Gli scrittori della porta accanto

[Libri] Francesco Severini presenta il suo saggio "Vagabolario" nell'intervista di Elena Genero Santoro

Francesco-Severini-Vagabolario

In anteprima Vagabolario di Francesco Severini, Prospettiva Editrice, 2016. Viaggio miniato tra le leggende dei piccoli popoli delle isole linguistiche d’Italia, congiunzione fra l’arte visiva e la poesia.


Vagabolario-Francesco-Severini
VAGABOLARIO
di Francesco Severini
Prospettiva Editrice
Saggio
ISBN 9788874189403
Si tratta di un viaggio miniato, un viaggio per immagini vivo di racconti nel racconto, tra le leggende di quelle che sono state (in certi casi anche giuridicamente) definite isole linguistiche esistenti in varie zone d’Italia, ciascuna virtualmente inscritta entro confini regionali, il più delle volte troppo angusti e per questo limitanti.
Ventuno i popoli da me presi in esame, tanti quanti le lettere dell’alfabeto italiano. Di qui l’idea di altrettanti capolettera da rendere quali miniature di un singolare vocabolario, il mio personale Vagabolario, appunto: una sorta di breviario laico che attraverso un ordine ben noto, dalla A alla Z, scandisca il tempo della narrazione.
Il progetto non ha la pretesa di rappresentare una indagine demologica esauriente, tanto meno esaustiva, in merito ai piccoli popoli e alle loro leggende prese a riferimento. Mi auguro, piuttosto, esso sia stimolo per nuovi ed interessanti approfondimenti che possano far luce su alcune realtà ancora poco indagate, quando anche sconosciute, di un Paese già minato nelle sue fondamenta più solide, ovvero la disattenzione alla storia e alla sua straordinaria cultura. Non dimenticando, mai, che proprio nel ricorso alla tradizione un popolo, pur nelle sue infinite differenze identitarie, può trovare sempre ulteriori spunti per la coesione e la sua unitarietà.

Vincitore della XXXII edizione (2016) del Premio “Letteratura” poesia, narrativa, saggistica, per la XIV sez. (saggio edito). Decretato dall'Istituto Italiano di Cultura di Napoli e dalla rivista internazionale di poesia e letteratura “Nuove Lettere”.

L'autore racconta



Ciao Francesco e benvenuto nel nostro sito. Innanzitutto vogliamo farti i nostri più vivi complimenti per il premio internazionale di letteratura. Inoltre, Ines Cavalcanti di Chambradoc, il sito più autorevole degli Occitani, ti ha conferito il "Premio Ostana, scritture in lingua madre" nella categoria Premio Nazionale. Insomma, Vagabolario ti sta riempiendo di soddisfazioni. 
Ma adesso vogliamo lasciarti la parola.  Per rompere il ghiaccio raccontaci qualcosa di te: chi è Francesco Severini nella vita di tutti i giorni? 
Un artista. Può sembrare altisonante affermarlo: non lo è certo nei miei intendimenti. Amo da sempre riferire il mio lavoro ad un assunto fondamentale, secondo il quale per me fare arte è fare cultura. L’artista, in tal senso, non è un demiurgo bensì un latore di induzioni continue. Ed è disposto ad accoglierne a sua volta, ogni giorno, ogni singolo istante, specie quelle che nascono dalle piccole cose, apparentemente le più semplici: poiché non esiste ciò che è minore, così come non esiste un’arte minore, tantomeno un popolo minore di un altro. Tutto il mio operare, inoltre, è frutto di un altro assioma, non mio stavolta, ma di Federico Cesi, fondatore dell’Accademia dei Lincei: docendo discitur, insegnare imparando. Io non sono che un artista, poiché io mi sento umilmente tale: sta qui la sottile divergenza.

Questo è il primo libro che pubblichi?
No, è il secondo, dopo Dittamondo pubblicato nel 2007 a cura di Thyrus Edizioni. In realtà un altro mio progetto, dal titolo Le Fate italiane, avendo vinto il Premio letterario nazionale “Le collane di Med” nel 2011, avrebbe dovuto vedere la luce: così purtroppo non è stato, ma il lavoro è pronto. E’ soltanto da …stampare.

Veniamo al libro, “Vagabolario”, Prospettiva Editrice. Com’è nata l’idea?
Il progetto Vagabolario nasce con l’intento di rendere plausibile il nesso tra la parola e l’immagine, il legame che scaturisce da vincoli intimi e giocosi mediante i quali è possibile dare ancora voce cristallina alla narrazione. Quella capace di suggerire e dar vita ad infiniti racconti, proprio come nella tradizione orale che rigenera fiabe e leggende modificandole di volta in volta, arricchendone il senso, ridefinendone gli spazi ed i tempi d’azione.
Il sottotitolo in tal senso, oltre il titolo stesso, ne definisce inoltre i contorni e gli ambiti. Si tratta appunto di un viaggio miniato, un viaggio per immagini vivo di racconti nel racconto, tra le leggende di quelle che sono state (in certi casi anche giuridicamente) definite isole linguistiche esistenti in varie zone d’Italia, ciascuna virtualmente inscritta entro confini regionali, il più delle volte troppo angusti e per questo limitanti. Dove variegati sono i popoli che le costituiscono e le abitano, seppure persino misconosciuti, eppure forti di un’energia straordinaria; quella che attinge, coniugandoli, sapere e attenzione alla vita.
Ventuno i popoli da me presi in esame, tanti quanti le lettere dell’alfabeto italiano. Di qui l’idea di altrettanti capolettera da rendere quali miniature di un singolare vocabolario, il mio personale Vagabolario, appunto: una sorta di breviario laico che attraverso un ordine ben noto, dalla A alla Z, scandisca il tempo della narrazione. Ventuno capolettera, ciascuna densa di figurazioni che illustrano la storia presa in esame - essa stessa stimolo primario di un soggetto (oggetto) visuale - spesso in maniera didascalica, altre volte lasciando che un’immagine chiave della leggenda ne divenga il punto focale.
Il mio lavoro di ricerca intorno alle leggende di questi piccoli popoli – la definizione è solo apparentemente, volutamente minimizzante – è diretto ad una riscoperta, che in molti casi diventa vera e propria scoperta, dei rimandi ad una tradizione che fonda le proprie radici nel tessuto letterario dell’oralità. Il fine: restituire loro una dignità culturale capace di rimarcare, elevandola, l’identità peculiare di ciascuno di essi.
Ho parlato del mio lavoro di ricerca intorno alle leggende e ai saperi di coloro che ho volutamente definito piccoli popoli. Poiché piccoli lo sono davvero, almeno per l’entità numerica a volte esigua di alcuni di essi, come ad esempio nel caso dei francoprovenzali di Puglia. Ma l’accento su cui trae forza la mia attribuzione verte su un altro aspetto: essi sono piccoli quanto lo sono i bambini, i quali si nutrono di fiabe e di storie (seppure, purtroppo, dai contenuti stonati: come accade oggi); ma, proprio come loro, sono grandi ciascuno d’una propria, singolare connotazione, essendo essi capaci di trovare il senso della vita nella semplicità assoluta delle piccole cose, appunto. 
L’altra aggettivazione, dalle sfumature meno fanciullesche, riguarda invece il termine minoranza: che prelude e presume molto più spesso una considerazione meno alta della materia con cui abbiamo a che fare, in ogni ambito.
Mi piace, infine, sottolineare l’entusiasmo con il quale Francesca Patti, direttore editoriale di Prospettiva Editrice, ha accolto l’idea di stampare Vagabolario: un’empatia immediata che oggi, visti i riscontri che il volume sta ottenendo, ci ripaga vicendevolmente.

È un saggio sulla lingua, con illustrazioni pittoriche. Ci racconti nel dettaglio di che cosa parla?
Le leggende prese in esame in Vagabolario, essendo esse stesse racconti per immagini, nella concezione di ciascuno dei Capolettera dipanano la propria singolare trama narrativa attraverso gli esiti della figurazione: ogni Capolettera “contiene” la storia, a volte definita idealmente negli ambiti e nei perimetri onirici, in altri casi corredata di rimandi visuali che divengono efficaci chiavi di lettura. L’ekphrasis dei greci, quella figura retorica nella quale un'arte tenta di correlarsi a un'altra espressione artistica definendone l'essenza e la forma, in Vagabolario ha il suo compimento. Così come trova effetto l’assunto di Orazio - ut pictura poesis - in merito alla congiunzione fra l’arte visiva e la poesia: il mariage tra parola e immagine, che poi è presupposto fondante e intendimento primario del mio fare arte.
Non vi era, dunque, un’altra possibile espressione visuale che potesse ad un tempo rispettare entrambi i canoni di questo progetto, vale a dire il narrare per immagini e il ricorso ad una presunta forma d’arte a torto designata e inscritta nel novero delle arti minori: la miniatura.

Qual è il target a cui ti rivolgi? Che tipo di lettori ambisci a conquistare?
Non ho mai pensato di lavorare ad un libro che fosse un best seller, tantomeno in questo caso. Ma sono certo che nella sua essenza piacevolmente “ibrida” fatta di immagini e di parole, anche l’aspetto saggistico delle tematiche affrontate sia tale da lasciare spazio alla fantasia: quella fondante dell’oralità, quella dei racconti dei piccoli popoli, delle loro fiabe e delle loro leggende. Quei numerosi racconti, spesso mai stati scritti, che rientrano nell’ambito della cultura popolare e che vengono tramandati in forma orale, sono le leggende che da sempre continuano ad affascinare adulti e bambini. Il loro punto di forza risiede nel valore stesso della parola in grado di incantare, suscitando sensazioni ed idee, e sulla capacità dell’uomo di elaborare e di reinventare. Per questo il target potrebbe essere davvero variegato: da chiunque abbia interesse ad approfondire una “materia” che conserva ancora molto da indagare, fino ai bambini e ai ragazzi, che potrebbero riscoprire l’essenza del racconto e la piacevolezza dell’ascolto (in luogo dei media asettici cui troppo spesso destinano un’attenzione divenuta quasi compulsiva).

Ti ha coinvolto intimamente la stesura di questo saggio? Oppure è stato un lavoro meramente didascalico?
Nessuno dei lavori cui io abbia atteso è mai nato da una pretesa meramente didascalica. Amo studiare e immergermi interamente nella ricerca. E so, per mia stessa esperienza, che non esiste un altro “ingrediente” capace di rendere sapido il mio fare: nessuno quanto il piacere. Il piacere di approfondire, di trovare, di andare a fondo quanto più possibile. Di capire, infine. E di sorridere di gioia, augurandomi sempre di poterla rendere a chi abbia voglia e interesse di ascoltarmi, di leggermi o di osservare i miei lavori.

Quali ricerche hai dovuto svolgere per scrivere questo libro?
Il web è uno strumento straordinario per la ricerca. Ti consente di cercare e di trovare cose incredibili, qualcosa di assolutamente impensabile fino a qualche anno fa. Si pensi che esistono siti, al di là dell’Oceano, dedicati ad intere, addirittura specifiche branche della cultura italiana. Ma oltre questo amo recarmi nelle Biblioteche, andare alla ricerca di testi cartacei, tangibili. Sfogliare un libro è per me qualcosa di fantastico, al contempo mi dona ogni volta l’emozione di avere a che fare con qualcosa di realmente familiare.

Qual è messaggio che speri di divulgare attraverso questo saggio?
Ritengo, come scrivo nella mia introduzione al libro, che l’importanza di Vagabolario risieda proprio nella sua duplice capacità di restituire da un lato l’opportuna dignità culturale al corpus letterario, immenso e variegato, di quella tradizione orale che da millenni ha accompagnato il racconto della vita, attraverso il ricorso alle immagini della pittura; dall’altro di dare conto della fierezza di quei piccoli popoli spesso misconosciuti che sono parte integrante e affatto trascurabile della civiltà e del sapere d’Italia.

Grazie per essere stato con noi, Francesco. In bocca al lupo per i tuoi progetti futuri.
Grazie a voi per l’attenzione dedicatami.
gli-scrittori-della-porta-accanto

Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag
L’occasione di una vita, Lettere Animate
Immagina di aver sognato, PubGold
Un errore di gioventù, 0111 Edizioni
Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni.
Il tesoro dentro, 0111 Edizioni


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