People A cura di Valentina Gerini Pablo Trincia, cittadino del mondo, col suo bagaglio culturale e la conoscenza di dieci lingue. Da Le Iene al giornalismo d'inchiesta con Veleno, ora dà voce ai viaggiatori dell'aeroporto di Malpensa in Hello Goodbye, in onda su RealTime.
Pablo Trincia è un tipo simpatico e alla mano. Lo si capisce anche dalla biografia che ha scritto sulla sua pagina Facebook. Deve il suo nome al grande poeta cileno Pablo Neruda e, come lui sostiene, ogni giorno deve farci i conti e spiegare il motivo del suo nome a tutti quelli che gli chiedono: «Ma perché Pablo e non Paolo?».
Giornalista freelance e autore televisivo, nato in Germania da madre Persiana e padre Italiano, si trasferisce con la famiglia in Italia quando ha quattro anni. La multiculturalità credo ce l'abbia nell'anima, ma a testimoniarlo c'è anche il fatto che conosce dieci lingue e le parla tutte bene: italiano, inglese, tedesco, swahili, hindi, wolof, francese, spagnolo, portoghese, russo... Qualcuna l'ha studiata, altre le ha imparate viaggiando e lavorando.
La vera ricchezza è comunicare con chiunque, perciò ai ragazzi dico: viaggiate, imparate le lingue.
L'avevo visto spesso nella trasmissione Le Iene. Devo dire che mi era rimasto impresso perché i suoi servizi erano sempre tra i più interessanti e, talvolta, anche difficili da riportare. Poi l'ho ritrovato nella prima puntata di una trasmissione che va in onda il venerdì alle 22.40 su RealTime (canale 31 del Digitale Terrestre): Hello Goodbye. Il programma, un format olandese sbarcato anche in Regno Unito, Canada, Stati Uniti e Belgio, è un reality show girato in aeroporto e si propone di raccontare le storie di chi arriva e chi parte. Quando ho visto la prima puntata, ho desiderato intervistare Pablo Trincia per saperne un po' di più e così l'ho chiamato. Una telefonata breve, ma ricca. Perché Pablo è una di quelle persone che quando racconta lo fa col cuore.
Ciao Pablo e grazie per la tua disponibilità. Vorrei rompere il ghiaccio parlando brevemente di te e del bagaglio culturale che ti sei costruito con le lingue. Quando si sanno così tante lingue e si viaggia molto ci si sente cittadini del mondo e si fanno proprie le altre culture. Ma quale lingua, se ce n'è una, senti più tua? E quale cultura?
L'inglese e lo Swahili mi escono naturali, forse perché li parlo in maniera fluida o forse perché li ho studiati per anni. Ma come lingua e cultura sicuramente l'italiano. Mi sento italiano prima di tutto, perché è in Italia che sono cresciuto, dove ho frequentato le scuole, dove ho passato gran parte della mia vita.
Tu sei un racconta storie e ciò che fai non è affatto facile. Non tutti riescono a entrare in sintonia con le persone. Come ci riesci?
Credo che il segreto sia l'interesse. A me sta veramente a cuore ciò che le persone mi stanno raccontato in quel momento. Sono curioso per natura, e ascolto con attenzione ogni parola che dicono. Penso che questa attenzione e interesse verso l'altro permettano alle persone di aprire una finestra dentro loro stessi. Una finestra dalla quale io posso entrare senza risultare invadente. E a quel punto non sono più un semplice ascoltatore, ma sono un ospite che sente da vicino, da dentro, la storia che viene raccontata.
Hello Goodbye promette bene. La prima puntata è stata sicuramente apprezzata da molti, soprattutto da chi, come me, adora gli aeroporti. Quando ho visto il programma ho pensato: finalmente qualcuno che dà all'aeroporto l'importanza che si merita. Te lo dice una che, da ragazza, andava all'aeroporto di Pisa e passava ore a guardare gli aerei partire e atterrare, a osservare la gente in coda ai check-in o ai controlli. Tu cosa pensavi degli aeroporti prima di fare questo programma e cosa pensi adesso?
Prima vedevo degli aeroporti come dei non-luoghi, delle semplici zone di transito. Adesso li considero dei luoghi affascinanti, ricchi di storie. Soprattutto gli aeroporti internazionali e grandi, come Malpensa, dove è girata il nostro reality, possono trasmettere davvero grandi emozioni. Sono quelli i posti in cui ci si dicono i veri Goodbye...
Raccontare storie in un aeroporto però non è facile. Tu che dici?
Hai ragione, parlare con le persone in aeroporto e metterle in condizioni di aprirsi non è affatto facile. Per questo ero un po' scettico quando Luna Berlusconi, la produttrice, mi ha proposto di fare il programma. Pensavo che non mi fosse possibile riuscire a entrare in sintonia con le persone in così poco tempo, io sono abituato a seguire le persone e raccontare la loro storia per un periodo di tempo più lungo. Qui si trattava di cambiare drasticamente modo di fare. Ma, dopo aver accettato e girato il programma, ho capito che per entrare in sintonia con le persone non serve necessariamente tanto tempo, ma semplicemente il modo giusto di porsi: l'empatia. In aeroporto c'è confusione, la gente ha fretta, è euforica, è triste... Si deve riuscire a creare una bolla di intimità che permetta alle persone di raccontare di sé come se fossimo soltanto io e loro.
Chi sceglie le persone con cui parlare?
Ci sono delle redattrici che girano per l'aeroporto di Malpensa e scovano le persone da intervistare. Ovviamente non mandiamo in onda tutte le interviste che facciamo, ma scegliamo quelle più belle. Alla fine è un'improvvisazione che a volte regala davvero delle emozioni magnifiche. Perché io spesso so poco o niente riguardo alle persone con cui andrò a parlare e in quindici minuti si deve raccontare una storia. Pensavo anche che non ci fosse tanta gente disponibile a parlare di sé, a mettere in piazza i propri sentimenti. E invece ho scoperto che molti si concedono con piacere per una intervista, seppur, a volte, siano necessarie persuasive opere di convincimento. Come la storia del signore che aveva il cane, nella prima puntata. Una storia forte, fatta di dolore per una persona cara che sta lottando per la vita in ospedale, e di felicità per riabbracciare una figliastra che è, ormai a tutti gli effetti, una figlia. Sono queste alcune delle storie che si trovano negli aeroporti, storie che vale la pena raccontare.
Qual è la storia più bella che hai ascoltato in Hello Goodbye?
Si tratta di una badante moldava. L'ho incontrata quando stava accompagnando suo figlio in aeroporto dopo le vacanze. Salutava il figlio, che viaggiava insieme alla nonna, la quale si occupa di lui in Moldavia. Mi ha raccontato di aver visto suo figlio solamente per due settimane l'anno. Praticamente lei cresce i figli degli altri per lavoro, ma non ha mai cresciuto il suo. Questa è una storia toccante e straziante, e questa donna è una delle tante. C'è un esercito di donne che, dall’est europa, lasciano la loro patria per andare a lavorare altrove, perdendosi così i giorni più belli della vita dei loro figli. Una realtà comune a tanti altri paesi dove le donne, per necessità, si spingono all'estero e lasciano a casa la loro famiglia.
Prima di salutarti, vorrei sapere quale modo di fare giornalismo credi ti si addica di più. Mi spiego meglio: sei giornalista sia su carta che in video e, ultimamente, anche in podcast, con Veleno di Repubblica. Quale tra tutte queste cose ti piace fare di più?
Veleno di Repubblica è una serie audio a puntate disponibile sul sito di La Repubblica, dove è possibile ascoltare i podcast e approfondire gli argomenti trattati, casi di cronaca nera, con contenuti extra. Ho adorato raccontare storie seguendo quel format e credo che quel modo di fare giornalismo sia ciò che voglio fare.
Caro Pablo, amo il tuo modo di approcciarti, parlare con te è stato piacevole, tanto che pensavo di conoscerti da anni. Credo che tu sia una persona comunicativa e che tu abbia un dono: saper ascoltare e raccontare le storie. Ti seguiremo sicuramente in questa tua avventura all'aeroporto di Malpensa. Appuntamento ogni venerdì sera alle 22.40 su RealTime con oltre 60 storie vere.
Caro Pablo, amo il tuo modo di approcciarti, parlare con te è stato piacevole, tanto che pensavo di conoscerti da anni. Credo che tu sia una persona comunicativa e che tu abbia un dono: saper ascoltare e raccontare le storie. Ti seguiremo sicuramente in questa tua avventura all'aeroporto di Malpensa. Appuntamento ogni venerdì sera alle 22.40 su RealTime con oltre 60 storie vere.
Valentina Gerini Ho due grandi passioni: i viaggi e la scrittura. Dei viaggi ne ho fatto la mia professione, diventando accompagnatrice turistica. La scrittura è il mio hobby. Mi piace avere una vita piena di cose da fare: sono una mamma, lavoro, collaboro con un mensile toscano, mi impegno a portare avanti il progetto Gli scrittori della porta accanto e scrivo libri. Volevo un marito nero, StreetLib - Collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione) La notte delle stelle cadenti, StreetLib - Collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione). Ponsacco-Los Angeles. Sulle tracce di Bruce Springsteen, StreetLib - Collana Gli scrittori della porta accanto. Storie di una assistente turistica, StreetLib - Collana Gli scrittori della porta accanto |
Ti siamo davvero riconoscenti per il tempo che ci hai dedicato. Se sei stat* bene in nostra compagnia, che ne dici di iscriverti alla NEWSLETTER SETTIMANALE per restare sempre aggiornat* sui nostri argomenti? Oppure potresti offrirci UN CAFFÈ o sostenerci acquistando i GADGET ispirati ai nostri libri. Te ne saremmo davvero grati!
Oppure potresti lasciarci un commento per farci sapere che ne pensi di questo articolo, il tuo feedback è davvero importante per noi.
NB: Gli autori non sono responsabili per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post. Tuttavia, verranno cancellati i commenti ritenuti offensivi o lesivi della immagine o della onorabilità di terzi, razzisti, sessisti, spam o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy e, in ogni caso, ritenuti inadatti a insindacabile giudizio degli autori stessi.
Posta un commento