Incipit #146 | Uscirono da sotto la copertura di erba elefante e corsero a perdifiato verso la zona di atterraggio, cinque diretti ai due lati dello slick, l’elicottero da trasporto truppe, e uno in mezzo che gridava.
«Via! Via! Via!» come se non fosse già abbastanza chiaro a tutti che quelli erano i secondi più pericolosi delle loro vite.La spinta dei rotori piegava indietro l’erba alta, soffiando la nuvola di vapore colorato del fumogeno in tutte le direzioni. Il rumore era assordante, mentre la turbina aumentava i giri per un decollo pesante. I mitraglieri ai portelli tirarono dentro tutti afferrandoli per le cinghie degli zaini e l’elicottero si sollevò rapidamente, dopo essersi posato per un tempo brevissimo, come una libellula sull’acqua.
Poi s’inclinò a sinistra e tra gli alberi di banyan apparvero i lampi degli spari. Qualcuno gridò: «Cecchini!» come se il mitragliere al portello avesse bisogno di quella precisazione, per capire cos’aveva davanti.
Era un’imboscata. Tre lampi distinti, tre cecchini. Avevano atteso che l’elicottero si sollevasse in aria, diventando un facile bersaglio, a meno di duecento metri.
Il mitragliere aprì il fuoco con la M60, spazzando le cime degli alberi con raffiche di piombo, ma i cecchini continuarono a sparare. L’elicottero era privo di placche corazzate, una decisione presa a quindicimila chilometri di distanza, per favorire velocità e manovrabilità rinunciando alla protezione.
Un proiettile centrò la calotta della turbina, con un tonfo secco che ricordò a uno degli uomini a bordo quello di una mazza da baseball che colpiva il cofano di un’auto parcheggiata. Poi arrivò il rumore di vetri frantumati, quando un altro proiettile entrò nell’abitacolo, uccidendo sia il pilota che il copilota: un colpo da una probabilità su un milione. Il pilota morì all’istante, il copilota si portò una mano al collo, in un movimento istintivo e inutile per impedire al sangue di lasciare il corpo.
L’elicottero ruotò in senso orario e cominciò a scendere, fuori controllo. Continuando ad avvitarsi, si allontanò dagli alberi, finendo sopra le risaie.
Gli uomini nel retro cominciarono a urlare, terrorizzati. L’uomo a cui erano venute in mente le mazze da baseball tentò di orientarsi. Il mondo fuori dall’elicottero ruotava all’impazzata. Lui teneva gli occhi fissi su una parola stampigliata sulla parete in metallo che separava la carlinga dalla zona di carico. La parola era «Advance», e il trattino orizzontale della A maiuscola era una freccia che puntava in avanti.
Non spostò gli occhi da quella parola, mentre le urla si facevano più forti e l’elicottero continuava a perdere quota. Sette mesi in appoggio alle missioni di ricognizione, e ora mancava poco al congedo. Ma sapeva che non sarebbe riuscito a tornare. Era la fine.
L’ultima cosa che udì fu un grido: «Tenetevi forte!». Come se ci fosse una possibilità che qualcuno potesse sopravvivere all’impatto, senza parlare dell’incendio che sarebbe scoppiato subito dopo, e dei vietcong che sarebbero presto arrivati sul posto con i machete.
Mentre gli altri urlavano terrorizzati, lui mormorò un nome: «Vibiana».
Sapeva che non l’avrebbe più rivista.
«Vibiana.»
L’elicottero precipitò con un tuffo in una risaia ed esplose in un milione di pezzi. Un attimo dopo il carburante prese fuoco e il veicolo s’incendiò, con le fiamme che si estendevano sulla superficie dell’acqua fangosa. Una colonna nera salì nell’aria, come un fumogeno che segnalava una zona di atterraggio.
I cecchini ricaricarono le armi e si misero in attesa degli elicotteri di salvataggio, che sarebbero arrivati di lì a poco.
Bosch non era infastidito dall’attesa.
Comunque, panorama a parte, Bosch non capiva perché qualcuno volesse tenere i suoi uffici in quella torre. Era l’edificio più alto a ovest del Mississippi, ed era già stato l’obiettivo di due attentati terroristici, entrambi sventati. Era uno stress che si aggiungeva a quello del lavoro, per tutte le persone che ogni mattina entravano dalle porte a vetri al pianterreno. Il sollievo forse sarebbe giunto presto, e avrebbe avuto le sembianze del Wilshire Grand Center, un palazzo di vetro che si stava innalzando verso il cielo a poca distanza da lì. Una volta finito, avrebbe tolto alla us Bank Tower il primato di edificio più alto a ovest del Mississippi. E sarebbe probabilmente diventato un bersaglio al suo posto.
Bosch apprezzava ogni opportunità di guardare dall’alto la sua città. Quando era ancora un giovane detective, spesso si offriva per turni extra come ricognitore sugli elicotteri del dipartimento, solo per innalzarsi sopra Los Angeles e ricordarsi della sua vastità quasi infinita.
Guardò giù verso l’autostrada 110 e vide che era intasata fino a South-Central. Notò anche le piazzole di atterraggio sui tetti degli edifici sotto di lui. L’elicottero era diventato il veicolo preferito dall’élite per spostarsi. Aveva sentito che persino alcuni dei giocatori di basket meglio pagati dei Lakers e dei Clippers prendevano l’elicottero per andare al lavoro allo Staples Center.
Il vetro era abbastanza spesso da bloccare tutti i rumori. La città al di sotto era silenziosa. L’unica cosa che Bosch riusciva a udire era la segretaria alle sue spalle che rispondeva al telefono sempre con la stessa frase, ripetuta all’infinito: «Trident Security, come posso aiutarla?».
Osservò un’auto di pattuglia che si spostava veloce in direzione sud su Figueroa, verso il distretto del L.A. Live. Vide il numero 01 dipinto in grande sul cofano e seppe che si trattava di un’auto della Divisione Centrale. Poco dopo comparve un elicottero del lapd. A un tratto, una voce alle sue spalle lo strappò a quelle osservazioni.
«Signor Bosch?»
Si voltò e vide una donna in piedi al centro della sala d’attesa. Non era la segretaria.
«Sono Gloria» disse. «Abbiamo parlato al telefono.»
«Sì, certo» rispose Bosch. «L’assistente del signor Creighton.»
«Esatto. Piacere di conoscerla. Mi segua.»
«Bene. Ancora un po’ e sarei saltato dalla finestra.»
La donna non sorrise. Lo guidò lungo un corridoio con acquerelli in cornice perfettamente spaziati appesi alle pareti.
«Il vetro è resistente agli impatti» disse. «Può sopportare un uragano di forza cinque.»
«Buono a sapersi» replicò Bosch. «Comunque stavo scherzando. Il suo capo aveva la tendenza a far aspettare le persone, quando era vicecapo del dipartimento di polizia.»
«Oh, davvero? Non mi sembra che lo faccia, qui.»
A Bosch quella risposta sembrò assurda, visto che lei era appena venuta a prenderlo con un quarto d’ora di ritardo rispetto all’orario dell’appuntamento.
«Deve averlo letto in un manuale sul management, quando stava scalando i ranghi» disse. «Sa, quelle cose tipo far aspettare i clienti anche se arrivano puntuali, così sapranno che sei un uomo molto occupato e avrai buon gioco quando finalmente li farai entrare nel tuo ufficio.»
«Non ho familiarità con questa filosofia.»
«Forse è più una filosofia da poliziotto.»
Entrarono in un ufficio che era una specie di suite. Nell’anticamera c’erano due scrivanie, una occupata da un uomo poco più che ventenne, in completo giacca e pantaloni, e l’altra vuota: probabilmente era quella di Gloria. Raggiunsero la porta tra le due scrivanie, Gloria l’aprì e si fece da parte.
«Entri pure» disse. «Le porto una bottiglia d’acqua?»
«No, grazie» rispose Bosch. «Sono a posto così.»
Entrò in una stanza ancora più grande, con la zona ufficio a sinistra e quella informale a destra, e due divani l’uno di fronte all’altro, separati da un tavolino. Creighton era seduto alla scrivania, a indicare che si trattava di un appuntamento formale.
Erano trascorsi più di dieci anni, dall’ultima volta in cui Bosch l’aveva visto di persona. Non ricordava l’occasione precisa, ma doveva essere stato a una riunione della squadra, in cui Creighton era intervenuto per fare qualche annuncio riguardante gli straordinari o i protocolli di viaggio. All’epoca era il capo della contabilità, responsabile tra le altre cose del budget del dipartimento. E aveva il braccino corto. Era noto per le sue politiche rigide sugli straordinari, che richiedevano spiegazioni dettagliate scritte su moduli verdi, soggetti all’approvazione del
supervisore. Poiché l’approvazione, o il rifiuto, arrivavano di solito dopo che le ore di straordinario erano già state fatte, il sistema era visto come un tentativo di scoraggiare i poliziotti a lavorare fuori orario, o ancora peggio, di farglielo fare per poi negare loro il pagamento degli straordinari o costringerli a compensare con ore di permesso. Era stato in quel periodo che Creighton era diventato universalmente noto, tra i poliziotti, con il soprannome di «Cretino».
Quarta di copertina
"Picciridda" di Catena Fiorello, Giunti, 2017.
Harry Bosch ha sempre avuto un rapporto di odio/amore con il dipartimento di polizia di Los Angeles, ma ora quel rapporto è finito. Harry è in pensione. Quello che non è finito, invece, è il suo rapporto con le indagini, la "missione", come l'ha sempre definita, la scoperta della verità. E quindi decide di collaborare con la polizia di San Fernando, un territorio autonomo all'interno della città di Los Angeles, e di inventarsi un nuovo ruolo, quello di investigatore privato. Ma anche questa volta non c'è niente di convenzionale nel modo in cui sceglie di svolgere il suo lavoro. Harry non ha un ufficio, non si fa pubblicità ed è molto selettivo nei confronti dei suoi clienti.
Ma quando Whitney Vance, un uomo ricchissimo e molto solo, vicino allo scadere dei suoi giorni, vuole scoprire se davvero non esistono eredi a cui lasciare la sua fortuna, Bosch accetta di aiutarlo. Anche perché forse questi eredi esistono davvero: quando era giovane Whitney si era innamorato perdutamente di una ragazza messicana, che poi era stato costretto a lasciare dalla sua famiglia. Ma lei aveva un segreto…
Ha così inizio una ricerca mozzafiato. In gioco c'è una sterminata fortuna, e Bosch capisce subito che la sua missione può essere rischiosa per lui, ma soprattutto per la persona che sta cercando.
Tutto questo sullo sfondo di una città con cui Bosch ha un rapporto sentimentale e radici profonde, di cui anche questa volta ci descrive i panorami indimenticabili, dalla piccola San Fernando segnata dalla cultura ispanica, ai grandi grattacieli del mondo del business, alla villa di Vance, ricordo grandioso di un mondo passato. Una vicenda suggestiva e incalzante da uno dei più grandi narratori di oggi.
Ma quando Whitney Vance, un uomo ricchissimo e molto solo, vicino allo scadere dei suoi giorni, vuole scoprire se davvero non esistono eredi a cui lasciare la sua fortuna, Bosch accetta di aiutarlo. Anche perché forse questi eredi esistono davvero: quando era giovane Whitney si era innamorato perdutamente di una ragazza messicana, che poi era stato costretto a lasciare dalla sua famiglia. Ma lei aveva un segreto…
Ha così inizio una ricerca mozzafiato. In gioco c'è una sterminata fortuna, e Bosch capisce subito che la sua missione può essere rischiosa per lui, ma soprattutto per la persona che sta cercando.
Tutto questo sullo sfondo di una città con cui Bosch ha un rapporto sentimentale e radici profonde, di cui anche questa volta ci descrive i panorami indimenticabili, dalla piccola San Fernando segnata dalla cultura ispanica, ai grandi grattacieli del mondo del business, alla villa di Vance, ricordo grandioso di un mondo passato. Una vicenda suggestiva e incalzante da uno dei più grandi narratori di oggi.
★★★★★
Il buon giorno si vede dal mattino, dicono, e un buon incipit e una copertina accattivante possono essere il perfetto bigliettino da visita di un libro.
Secondo voi, quante stelline si merita il biglietto da visita di questo libro?
Tutti i nostri incipit:
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splendido inizio... questo.
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