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[Libri] "Ostia! Romanzo di una periferia" a cura di Territorio Narrante, recensione di Samantha Terrasi

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Ostia! Romanzo di una periferia, a cura di Territorio Narrante, Red Star Press, 2017. Una terra magica alla foce del Tevere, distesa sul mare come una meretrice datata. Un luogo da raccontare, perché una terra non raccontata è una terra che non esiste.

Ostia, dai latini chiamata “ostium”, bocca di fiume, diventa una storia. E per raccontare una storia ci un sono milioni di modi per farla diventare pagina. Scrittura, testimonianza. Perché scrivere di Ostia è sempre sembrata una realtà contingente. Scrivere di una società che si stava montando intorno ai palazzi che si costruivano tra un pino e l’altro. I palazzi con i balconi rotondi alla periferia in Via Danilo Stiepovich, dove il solo nome si impastava dentro la lingua. C’era il capolinea dello 05 barrato, una linea di autobus che attraversava le due ostie Ponente e Levante. Le due periferie figlie di uno stesso territorio. La povera, quella dove abitavo, quella dal nome strano dove Piazza Gasparri era già nota. Detta solo Piazza, aveva un codice suo. Un modus vivendi per quelli che ci abitavano dentro e fuori. E poi c’era la Ostia per bene, quella delle piccole villette di Via Mar Rosso. Dove ogni strada aveva il nome di un promontorio o isola. Il tutto dava un connotato esotico a una parte di città che invece doveva solo mostrare il suo mare, far vedere a chi veniva da Roma, dalla Cristoforo Colombo, la bellezza del suo luccichio. Un mare che rimaneva nascosto per tutto l’inverno, ma poi si riscopriva solo ai primi caldi, quando le cabine venivano rispolverate. Quando la corsa alla tintarella investiva grandi e piccini.
Ma Ostia è cambiata. Di quarant’anni di storia in cui ho vissuto le scuole, le stazioni delle metro rimesse a nuovo, quella costruita a Lido nord. Le rotonde. Tutto piano o veloce si è trasformato in un asfalto troppo bucato. E chi abita qui ha imparato a passare tra i dossi e le buche senza rompere il semiasse, ma qualcosa non c’è più. E Territorio Narrante diventa voce delicata, politica melanconica, insistente stridulo di un gabbiano, remota memoria, fragile attesa, attualità di un percorso. Territorio Narrante e i suoi autori mi piace definirli un territorio trasformato.
Autori come Ragucci, Rosati, Beltramme hanno cercato tra le storie di Ostia, tanti racconti che tracciano linee. Non crocevie ma cerchi. La copertina ce li ricorda questi percorsi circolari. Il trampolino, da anni allo stabilimento Kursaal che dovrebbe forse essere patrimonio dell’Umanità, ci fa tornare, andare, ripercorre e tuffarci nella nostra Ostia. Per chi l’ha vissuta come me da sempre, è tutto in quel cerchio, che è la pianta della Rotonda e la rosa dei venti sul Pontile. E ora che io Ostia sto per lasciarla, forse mi sento di tradirla un po’. In fondo ha saputo trasformarsi secondo le esigenze di tutti. Anche le mie.
Sai perché noi gente de mare ciavemo sempre la vista più lunga? Perché lì orizzonte del mare è infinito.


Forse sono solo un’eterna romantica, ma sicuramente Ostia è la testimonianza di un lungo amore che si sposa con gli abitanti e con Roma. 

Perché Ostia non è un comune a parte, non vive di vita propria anche se le sue periferie hanno fatto parlare come le grandi città. Ostia è Roma con tante contraddizioni diverse. Ed esserlo dà all’Ostium, l’ultimo braccio della città eterna.
Una terra non raccontata è una terra che non esiste.
E questa frase da subito mi è sembrata l’unica che potesse descrivere questi racconti. Ma la mia domanda è: cosa serve ad Ostia, ora?
Eppure quando vedo gli alberi divelti in Viale dei Pormontori dal vento, ripenso a quel cocomeraro in piazza Repubbliche Marinare, dove c’era il cartello storto con scritto 200 lire. Mi sembra di risentire il caldo e il tum tum del pugno che batteva per scegliere il migliore. Dove è finita quella Ostia? Ma è l’infanzia che abbellisce tutto. Territorio narrante in questo è stato un palco itinerante.
Cesare mi domanda a cosa mi riferisco e io allora rispondo: Per esempio il mare Ci abitiamo davanti ma non ci veniamo mai. Credo che questa sia una contraddizione che non è stata solo nostra. Forse riguarda un po’ tutti quelli che vivono qui.
E io sto per salutarla, per amare poi questo tratto di spiaggia un po’ di più quando tornerò. E tornerò presto.

Ostia-Romanzo-di-una-periferia

Ostia! Romanzo di una periferia

Ostia! 
Qualcosa di più di una semplice bestemmia, una terra magica alla foce del Tevere, distesa sul mare come una meretrice datata e trafitta come un Cristo da una ferrovia che l'attraversa. 
Non può esistere delazione su questa terra, c'è il rischio di impantanarsi continuamente nella narrazione, di mutarsi da narratore in narrato, di muovere dalla diegesi alla mimesi, è questo che ci spinge a rimanere, l'idea di poter schioccare le dita, un giorno, se solo volessimo, o forse la consapevolezza di essere anche noi, semplicemente, parte di questa grande storia. 
Questo è il romanzo della nostra terra raccontato dalle voci di chi a Ostia è nato o ha deciso di vivere; perché noi non siamo mai andati via, da qui veniamo ed è da qui che dobbiamo proseguire, perché una terra non raccontata è una terra che non esiste.

a cura di Territorio Narrante | Red Star Press | Racconti
ISBN 978-8867181711 | cartaceo 8,50€


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Samantha Terrasi
Vivo tra Torino e Roma, dove sono nata. Mia nonna avrebbe voluto che mi chiamassi Maria Concetta, ma per fortuna mio padre di ritorno da un viaggio negli States mi ha chiamato Samantha, rigorosamente con la h. Formazione scientifica, una laurea in biologia molecolare per poi scegliere di tramandare il mio sapere agli studenti. Sono una professoressa di matematica e scienze senza occhiali e quando non mi trovo tra equazioni e studenti, scrivo.
Parole nel vento, Aletti Editore, 2012.
Ti aspetto, Lupo Editore.


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