Gli scrittori della porta accanto

Lezioni americane, di Italo Calvino: pagina 69

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Pagina 69 #87 Lezioni americane, di Italo Calvino, Mondadori, 2016 (prima edizione Garzanti, 1988). Nate come testi per un ciclo di conferenze da tenere ad Harvard, l'ultimo insegnamento di un grande maestro.

Alle volte cerco di concentrarmi sulla storia che vorrei scrivere e m’accorgo che quello che mi interessa è un’altra cosa, ossia, non una cosa precisa ma tutto ciò che resta escluso dalla cosa che dovrei scrivere; il rapporto tra quell’argomento determinato e tutte le sue possibili varianti e alternative, tutti gli avvenimenti che il tempo e lo spazio possono contenere. È un’ossessione divorante, distruggitrice, che basta a bloccarmi. Per combatterla, cerco di limitare il campo di quel che devo dire, poi a dividerlo in campi ancor più limitati, poi a suddividerli ancora, e così via. E allora mi prende un’altra vertigine, quella del dettaglio del dettaglio del dettaglio, vengo risucchiato dall’infinitesimo, dall’infinitamente piccolo, come prima mi disperdevo nell’infinitamente vasto.
L’affermazione di Flaubert, “Le bon Dieu est dans le détails” la spiegherei alla luce della filosofia di Giordano Bruno, grande cosmologo visionario, che vede l’universo infinito e composto di mondi innumerevoli, ma non può dirlo “totalmente infinito” perché ciascuno di questi mondi è finito; mentre “totalmente infinito” è Dio “perché tutto lui è in tutto il mondo, ed in ciascuna sua parte infinitamente e totalmente”.
Tra i libri italiani degli ultimi anni quello che ho più letto, riletto e meditato è la Breve storia dell’infinito di Paolo Zellini (Milano, Adelphi 1980) che s’apre con la famosa invettiva di Borges contro l’infinito, “concetto che corrompe e altera tutti gli altri”, e prosegue passando in rassegna tutte le argomentazioni sul tema, col risultato di dissolvere e rovesciare l’estensione dell’infinito nella densità dell’infinitesimo.
Questo legame tra le scelte formali della composizione letteraria e il bisogno di un modello cosmologico (ossia d’un quadro mitologico generale) credo sia presente anche negli autori che non lo dichiarano in modo esplicito. Il gusto della composizione geometrizzante, di cui potremmo tracciare una storia della letteratura mondiale a partire da Mallarmé, ha sullo sfondo l’opposizione ordine-disordine, fondamentale nella scienza contemporanea. L’universo si disfa in una nube di calore, precipita senza scampo in un vortice d’entropia, ma all’interno di questo processo irreversibile possono darsi zone d’ordine, porzioni d’esistente che tendono verso una forma, punti privilegiati da cui sembra di scorgere un disegno, una prospettiva. L’opera letteraria è una di queste minime porzioni in cui l’esistente si cristallizza in una forma, acquista un senso, non fisso, non definitivo, non irrigidito in una immobilità minerale, ma vivente come un organismo. La poesia è la grande nemica del caso, pur essendo anch’essa figlia del caso e sapendo che il caso in ultima istanza avrà partita vinta. “Un coup de dés jamais n’abolira le hasard”.
È in questo quadro che va vista la rivalutazione dei procedimenti logico-geometrici-metafisici che si è imposta nelle arti figurative nei primi decenni del secolo e successivamente in letteratura: l’emblema del cristallo potrebbe distinguere una costellazione di poeti e scrittori molto diversi tra loro come Paul Valéry in Francia, Wallace Stevens negli Stati Uniti, Gottfried Benn in Germania, Fernando Pessoa in Portogallo, Ramon Gomez de la Serna in Spagna, Massimo Bontempelli in Italia, Jorge Luis Borges in Argentina.


Quarta di copertina
"Lezioni americane" di Italo Calvino.

«Il millennio che sta per chiudersi ha visto nascere ed espandersi le lingue moderne dell'Occidente e le letterature che di queste lingue hanno esplorato le possibilità espressive e cognitive e immaginative. Ci si interroga sulla sorte della letteratura e del libro nell'era tecnologica cosiddetta postindustriale. La mia fiducia nel futuro della letteratura consiste nel sapere che ci sono cose che solo la letteratura può dare coi suoi mezzi specifici. Vorrei dunque dedicare queste mie conferenze ad alcuni valori o qualità o specificità della letteratura che mi stanno particolarmente a cuore.»
Nate come testi per un ciclo di conferenze da tenere ad Harvard, queste lezioni costituiscono l'ultimo insegnamento di un grande maestro: una severa disciplina della mente, temperata dall'ironia e dalla consapevolezza di non poter giungere ad una conoscenza assoluta.
"La Leggerezza, la Rapidità, l'Esattezza, la Visibilità, la Molteplicità dovrebbero in realtà informare non soltanto l'attività degli scrittori ma ogni gesto della nostra troppo sciatta, svagata esistenza." (Dalla quarta di copertina di Gian Carlo Roscioni alla prima edizione)


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