Libri | Recensione di Franco Mieli. Il rituale del male, un thriller di Jean Christophe Grangè, Garzanti, 2016. Una sfida che oltrepassa le leggi dello spazio e del tempo, in cui nessuno è senza colpa e nessuno conosce la verità.
Sull’isola di Sirling, al largo della costa bretone, durante un rito di iniziazione alle reclute della base aeronavale di Kaerverec, un cadetto viene trovato morto all’interno di un bunker. Un missile, durante un’esercitazione che si stava svolgendo in contemporanea, ha colpito il bunker. Sembrerebbe una morte casuale dovuta a un incidente. Ma Erwan Morwan, della Omicidi di Parigi scopre che non è così. Il cadetto era stato ucciso prima per mezzo di un terribile rituale.
Erwan è figlio di Gregoire Morwan, leggenda vivente della Polizia, ancora in servizio. È proprio Gregoire che lo manda laggiù a risolvere il caso di omicidio. Erwan si trova a indagare stretto tra il muro di omertà della base navale e le reticenze e le mezze verità del genitore sul suo passato.
Con il passare dei giorni, il numero delle vittime, uccise con il medesimo modus operandi, aumenta ed Erwan Moran scopre un collegamento con i delitti avvenuti in Congo quarant’anni prima a opera dell’Uomo Chiodo, uno psicopatico assassino che proprio suo padre catturò e fece processare dopo una drammatica caccia all’uomo all’interno della selvaggia giungla congolese.
Ma chi uccide ancora con lo stesso metodo se l’Uomo Chiodo è morto qualche anno prima in un carcere di massima sicurezza francese, guarda caso proprio vicino alla base di Kaerverec?
Anche Gregoire Morwan nasconde un terribile segreto, nato proprio nell’Africa Centrale, dove ancora oggi suo padre ha interessi economici legati a una società che estrae un prezioso minerale utilizzato nella tecnologia telefonica.
Un clan, quello guidato da Gregoir Morwan, che, dietro l’apparenza di una ricca famiglia borghese, cela terribili segreti: la moglie di Gregoire e madre di Erwan, Maggie, donna silenziosa e apparentemente succube del marito; la sorella Gaelle, attricetta e prostituta d’alto bordo; il fratello Loic, cocainomane e sposato con una ricca italiana dalla quale sta per divorziare.
Erwan continua a indagare, mentre contemporaneamente deve, su ordine del padre, riparare i danni e i problemi nei quali si vanno a infilare i suoi familiari. La sua tenacia lo porterà vicinissimo alla verità e all’identità del serial killer, il quale ora sta minacciando proprio la sua famiglia. Ma non ha fatto i conti con qualcosa di totalmente inaspettato…
I personaggi, anche quelli di contorno, sono tracciati con maestria. Dalla famiglia Morwan, delineata a tutto tondo e con ampiezza di particolari, ai poliziotti partecipanti all’indagine e al colpevole o i colpevoli. Di tutti abbiamo una visione chiara e particolareggiata, come se fossero davanti ai nostri occhi.
L’ambientazione è classica dei romanzi di Jean Christophe Grangè. Natura selvaggia, nemica, dai grandi spazi quella della Bretagna. Cupa, sporca, quella di Parigi. Dolente, con una natura indomita ma che lentamente si sta piegando all’aggressione umana degli europei, quella del Congo Francese.
Erwan è figlio di Gregoire Morwan, leggenda vivente della Polizia, ancora in servizio. È proprio Gregoire che lo manda laggiù a risolvere il caso di omicidio. Erwan si trova a indagare stretto tra il muro di omertà della base navale e le reticenze e le mezze verità del genitore sul suo passato.
Con il passare dei giorni, il numero delle vittime, uccise con il medesimo modus operandi, aumenta ed Erwan Moran scopre un collegamento con i delitti avvenuti in Congo quarant’anni prima a opera dell’Uomo Chiodo, uno psicopatico assassino che proprio suo padre catturò e fece processare dopo una drammatica caccia all’uomo all’interno della selvaggia giungla congolese.
Ma chi uccide ancora con lo stesso metodo se l’Uomo Chiodo è morto qualche anno prima in un carcere di massima sicurezza francese, guarda caso proprio vicino alla base di Kaerverec?
Anche Gregoire Morwan nasconde un terribile segreto, nato proprio nell’Africa Centrale, dove ancora oggi suo padre ha interessi economici legati a una società che estrae un prezioso minerale utilizzato nella tecnologia telefonica.
Un clan, quello guidato da Gregoir Morwan, che, dietro l’apparenza di una ricca famiglia borghese, cela terribili segreti: la moglie di Gregoire e madre di Erwan, Maggie, donna silenziosa e apparentemente succube del marito; la sorella Gaelle, attricetta e prostituta d’alto bordo; il fratello Loic, cocainomane e sposato con una ricca italiana dalla quale sta per divorziare.
Erwan continua a indagare, mentre contemporaneamente deve, su ordine del padre, riparare i danni e i problemi nei quali si vanno a infilare i suoi familiari. La sua tenacia lo porterà vicinissimo alla verità e all’identità del serial killer, il quale ora sta minacciando proprio la sua famiglia. Ma non ha fatto i conti con qualcosa di totalmente inaspettato…
È un Jean Christophe Grangé apparentemente diverso dalle opere che conoscevamo, quello che leggiamo nel “Il rituale del male”.
Una trama che prende l’avvio lentamente, per poi aumentare progressivamente di velocità e tensione fino ai colpi di scena finali che si susseguono, capovolgono e ribaltano la conclusione fin quasi all’ultima pagina. All’inizio non credevo sarebbe stato così. Quando ho finito, però, ho lasciato il libro a malincuore. E questo è testimone della bontà dell’opera.I personaggi, anche quelli di contorno, sono tracciati con maestria. Dalla famiglia Morwan, delineata a tutto tondo e con ampiezza di particolari, ai poliziotti partecipanti all’indagine e al colpevole o i colpevoli. Di tutti abbiamo una visione chiara e particolareggiata, come se fossero davanti ai nostri occhi.
L’ambientazione è classica dei romanzi di Jean Christophe Grangè. Natura selvaggia, nemica, dai grandi spazi quella della Bretagna. Cupa, sporca, quella di Parigi. Dolente, con una natura indomita ma che lentamente si sta piegando all’aggressione umana degli europei, quella del Congo Francese.
Giudizio positivo, anche se di parte, essendo un appassionato dei romanzi dello scrittore francese.
Il rituale del male
SINOSSI
L’aria è malvagia sull’isola di Sirling, al largo della costa bretone. Un’aria salmastra, appiccicosa, in cui l’odore del mare si mescola alle immagini di un macabro rituale, al ricordo di un uomo, uno spietato serial killer dalla firma inconfondibile. L’Uomo Chiodo, però, ha smesso di colpire da più di quarant’anni. Nel 1971. A Lontano, nel cuore del Congo. Ma i segni di quei terribili omicidi emergono ora dal limbo del tempo in una base militare di fulgida tradizione. Il corpo di un giovane cadetto, dilaniato da un’esplosione, viene ritrovato all’interno di un bunker. I rilievi del medico legale non lasciano dubbi: il corpo è stato trafitto da centinaia di chiodi arrugginiti, gli organi asportati, gli arti orrendamente mutilati. A occuparsi del caso, stranamente, non è la polizia militare, ma la prestigiosa squadra Omicidi di Parigi, guidata dal comandante Erwan Morvan. Erwan è figlio di quel Grégoire Morvan che, proprio a Lontano, aveva messo fine alla scia di sangue dell’Uomo Chiodo, quello che sulle risorse minerarie del Congo ha costruito la propria fortuna e che ora, da una posizione defilata, comanda le leve della polizia francese. E mentre le vittime si moltiplicano e gli indizi si fanno via via più evanescenti, il fantasma dell’Uomo Chiodo torna a braccare i Morvan e a scuotere dalle fondamenta il buon nome di una famiglia in apparenza inattaccabile. Ben presto l’indagine costringe Erwan sulle tracce delle più oscure gesta di suo padre in Africa, trasformandosi in una sfida che oltrepassa le leggi dello spazio e del tempo, in cui nessuno è senza colpa e nessuno conosce la verità. Una corsa sfrenata per salvare chi ama, che condurrà Erwan lontano dalla Francia, nel cuore del Congo oscuro e sanguinoso che ha tenuto a battesimo la sua stessa esistenza.
Franco Mieli Da ragazzo scrivevo nel giornalino della scuola. Poi per decenni le varie fasi della vita mi hanno fatto abbandonare questa mia passione. Da circa 10 anni, con i figli ormai grandi, ho deciso di riprendere la scrittura. Coltivo la passione per l’archeologia e il trekking di cui ho trasferito le esperienze nei miei racconti. Ombre pagane, Montecovello. Lupi nella nebbia-Zanne, Montecovello. La conquista dell'Etiopia del 1935-1936, Monetti Editore. 10 agosto, Manetti Editore. |
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