Bruciare tutto, di Walter Siti, Rizzoli, 2017. Un romanzo che stordisce e lascia nudi di fronte al dolore e alle domande sul senso profondo della fede e del tempo che viviamo.
Il tema della pedofilia è un escamotage per parlare anche di altro: Bruciare Tutto è un manifesto in difesa di quei desideri e di quelle ossessioni personali coltivate esclusivamente entro le mura della propria testa.
Il desiderio, così, rimane mero desiderio inespresso, non attuato: è grande il coraggio e la forza di chi prova pulsioni condannabili e riesce a trattenerle, e in certa misura a sublimarle, come fa il protagonista. Significativo, infatti, il confronto con il vero prete pedofilo del romanzo, il cui desiderio perverso nei confronti dei bimbi si è talmente sfibrato attraverso la sua attuazione che quel curato, ormai, si è tramutato in una bestia.
Insomma, il libro è un capolavoro, lo stile è unico, inimitabile e fuori dagli schemi. Non so come diamine faccia, ma Siti – come spiegarlo – è capace di razionalizzare sensazioni alle quali non sempre si riesce a dar voce. Lui invece non solo prova queste sensazioni fugaci e particolari, ma riesce a nominarle, a definirle con pochissime – e giuste – parole.
Non c'è nulla di indecente o destabilizzante in questo romanzo, tutt'altro.
La tematica del desiderio e dell'ossessione è sempre stata centrale per lui, tanto che Siti si è sempre contraddistinto per essere provocatorio, fuori da ogni canone di mente benpensante, sempre propositivo nella trattazione di temi scomodi e caldi. Per i suoi settant'anni suonati, ha un acume che lo svecchia irrimediabilmente; dovremmo essere noi giovani a sdoganare con raziocinio certi temi, e invece lo fa un vecchio nonnone omosessuale, andando contro tutto e tutti, con la sua letteratura. Questo mi lascia un po' di amaro in bocca, perché vuol dire che forse il mondo, sia letterario che non, ancora non è pronto a pensare un po' diversamente.
Ottime le proposte di inframezzare i pensieri personali con le preghiere di Sant'Ignazio di Loyola.
Bruciare tutto
A chi apparteniamo? A quale legge ubbidiamo? Per un prete che significa, davvero, amare Dio?
Questo si chiede don Leo nelle sue giornate divise tra oratorio, mensa dei poveri (che sono sempre di più anche nella Milano del nuovo skyline da bere e da mangiare), ripetizioni ai bambini in difficoltà, messe celebrate con confratelli molto diversi da lui. Un prete è un uomo mangiato, potato come una vigna; la vita privata di un prete sono gli altri e don Leo lo sa bene, mentre cerca risposte in un dialogo con un Dio che lo spia e lo ascolta dalla sua Onnipotenza ma risponde a strappi, con frasi ambigue e talvolta dispettose. Un Dio che sembra non riuscire mai a liberarsi dall'ombra del suo Avversario.
In un'epoca in cui la sottomissione a Dio è diventata un tema geopolitico, Walter Siti scrive un romanzo che stordisce e lascia nudi di fronte al dolore e alle domande sul senso profondo della fede e del tempo che viviamo. Se è vero che siamo passati dall'epoca del desiderio a quella del bisogno, questo romanzo brucia tutto perché non tralascia nessun eccesso o contraddizione: l'assenza dei padri, la bellezza di chi sa ancora sperare, l'amore per corpi troppo nuovi. Non c'è pietà ma profonda, intima, pietas. Siti per la prima volta non partecipa come personaggio alla storia e lo fa con il suo libro più intenso, aperto, libero. Si può scrivere un grande romanzo su Dio senza fidarsi di lui, senza credere alla sua esistenza, e allo stesso tempo dare vita al religioso più vero e credibile dal Prete bello di Parise? Al lettore la risposta.
di Walter Siti | Rizzoli | Narrativa
ISBN 978-8817093545 | ebook 9,99€ | cartaceo 17,00€
Beatrice Rurini Del 1969, sono appassionata di lettura e musica sin da piccola. Ho conseguito la maturità magistrale (senza insegnare), studiato pianoforte e violoncello. Lavoro come restauratrice d'arte. Sono sposata con prole e, soffrendo d'insonnia, mi appoggio alla lettura per evitare di stare con le mani in mano. |
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