I luoghi dei libri | Di Ilaria Biondi. Bologna, Bari e la quiete assolata dello scirocco, della polvere calda e degli orli spigolosi della Murgia in La pazienza dell'esposimetro, di Gaetano Benedetto.
Attraversare speranze e illusioni. Paure e fragilità. Perdono e desiderio. Le piaghe della sofferenza e le spine della colpa.
Nel guizzo dorato di albe perfette. Nelle schegge dolenti di lune solitarie. Nell’abbraccio segreto della traboccante Natura pugliese.
Una giovinezza che finisce. Una presa di coscienza che si fa tenace e necessaria. Amicizie che si riscoprono. Una voglia d’amare che arretra ed esita, spaurita, ma non si arrende.
Una moto. Fogli incisi di versi. Un perdersi e ritrovarsi, in un moto di inquieto smarrimento. Di andare e venire. Nelle rughe dello spazio. Nelle pieghe del tempo.
Un movimento fuori di sé che è anche (e soprattutto) metafora della ricerca dentro di sé.
Una prosa che sconfina nella poesia e a essa costantemente sogguarda.
Un filo narrativo assai ben congegnato, che rinuncia alla sequenzialità cronologica per sovrapporre sottilmente passato e presente, inizio e fine, anticipazione e retrospezione.
Una gran bella e convincente prova di scrittura, questa di Gaetano Benedetto, che si è aggiudicata il secondo premio al Concorso Letterario “Building Apulia per gli scrittori emergenti” 2013.
Un paese di provincia.
Un capannone illuminato da potenti fari, con il tetto crollato e pezzi di eternit che disegnano sagome surreali nel cielo.
Tutto comincia lì, nella luce che filtra da quel soffitto spalancato di stelle.
Nella notte che odora di benzene, polvere e schegge di felicità inattesa.
E dalle labbra umide di Ines, che si chinano gonfie di promesse su quelle di Mattia.
Due corpi giovani, che non si conoscono, e si abbracciano.
Cullati dai sobbalzi della moto, che li fa scivolare dal nero morbido del buio alla trasparenza di nuvola e salsedine di un’aurora smaltata in riva al mare.
Una nudità d’anima, che germoglia vita nel respiro della brezza e che accoglie e ritrova se stessa, nello stupore di un mattino nitido di splendore e di una voce capace di allontanare l’inerzia del cuore e la mediocrità dei giorni.
Ci si attacca alle tue braccia, alle tue dita per cadere in quest’alba.
Dopo una notte. La prima notte: ho conosciuto i tuoi occhi nei loro capitomboli di acqua marina, la tua pelle olivastra.
Istanti reali, che sfumano lentamente e inesorabilmente nel silenzio sospeso dei ricordi…
Schiacciati dalle ferite.
Raggelati dal gioco perfido della consapevolezza.
Smarriti – ma non perduti – nelle fibre della colpa, e del dolore.
Il passato è un luogo pericoloso.
L’orizzonte si fa vuoto, per Mattia, senza Ines.
Albe spezzate di solitudine. Venate di nuove braccia e parole.
Ma sulla sella della sua Ducati sembra esserci posto solo per lei.
Devo sforzarmi di non guardare se c’è Ines dietro di me.
Affida i suoi pensieri scomposti, le sue illusioni schiantate alla placida e impassibile coperta del cielo, dove rifulge un tramonto ardente e teso.
Sfila veloce sulla strada, accompagnato dal passo costante e tenace del mare, al quale racconta in silenzio le cicatrici che si porta dentro. Si astrae dal vociare disordinato dell’estate turistica, per accogliere nella fessura dello sguardo solo l’abbraccio lucente e sommesso delle acque.
È il mare che mi segue e, spero, mi protegga.
Quel mare e quella luce dai quali si separa per un pugno di ore che sembrano avere la durata indistinta e amara dell’eternità.
La vita precedente reclama i suoi diritti.
Errori da riparare.
Mani con cui ricongiungersi, prima che rotolino sul mondo le ultime tenebre.
La pazienza dell'esposimetrodi Gaetano BenedettoFaLvision Editore ISBN 978-8896931561 Cartaceo: 8,50 Questa è la storia di Ines e Mattia. È il loro vagare tra Bari e la Murgia. Ma è anche la storia di Giovanni, Marta, Francesca, Tania, Mauro e Martina, delle loro vite precarie. E amicizie e amori traditi. Un viaggio a Bologna farà crollare la sicurezza di una giovinezza infinita. Rimarranno i giri in moto e ad ogni sosta appunti da prendere per non lasciare andare via niente. Neanche la voglia di perdono. Per ricominciare. Per accettarsi e smettere di fuggire.. |
Bologna.
Un ospedale.
Pareti asettiche. Scalfite da lacrime pudiche e trattenute.
Un giardino, il volo cadenzato del vento.
Rimase il vuoto tra gli alberi in tutta Bologna. Il canto bello e monotono degli uccelli. Rimase l’erba ferma e il sospetto di un fiore fuori tempo che decideva a schiudersi.
Poi, il tempo riannoda i propri fili ingarbugliati, e il viaggio ricomincia.
Mattia varca di nuovo la soglia delle pupille di Ines.
Sono trascorsi cinque anni.
Il segreto stupore del ritrovarla, del ritrovarsi.
Sono trascorsi cinque anni.
Il segreto stupore del ritrovarla, del ritrovarsi.
Tutto era ripreso da dove avevamo lasciato con una naturalezza che mi inquietava e mi faceva stare bene.
In realtà, non eravamo così diversi ma solo più consapevoli.
Il pensiero non è privo di memoria. S’incupiscono – tra le parole – gli sterpi velenosi di odio, tradimento, egoismo, orrore della solitudine.
Ma le emozioni crepitano, fulgide e insistenti. Sospendono il giudizio, sul pericoloso ciglio che separa e unisce lo ieri e l’oggi.
Sfavillano nella quiete assolata dello scirocco, del polline, della polvere calda che si sperde sugli orli spigolosi della Murgia.
Affiorano, e sfiorano la loro pelle, in quella masseria custodita dalle fronde della quercia, dalle pale dei fichi d’India e dai muretti a secco, carezzata dagli ulivi immobili e dalle sofisticate ombre dei mandorli.Luogo difeso da una natura aspra, primitiva, ribelle, ruvida.
Spazio sospeso in cui la loro anima si concede, indifesa.
Universo chiuso su se stesso, che nell’erba, nelle pietre, nelle foglie, nel vento di maestrale conserva le tracce, le voci, il soffio di storie antiche e lontane.
Bellezza straziante, struggente, di limpido nitore, che sospinge Mattia e Ines a spogliarsi di ogni orpello, a farsi trasparenti, a guardare negli occhi il proprio sentire, senza infingimenti.
In un moto primordiale di unione e fusione con i battiti, i rumori, gli umori di quel paesaggio di così essenziale, sensuale, tellurica potenza.
La Murgia mi stava fissando, sentivo i suoi mille occhi puntati su di me. Ero stordito, immobile. Vulnerabile.
[Ines] accarezzava il tronco dell’ulivo per sentirne la consistenza ruvida e per nulla discreta. Ines respirava gli odori delle foglie ingiallite del mandorlo.
Mi sentivo come gli alberi, fuori. Immobile. Sicuro. E poi indifeso. Ruvido.
E come trascinata dallo scrosciare tuonante della pioggia battente, gronda l’esaltazione. L’eccitazione. La nostalgia. Il suono delle gocce forsennate diventa rifugio e solco di una felicità smarrita, accolta e inseguita da Mattia e Ines nella notte redenta di un’estate disperata di luce. Nell’incanto perfetto del vento sussurrante, della terra umida che si genuflette sotto le foglie disperse, inghiottite dai cespugli.
Dovevo cedere. E trovare il coraggio di ammettere che avevo bisogno di lei.
Poi il ritorno a Bari. All’operosità urbana.
Cosa li attenderà, dopo le ombre soffici del buio tenero e caldo che hanno coperto la loro anima?
Due corpi che si riconoscono. Che non vogliono più recidere lo spago che li lega e li intreccia. Che non sanno più ritrarsi. Che non possono più disperdere il tempo della propria pelle e dei propri desideri. Che ricompongono le proprie fragilità, insieme.
Mi abbandono al suo corpo. Lo riconosco. Ho ricercato questa complicità a lungo. La ritrovo mentre il vento mi suggerisce che le cose possono accadere.
Ora Mattia riesce a mettere a fuoco. Il suo esposimetro interiore, che ha atteso paziente, non si lascerà più sfuggire la luce giusta.
C’è un solo punto, un momento, che ci unisce.
È fermo e non ci lascia andare.
È un pomeriggio in treno e non si può cancellare.
Ora ci separa solo la notte.
Ilaria Biondi Laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Bologna. Durante il Dottorato di Ricerca in Letterature Comparate vive per lunghi periodi in Francia. Si occupa di traduzione letteraria e critica della traduzione, di letteratura francese e belga (in lingua francese) e letteratura tedesca dell’Ottocento. È appassionata di letteratura fantastica , science-fiction, letteratura al femminile, di viaggio, per l’infanzia e poesia. Raymond Radiguet. Giovinezza perduta, eterna giovinezza, Delta Editrice. In canti di versi, Il papavero. |
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