Gli scrittori della porta accanto

[Libri] Un frammento di mondo, di Christina Baker Kline, incipit #134

Un frammento di mondo, di Christina Baker Kline

In seguito mi disse che aveva avuto paura di mostrarmi il dipinto.

Un frammento di mondo, di Christina Baker Kline - copertina

Un frammento di mondo

di Christina Baker Kline
Giunti
ebook 7,99€
cartaceo 12,67€



Pensava che non mi sarebbe piaciuto il modo in cui mi aveva ritratta: mentre mi trascinavo sul prato, con le dita piantate nella terra e le gambe ripiegate all’indietro. L’arido paesaggio lunare di erba di grano e timotea. La casa decrepita in lontananza, che spuntava come un segreto che non vuole restare nascosto. Finestre distanti, opache e scure. I solchi tra l’erba pungente lasciati da un veicolo invisibile diretto chissà dove. Il cielo spento.
La gente pensa che quel dipinto sia un ritratto, ma non è così. Non proprio. Non era nemmeno sul prato, lui; rievocò l’immagine da una stanza dentro casa, da una prospettiva completamente diversa. Ha eliminato pietre, alberi e fabbricati. Le dimensioni del granaio sono imprecise. E io non sono quella cosuccia giovane e fragile, ma una zitella di mezz’età. Non è certo il mio corpo, quello, e forse nemmeno la mia testa è così.
Su una cosa è stato davvero fedele: che fosse un santuario o una prigione, la costruzione sulla collina è sempre stata la mia casa. Ho passato la vita ad amarla con tutta me stessa e a volerne fuggire, prigioniera del potere che esercitava su di me. (Ci sono molti modi di essere storpi, ho capito col tempo, molte forme di paralisi.) I miei avi scapparono da Salem per trasferir­si nel Maine, ma il passato, come chiunque cerchi di disfarsene, se lo trascinarono dietro. Qualcosa di inesorabile mette radici nel luogo di origine. Non ci si può liberare dal legame di sangue,
mai, per quanto lontano si fugga. E lo scheletro di una casa può conservare nelle ossa il midollo dei fatti che vi sono accaduti.
Chi sei tu, Christina Olson? mi domandò lui, una volta.
Nessuno me l’aveva mai chiesto. Ci dovetti pensare un po’ su. Se davvero vuoi conoscermi, dissi, dobbiamo iniziare con le streghe. E con i ragazzini annegati. Le conchiglie di terre lontane, un’intera stanza piena di conchiglie. Il marinaio svedese naufragato tra i ghiacci. Ti dovrò raccontare dei sorrisi falsi di quel tipo di Harvard e delle strette di mano degli illustri medici di Boston, della barca tra il fieno e della sedia a rotelle in mare.
E alla fine, sebbene nessuno di noi ancora la conosca, la fine, torneremo qui, in questo luogo, dentro, fuori, nel mondo del dipinto.

È un luminoso pomeriggio di luglio

e sto lavorando a una trapunta in cucina, con i quadretti di stoffa, il puntaspilli e le forbici posati sul tavolo accanto a me, quando sento il rombo di un’auto. Guardo fuori dalla finestra in direzione della baia e a un centinaio di metri vedo una station wagon svoltare tra i campi. Il motore si spegne, la portiera del passeggero si apre e dall’auto spunta Betsy James. Ride e ha la voce squillante. Non la vedo dall’estate scorsa. Indossa una canotta bianca con un paio di pantaloncini di jeans, e intorno al collo ha una bandana rossa. Si avvicina alla casa e resto colpita da quanto appaia diversa. Il volto tondo si è assottigliato, allungato. I capelli castani, folti e fluenti, le arrivano oltre le spalle, gli occhi scuri risplendono. Una striscia di rossetto le infiamma le labbra. Penso a quando aveva nove anni, la prima volta che venne a trovarmi,
a quando seduta in veranda dietro di me mi intrecciava i capelli con le sue piccole e agili dita. Ed eccola qui, diciassette anni e di colpo già donna.
«Ciao, Christina» dice sulla soglia, col fiatone. «Quanto tempo!»
«Vieni» dico dalla mia sedia. «Mi perdoni se non mi alzo?»
«Ma certo.» Appena entra nella stanza si sente una fragranza di rose. (Da quando Betsy ha iniziato a usare il profumo?) Si avvicina alla mia sedia e mi abbraccia. «Siamo arrivati pochi giorni fa. Sono così felice di essere tornata.»
«In effetti hai un’aria splendida.»
Sorride, le guance arrossate. «Come state tu e Al?»
«Oh, cosa vuoi. Bene. Come al solito.»
«Il solito è una cosa buona, no?»
Sorrido. Certo. Il solito è una cosa buona.
«Cosa stai facendo?»
«È solo un lavoretto. Una trapunta per neonato. Lora è di nuovo incinta.»
«Che brava zia.» Si allunga verso il basso e prende un riquadro di tessuto, un ritaglio di mussolina a fiorellini rosa e foglie verdi su uno sfondo carta da zucchero. «Questa stoffa la conosco.»
«L’ho recuperata da un vecchio vestito.»
«Me lo ricordo. Bottoncini bianchi e gonna a ruota, giusto?»
Ripenso a mia madre quando arrivò con i cartamodelli di Butterick, i bottoncini di madreperla e la mussolina. A quando Walton mi vide con quell’abito per la prima volta. Mi lasci davvero senza parole. «È stato tanto tempo fa.»
«Be’, è bello che un vecchio abito riprenda vita.» Betsy riappoggia delicatamente il riquadro sul tavolo e passa in rassegna gli altri ritagli: mussola bianca, cotone blu, batista con tracce d’inchiostro. «Quanti pezzi! Stai mettendo insieme i cimeli di famiglia?»
«Non so» dico. «Non sono che un mucchio di ritagli.»
«Ciò che per uno è da gettare per un altro può essere prezioso.»
Ride e guarda fuori dalla finestra. «Me n’ero completamente dimenticata! Ero venuta qui per chiederti un po’ d’acqua, se non ti dispiace.»
«Siedi, ti prendo un bicchiere.»
«Oh, non è per me.» Indica la station wagon nel prato. «Il mio amico vorrebbe dipingere la tua casa, ma per farlo gli serve dell’acqua.»
Guardo l’automobile. Sul tetto c’è seduto un giovane che osserva il cielo. Ha un grosso blocco di fogli in una mano e qualcosa che sembra una matita nell’altra.
«È il figlio di N.C. Wyeth» dice Betsy sottovoce, come se qualcuno potesse sentire.
«Chi?»
«Conosci N.C. Wyeth? Il famoso illustratore? L’isola del tesoro?»
L’isola del tesoro... «Al adorava quel libro. Dovremmo averlo ancora, credo, infilato da qualche parte.»
«Immagino che tutti i ragazzi in America ce l’abbiano... da qualche parte. Be’, anche il figlio è un artista. L’ho conosciuto proprio oggi.»
«Lo hai conosciuto oggi e vai in giro in macchina con lui?»
«Sì, è... Non so. Sembra una persona affidabile.»
«I tuoi genitori non dicono niente?»
«Non lo sanno.»
Sorride imbarazzata. «Stamattina è venuto a casa nostra, cercava mio padre, ma i miei erano usciti in barca a vela. Sono andata io ad aprire la porta. Ed eccoci qui.»
«A volte succede» dico. «Di dov’è?»
«Della Pennsylvania. La sua famiglia ha una casa per l’estate giù a Port Clyde.»
«Sembra che tu sappia già un mucchio di cose su di lui» commento, sollevando un sopracciglio.
Lei, imitandomi, ribatte: «E ho in programma di conoscerne ancora di più».

Betsy prende il bicchiere ed esce, puntando verso la station wagon.

Dal modo in cui cammina, spalle indietro e mento in avanti, si capisce che sa che lui la sta guardando. E la cosa le piace. Gli porge il bicchiere e si arrampica sul tetto accanto a lui.
«Chi era?» Mio fratello Al è alla porta sul retro e si sta asciugando le mani con uno straccio. Non riesco mai a sentirlo quando arriva. È silenzioso come una volpe.
«Betsy. Insieme a un ragazzo. Pare che voglia fare un dipinto della casa.»
«E perché?»
Mi stringo nelle spalle. «Le persone sono strane.»
«Poco ma sicuro.» Al si siede sulla sua sedia a dondolo e tira fuori la pipa e il tabacco. Lo pigia e comincia ad accenderlo, e intanto spiamo Betsy e il ragazzo dalla finestra, cercando di comportarci come se non lo stessimo facendo.
Dopo un po’ il giovane scende e posa il blocco di fogli sull’auto. Offre la mano a Betsy, che scivola giù tra le sue braccia. Persino da lontano percepisco l’attrazione che c’è tra loro. Restano lì a parlare per un minuto, poi lei gli afferra la mano e lo trascina verso... Oh Dio, lo sta portando in casa. Ho un attimo di panico: il pavimento è tutto impolverato, ho l’abito macchiato e i capelli in disordine. La tuta di Al è imbrattata di fango.
È passato molto tempo dall’ultima volta che mi sono preoccupata di come apparissi agli occhi di un estraneo. Mentre camminano verso casa, tuttavia, mi accorgo di come la guarda e capisco che non c’è alcun motivo di preoccuparmi. Lei è l’unica cosa che vede.
Ora è in piedi davanti alla zanzariera, sulla soglia. Magro, sorridente, pieno di energia, riempie tutto il vano della porta.
«Che casa stupenda» mormora mentre apre la zanzariera, allungando il collo per guardarsi intorno. «La luce, all’interno, è straordinaria.»
«Christina, Alvaro, vi presento Andrew» esclama Betsy entrando dopo di lui.
Il giovane abbassa il capo. «Spero di non darvi disturbo piombando qui all’improvviso. Betsy mi ha assicurato che non c’erano problemi.»
«Non siamo tipi che fanno tante cerimonie» dice mio fratello.
«Io sono Al.»
«Allora la pensiamo allo stesso modo. E chiamatemi Andy, vi prego.»
«Be’, io sono Christina» intervengo.
«Per me è Christie, ma nessun altro la chiama in questo modo» aggiunge Al.
«Christina, quindi» dice Andy spostando il suo sguardo su di me. Uno sguardo in cui non colgo alcun tipo di giudizio, solo curiosità antropologica. Nonostante tutto, però, quell’occhiata penetrante mi fa arrossire.
Mi volto verso Al e dico in fretta: «Ti ricordi L’isola del tesoro? Betsy dice che le illustrazioni le ha fatte suo padre».
«Davvero?» Il volto di Al si illumina. «Quei disegni sono incredibili. Devo aver letto il libro una decina di volte. A pensarci bene, probabilmente è l’unico che ho davvero finito. Volevo essere un pirata.»
Andy sorride. Ha denti forti e candidi come una stella del cinema. «Anch’io lo volevo. Lo vorrei ancora, a dire il vero.»
Betsy ha in mano il blocco degli schizzi. Orgogliosa come una giovane mamma, me lo porge per farmelo vedere. «Christina, guarda cos’ha fatto Andy in pochissimo tempo.»

La carta è ancora umida.

Con pennellate energiche, Andy ha ridotto la casa a una scatola bianca con due lati rivolti al mare. I campi sono verdi e gialli, con ciuffi d’erba ispidi che spuntano qua e là. Abeti plumbei, una striscia violacea di mon­tagne, nubi acquose. Sebbene l’acquerello sia stato realizzato in fretta, nelle pennellate c’è vita, come se dentro vi soffiasse il vento. È evidente che questo ragazzo sa quel che fa. Le finestre sono appena accennate, ma danno la strana sensazione di poterci guardare dentro. La casa sembra avere radici nella terra.
«È solo uno schizzo» si schermisce Andy, avvicinandosi. «Devo lavorarci ancora.»
«Sembra un bel posto dove abitare» osservo. La casa è comoda e accogliente, una versione fiabesca di quella in cui davvero viviamo io e Al, con sbaffi azzurri e marrone come unici segni di decadenza.
Andy ride. «Questo devi dirmelo tu.» Fa scorrere due dita sulla carta e mormora: «Linee così nette. C’è qualcosa in questo posto... È da molto che ci vivete?».
Annuisco.
«Sento che è un luogo intriso di storie. Potrei continuare a dipingerlo per cent’anni senza stufarmi mai.»
«Oh, se ti stuferesti!» dice Al.
Ridiamo tutti.
Andy batte le mani. «Ehi, sapete una cosa? Oggi è il mio compleanno.»
«Davvero?» chiede Betsy. «Non me l’avevi detto.»
L’abbraccia e la tira verso di sé. «Non te l’ho detto? Ho l’impressione che tu sappia già tutto di me.»
«Non ancora» risponde lei.
«Quanti anni hai?» gli chiedo.
«Ventidue.»
«Ventidue! Betsy ne ha solo diciassette.»
«Una diciassettenne matura» dice Betsy arrossendo.
Andy sembra divertito. «Be’, non ho mai dato troppo peso all’età. O alla maturità.»
«E come intendi festeggiare?»
«Direi che sto già festeggiando» risponde, ammiccando a Betsy.

Quarta di copertina
"Un frammento di mondo" di Christina Baker Kline, Giunti, 2017.

Christina Baker Kline nel suo romanzo "Un frammento di mondo", dà voce a una donna emblematica e misteriosa, Christina Olson, ispiratrice del celebre quadro "Christina's World" del pittore Andrew Wyeth, in un capolavoro letterario che intreccia finzione e verità storica.
Un romanzo capace di evocare un piccolo frammento di mondo dai sentimenti universali.
La prima volta che si vedono è a casa di Christina. E' una bella giornata di luglio e Andrew Wyeth è un giovane artista esile e sorridente, che bussa alla porta della fattoria in cerca di un po' d'acqua per diluire i colori. Tra loro scatta subito qualcosa di speciale: il pittore è completamente ammaliato da Olson House e dai suoi singolari abitanti.
Blocco sotto al braccio e pennelli in mano, Andy torna molte altre volte, da solo o con la moglie, per ritrarre quella casa piena di fascino, popolata da antichi ricordi e misteriose leggende.
Christina vive sola col fratello, in un mondo piccolo nel quale il suo corpo fragile e ferito può orientarsi a occhi chiusi. Così diversi, Andy e Christina, eppure così simili: due spiriti curiosi, vivaci e resilienti, tra cui nasce un'intensa amicizia. Andy spezza la monotonia delle sue giornate, apprezza l'intelligenza e l'arguzia di Christina senza mai compatirla per il suo handicap fisico.
Ma, soprattutto, è l'unico a chiederle davvero: ''Chi è Christina Olson?'', e a rimanerle vicino tanto a lungo per scoprirlo. La risposta è immortalata nel dipinto a lei dedicato. Quello che diventò uno dei quadri americani più famosi di tutti i tempi.

★★★★★

Il buon giorno si vede dal mattino, dicono, e un buon incipit e una copertina accattivante possono essere il perfetto bigliettino da visita di un libro.
Secondo voi, quante stelline si merita il biglietto da visita di questo libro?

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