La battaglia di Hacksaw Ridge
REGIA Mel GibsonPRODUZIONE Cross Creek Pictures, Demarest Media, IM Global
DISTRIBUZIONE Eagle Pictures
SCENEGGIATURA Andrew Knight, Robert Schenkkan
MUSICHE Rupert Gregson-Williams
ANNO 2016
CAST
Andrew Garfield, Teresa Palmer, Sam Worthington, Vince Vaughn, Luke Bracey, Hugo Weaving, Rachel Griffiths, Richard Roxburgh
"La battaglia di Hacksaw Ridge": dall'attore e regista Mel Gibson, un film di guerra, ma anche un inno al pacifismo. Un film da Oscar.
Un'altra tacca nel cinturone da regista di Mel Gibson, la quarta. Con questo genere di attività non si può dire che sia molto produttivo (il suo penultimo film, Apocalypto, risale al 2006) ma quasi certamente dev'essere un artista che mira più alla qualità che non alla quantità. E se qualcuno storce il naso, dopo aver letto la parola “qualità”, preciso subito che non mi riferivo alla bellezza in sé delle sue opere, che può essere più o meno opinabile, ma alla sua prerogativa di non fare alcun tipo di economia, nonché alla sua indubbia capacità di turbare lo spettatore.
Gibson non è per le mezze misure, per il politically correct; egli vuole sbalordire, frastornare, scuotere, con primi piani su ferite devastanti, con rumori di spari, cannonate e urla assordanti. Nel bene o nel male, i suoi film non passano inosservati, ma sono destinati a lasciare un segno e, per quanto mi riguarda, questo suo ultimo lavoro è quello che è riuscito ad appagarmi maggiormente, sotto tutti i punti di vista.
Il film inizia con la sua infanzia, segnata dalla presenza di un padre violento e ubriacone; un reduce di guerra che ha visto morire i suoi migliori amici sotto il fuoco nemico e non è riuscito a superare il trauma di questa sua dura esperienza.
Donald ha un fratello maggiore con il quale va d'accordo ma, a volte, come solitamente capita, può scappare la lite. Durante una di queste, confluita in una lotta corpo a corpo, colpisce il fratello alla testa con una pietra raccolta dal terreno e lo tramortisce. Fortunatamente, tutto si risolve bene, ma la consapevolezza di ciò che avrebbe potuto provocare lo scuote profondamente.
Questa esperienza, unita a un profondo credo religioso, faranno di lui un convinto pacifista, un obiettore di coscienza che aborrisce l'uso delle armi.
L'esercito prevede l'obiezione di coscienza, ma l'inizio del suo arruolamento non risulterà per nulla facile. I commilitoni lo ritengono un vile, lo deridono e arrivano persino a picchiarlo, i suoi superiori insistono per fargli almeno impugnare il fucile, tanto che correrà il rischio di essere sottoposto al giudizio della corte marziale per non avere eseguito gli ordini. Tuttavia, una volta a Okinawa, durante una delle più sanguinose battaglie della Seconda Guerra Mondiale, avrà modo di dimostrare il suo eroismo, nonostante non tocchi mai un'arma nemmeno con un dito.
Nel tentativo di espugnare la Fortezza di Maeda, contrastando le agguerrite forze nipponiche, molti sono i compagni di Desmond che cadono morti e feriti, tanto che si rende necessaria una prima ritirata, in attesa di rinforzi. Ma Desmond non ci sta; come medico e come uomo, sente la necessità di cercare di salvare più vite possibili, impavido di fronte al fuoco nemico.
Da solo, riesce a recuperare e a consegnare alle cure del suo esercito tantissime persone, due delle quali di nazionalità Giapponese e, alla fine, saprà di essere riuscito a strappare alla morte ben 75 soldati.
Cadrà egli stesso ferito, ma guarirà e il suo coraggio non solo sarà riconosciuto dai suoi compagni e superiori, ma anche dal Governo degli Stati Uniti che gli conferirà la Medaglia d'Onore.
È anche una storia in cui l’aspetto religioso è tenuto costantemente in evidenza: il bambino Doss si sente colpevole di avere ferito il fratello davanti all'immagine di Dio, il Doss soldato porta la Bibbia in trincea e ne legge sempre i passi, chiede a Dio non di salvare se stesso, ma di consentirgli di salvare tante vite.
Quanto coraggio ci vuole per portare avanti il proprio credo? Alcune volte si deve remare controcorrente, si può sbattere contro gli scogli e farsi davvero del male, ma quando la fede è sincera ed è tanta, si riuscirà a prendere sempre il largo, in cerca della nostra riva.
Speranza, anch'essa viene trasmessa da questo film, e alla fine della sua visione, quando l'adrenalina è scesa, ci si sente in pace con il mondo, ci fa sentire tutti un po' eroi.
Dunque, nessun stupore per il fatto che “La battaglia di Hacksaw Ridge” si sia aggiudicata due premi Oscar (La lunga notte degli Oscar: tutti i vincitori... con colpo di scena finale), per il montaggio e per il sonoro, ma piuttosto che ne abbia vinti soltanto due. Conquistare l'apprezzamento della giuria non è cosa facile, si sa. Il suo metro di valutazione è di testa e, diverse volte, risulta essere lontano anni luce da quello del pubblico, principalmente di pancia e di cuore. Se ci fosse un premio stabilito da quest'ultimo, prevedo che il film avrebbe sbancato; me lo dice l'applauso scrosciante che ha inondato la sala cinematografica alla fine della sua proiezione.
Gli spettatori hanno aggiudicato a Mel Gibson un simbolico Oscar del cuore.
Gibson non è per le mezze misure, per il politically correct; egli vuole sbalordire, frastornare, scuotere, con primi piani su ferite devastanti, con rumori di spari, cannonate e urla assordanti. Nel bene o nel male, i suoi film non passano inosservati, ma sono destinati a lasciare un segno e, per quanto mi riguarda, questo suo ultimo lavoro è quello che è riuscito ad appagarmi maggiormente, sotto tutti i punti di vista.
Racconta la storia vera, anche se ha dell'inverosimile, dello statunitense Desmond Doss che, allo scoppio della seconda guerra mondiale si è sentito in dovere di servire il suo paese, partendo per il fronte, pur rifuggendo l'uso delle armi e della violenza.
Il film inizia con la sua infanzia, segnata dalla presenza di un padre violento e ubriacone; un reduce di guerra che ha visto morire i suoi migliori amici sotto il fuoco nemico e non è riuscito a superare il trauma di questa sua dura esperienza.
Donald ha un fratello maggiore con il quale va d'accordo ma, a volte, come solitamente capita, può scappare la lite. Durante una di queste, confluita in una lotta corpo a corpo, colpisce il fratello alla testa con una pietra raccolta dal terreno e lo tramortisce. Fortunatamente, tutto si risolve bene, ma la consapevolezza di ciò che avrebbe potuto provocare lo scuote profondamente.
Questa esperienza, unita a un profondo credo religioso, faranno di lui un convinto pacifista, un obiettore di coscienza che aborrisce l'uso delle armi.
L'esercito prevede l'obiezione di coscienza, ma l'inizio del suo arruolamento non risulterà per nulla facile. I commilitoni lo ritengono un vile, lo deridono e arrivano persino a picchiarlo, i suoi superiori insistono per fargli almeno impugnare il fucile, tanto che correrà il rischio di essere sottoposto al giudizio della corte marziale per non avere eseguito gli ordini. Tuttavia, una volta a Okinawa, durante una delle più sanguinose battaglie della Seconda Guerra Mondiale, avrà modo di dimostrare il suo eroismo, nonostante non tocchi mai un'arma nemmeno con un dito.
Nel tentativo di espugnare la Fortezza di Maeda, contrastando le agguerrite forze nipponiche, molti sono i compagni di Desmond che cadono morti e feriti, tanto che si rende necessaria una prima ritirata, in attesa di rinforzi. Ma Desmond non ci sta; come medico e come uomo, sente la necessità di cercare di salvare più vite possibili, impavido di fronte al fuoco nemico.
Da solo, riesce a recuperare e a consegnare alle cure del suo esercito tantissime persone, due delle quali di nazionalità Giapponese e, alla fine, saprà di essere riuscito a strappare alla morte ben 75 soldati.
Cadrà egli stesso ferito, ma guarirà e il suo coraggio non solo sarà riconosciuto dai suoi compagni e superiori, ma anche dal Governo degli Stati Uniti che gli conferirà la Medaglia d'Onore.
È una storia che lacera il cuore ma che poi lo sa rimarginare.
Una storia di violenza inaudita, raccontata in maniera brutale, ma che, per contro, è un'apologia del pacifismo. D'altronde, tutti possiamo ritenerci contrari all'uso delle armi quando non ci sentiamo veramente in pericolo ed è soltanto a contatto con la cattiveria che sarà svelato il nostro eventuale lato buono.È anche una storia in cui l’aspetto religioso è tenuto costantemente in evidenza: il bambino Doss si sente colpevole di avere ferito il fratello davanti all'immagine di Dio, il Doss soldato porta la Bibbia in trincea e ne legge sempre i passi, chiede a Dio non di salvare se stesso, ma di consentirgli di salvare tante vite.
Ti prego mio Signore, aiutami a salvarne ancora uno...ancora uno.
Quanto coraggio ci vuole per portare avanti il proprio credo? Alcune volte si deve remare controcorrente, si può sbattere contro gli scogli e farsi davvero del male, ma quando la fede è sincera ed è tanta, si riuscirà a prendere sempre il largo, in cerca della nostra riva.
Speranza, anch'essa viene trasmessa da questo film, e alla fine della sua visione, quando l'adrenalina è scesa, ci si sente in pace con il mondo, ci fa sentire tutti un po' eroi.
Dunque, nessun stupore per il fatto che “La battaglia di Hacksaw Ridge” si sia aggiudicata due premi Oscar (La lunga notte degli Oscar: tutti i vincitori... con colpo di scena finale), per il montaggio e per il sonoro, ma piuttosto che ne abbia vinti soltanto due. Conquistare l'apprezzamento della giuria non è cosa facile, si sa. Il suo metro di valutazione è di testa e, diverse volte, risulta essere lontano anni luce da quello del pubblico, principalmente di pancia e di cuore. Se ci fosse un premio stabilito da quest'ultimo, prevedo che il film avrebbe sbancato; me lo dice l'applauso scrosciante che ha inondato la sala cinematografica alla fine della sua proiezione.
Gli spettatori hanno aggiudicato a Mel Gibson un simbolico Oscar del cuore.
Ornella Nalon I miei hobby sono: il giardinaggio, la buona cucina, il cinema e, naturalmente, la scrittura, che pratico con frequenza quotidiana. Scrivo con passione e trasporto e riesco a emozionarmi mentre lo faccio. La mia speranza è di trasmettere almeno un po’ di quella emozione a coloro che leggeranno le mie storie. “Quattro sentieri variopinti”, Arduino Sacco Editore “Oltre i Confini del Mondo”, 0111 Edizioni “Ad ali spiegate”, Edizioni Montag “Non tutto è come sembra”, da 0111 Edizioni. |
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