere fermato solo riportando il cuore a Te Fiti, ricongiungendo, cioè, Madre Natura con il suo splendore originario. Un chiaro messaggio ecologico: la Natura va trattata con rispetto; a volte si ribella e accanisce contro l'uomo, ma non per crudeltà innata, e può tornare a essere quella di un tempo, fonte di vita, restituendole ciò che le è stato rubato.
Vaiana parte alla ricerca di Maui, semidio caduto in disgrazia, investito dai dardi infuocati della malvagia Strega di lava e rabbia (come Vesuvia di Totò Sapore), che solo alla fine rivelerà la sua identità inaspettata. Lui, infatti, artefice dello scempio, avrà il compito di restituire il cuore alla sua legittima proprietaria e rimettere le cose a posto. Prima che sia troppo tardi. Vaiana dovrà solo mostrargli la via...
Musiche e animazione digitale da togliere il fiato.
L'animazione digitale toglie il fiato, con una definizione quasi maniacale cui già la Disney-Pixar ci ha abituato, animando uno per uno i dettagli della scena (ogni capello, ogni foglia, ogni battito di ciglia...). Ma la sontuosità della natura valorizza l'egregio lavoro della computer grafica: indimenticabili la traversata dell'oceano di notte, sotto un cielo stellato che mi ha ricordato quello Africano, incontaminato, e forse anche per questo mi ha commosso; o la vita che brulica nell'oceano, visibile quando le masse d'acqua si spostano per lasciare spazio all'incedere di Vaiana bambina.
Molti i tratti in comune con altri capolavori del passato: dai tatuaggi animati in 2D sul petto di Maui che ricordano quelli sui vasi di Hercules, all'ironia del semidio che, soprattutto all'inizio, ricorda il genio di Aladdin; dalla nonna che tutto sa e tutto capisce, come Nonna Salice di Pocahontas o Nonna Fa di Mulan, ai due animaletti buffi comprimari.
Le musiche, firmate da Mark Mancina, Opetaia Foa'i e Lin-Manuel Miranda, sono anch'esse grandiose, con una colonna sonora caratterizzata da ritmi polinesiani e canti propiziatori Maori e canzoni che sottolineano i tempi della narrazione nella migliore tradizione del musical disneyano.
A mio avviso, questa non lo si può definire una défaillance, anche perché non sempre la maturazione avviene sperimentando il dolore. A volte è merito dell'empatia, basta il confronto con altre persone che indicano la strada, per acquisire la consapevolezza sufficiente a cambiare il corso della propria esistenza. (E comunque, una componente dolorosa è presente ed è alla base dei comportamenti di alcuni dei personaggi, ma non voglio fare spoiler!).
Detto questo, molti sono gli elementi che richiamano i cliché, sovvertiti o seguiti, del nostro tempo e lanciano messaggi, nemmeno troppo velati, che i grandi colgono al volo ma che, ci scommetto, possono essere recepiti anche dai piccoli... almeno alcuni.
Vaiana puntualizza con orgoglio di non essere una principessa, solo la "figlia del capo", malgrado "indossi un abito e abbia con sé un animale", come Maui le rinfaccia (forse perché è quello che, da uomo, si aspetta da una donna?). Lui, semidio senza più vigore, Prometeo spaccone che ha rubato la scintilla agli dei ma che in realtà incarna la crisi esistenziale contemporanea della virilità. Mentre lei, col suo incedere determinato, naviga a vista affrontando la vastità dell'oceano da sola, senza un amore da rimpiangere o inseguire, imparando a seguire le stelle e il suo cuore, anche grazie alla convivenza, sulla stessa zattera alla deriva (la società?), proprio con quel semidio svigorito. Ognuno acquista nuova linfa dal contatto con l'altro, grazie a un'empatia che scaccia la diffidenza, i pregiudizi e le intenzioni iniziali.
Si tratta solo di imparare a veleggiare da soli, andando oltre il reef (barriera psicologica apparentemente invalicabile... per paura? Per tradizione?), seguendo la via indicata da alcuni punti fermi, come le stelle o il mare, ma senza seguire le orme di altri, trovando la propria strada, che spesso è legata alla natura più intima della nostra essenza. Che, inevitabilmente, se ci si mette in ascolto e si asseconda il richiamo, ci conduce con naturalezza al nostro destino. E magari non è molto lontano da quello che gli altri si aspettano da noi, ma può essere vissuto comunque a modo nostro. Ad esempio, posando una conchiglia madreperlacea dai mille colori, invece di una grigia, monolitica, pietra granitica, sulla pila dei nostri predecessori, come identificativo del nostro passaggio nella storia. Non uno dei tanti, ma il nostro. Unico. Come lo è la nostra natura.
Le musiche, firmate da Mark Mancina, Opetaia Foa'i e Lin-Manuel Miranda, sono anch'esse grandiose, con una colonna sonora caratterizzata da ritmi polinesiani e canti propiziatori Maori e canzoni che sottolineano i tempi della narrazione nella migliore tradizione del musical disneyano.
La mancanza del dolore e della storia d'amore, i cliché e il messaggio esistenziale.
In un suo articolo, Wired ha criticato la Disney, colpevole di non aver inserito l'elemento dolore nel lungometraggio, a suo dire necessario per la crescita e la trasformazione dei personaggi.A mio avviso, questa non lo si può definire una défaillance, anche perché non sempre la maturazione avviene sperimentando il dolore. A volte è merito dell'empatia, basta il confronto con altre persone che indicano la strada, per acquisire la consapevolezza sufficiente a cambiare il corso della propria esistenza. (E comunque, una componente dolorosa è presente ed è alla base dei comportamenti di alcuni dei personaggi, ma non voglio fare spoiler!).
Detto questo, molti sono gli elementi che richiamano i cliché, sovvertiti o seguiti, del nostro tempo e lanciano messaggi, nemmeno troppo velati, che i grandi colgono al volo ma che, ci scommetto, possono essere recepiti anche dai piccoli... almeno alcuni.
Vaiana puntualizza con orgoglio di non essere una principessa, solo la "figlia del capo", malgrado "indossi un abito e abbia con sé un animale", come Maui le rinfaccia (forse perché è quello che, da uomo, si aspetta da una donna?). Lui, semidio senza più vigore, Prometeo spaccone che ha rubato la scintilla agli dei ma che in realtà incarna la crisi esistenziale contemporanea della virilità. Mentre lei, col suo incedere determinato, naviga a vista affrontando la vastità dell'oceano da sola, senza un amore da rimpiangere o inseguire, imparando a seguire le stelle e il suo cuore, anche grazie alla convivenza, sulla stessa zattera alla deriva (la società?), proprio con quel semidio svigorito. Ognuno acquista nuova linfa dal contatto con l'altro, grazie a un'empatia che scaccia la diffidenza, i pregiudizi e le intenzioni iniziali.
Non si tratta però di emancipazione femminile, quella è un dato di fatto fin dall'inizio.
Vaiana è già naturalmente emancipata, destinata ad essere capo della sua gente per nascita, senza dover dimostrare nulla a nessuno.Si tratta solo di imparare a veleggiare da soli, andando oltre il reef (barriera psicologica apparentemente invalicabile... per paura? Per tradizione?), seguendo la via indicata da alcuni punti fermi, come le stelle o il mare, ma senza seguire le orme di altri, trovando la propria strada, che spesso è legata alla natura più intima della nostra essenza. Che, inevitabilmente, se ci si mette in ascolto e si asseconda il richiamo, ci conduce con naturalezza al nostro destino. E magari non è molto lontano da quello che gli altri si aspettano da noi, ma può essere vissuto comunque a modo nostro. Ad esempio, posando una conchiglia madreperlacea dai mille colori, invece di una grigia, monolitica, pietra granitica, sulla pila dei nostri predecessori, come identificativo del nostro passaggio nella storia. Non uno dei tanti, ma il nostro. Unico. Come lo è la nostra natura.
"Oceania" nella puntata di Radio Book del 2 febbraio, insieme a "Il sogno dell'isola" di Tamara Marcelli.
Stefania Bergo Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro. Con la mia valigia gialla, 0111Edizioni. |
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