Gli scrittori della porta accanto

Bambini in Tanzania: 5 idee low budget

Bambini in Tanzania: 5 itinerari slow budget

Mamme in viaggio Di Stefania Bergo Tanzania, paese di spiagge bianche setose e natura selvaggia, adatto anche ai bambini più piccoli: cinque itinerari low budget da Dar Es Salaam e Iringa. 

Con Emma sono stata in Tanzania già due volte. La prima, lei aveva cinque anni e siamo partite con papà Alessandro, mentre due anni dopo, come spesso accade, abbiamo viaggiato da sole per raggiungerlo all'ospedale missionario del CUAMM di Tosamaganga, nel villaggio di Ipamba, una quindicina di km da Iringa.
Abbiamo volato su Dar Es Salaam con compagnie differenti, Turkish Airline ed Ethiopian Airline, che per i voli intercontinentali offrono sempre gadget e menu speciale per i bambini, sia da Venezia che da Bologna. 


Chiaramente, prenotando il volo con largo anticipo o monitorandone l'andamento del prezzo, è possibile prenotare on line direttamente sul sito delle compagnie aeree risparmiando qualcosina.


Una volta atterrati a Dar Es Salaam abbiamo soggiornato nella dimora del CUAMM, in attesa di altri volontari per ottimizzare il viaggio verso Iringa. Che fare dunque per ingannare il tempo?
Ecco quindi qualche suggerimento per chi, come è successo a me, si trova a Dar Es Salaam, anche solo di passaggio per un paio di giorni. Si tratta di itinerari facilmente raggiungibili in dala dala, i piccoli autobus locali, o in tuk tuk o con barche messe a disposizione dai pescatori.

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Bongoyo Island

È un’isoletta di fronte Dar Es Salaam, con una ricca foresta e una lingua di sabbia bianca che penetra l’oceano, fa parte della riserva marina della Tanzania ed è raggiungibile con un servizio di barchette a motore dalla costa in una mezz’oretta, al costo di circa 20$ per un viaggio di andata e ritorno. Gli orari di partenza della barca sono fissati, ogni due ore a partire dalle 9:30 del mattino fino alle 15:30. L’ultima corsa per il ritorno è alle 17:00. L’unico inconveniente è che se non ci sono almeno quattro persone a bordo la barca non parte e si deve attendere due ore per la partenza successiva. Fortunatamente, quel giorno c’erano altri due ragazzi danesi, expat, che volevano raggiungere l’isola, così abbiamo preso la barca delle 12:30.
A bordo non ci sono i giubbotti di salvataggio e dato che allora Emma non sapeva ancora nuotare (aveva cinque anni), le ho infilato i braccioli per la traversata (paturnie da mamma), anche se l’oceano, all’andata, era calmo.
Il pescatore ci ha fatti scendere e poi è tornato sulla costa, dandoci appuntamento per l’ultima corsa di ritorno.
L’isola è incantevole. Un ciuffo di verde su un profilo allungato di sabbia bianca polverosa, lambita su due lati dall’oceano. Al centro, una decina di ombrelloni di paglia con lettini di foglie di banano intrecciate e tronchi di legno. Ci si può mettere dove si vuole, ovviamente, e se non ci sono molti altri turisti, come quel giorno, pare di essere i padroni dell’intera isola e si sperimenta il senso di solitudine dei naufraghi… che poi è il mio ideale di “mare”! Una solitudine apparente, comunque, perché sull’isola c’è un incantevole ristorante sulla spiaggia, all’ombra di un fitto palmeto. Il personale, molto cordiale, ci ha chiesto subito di scegliere cosa volessimo per pranzo in modo da poterlo pescare o raccogliere e preparare per noi. Ho scordato per un giorno la mia scelta alimentare vegana e ho ordinato spiedini di pesce, mentre Emma ha preferito i gamberoni e Alessandro il granchio. 

Bongoyo Island e Village Museum

Nell’attesa ci siamo crogiolati al sole, non prima di aver fatto un bagno nelle acque calde e calme della parte d’oceano che separa l’isola dalla costa. Ho riempito Emma di crema solare protezione 50+, le ho infilato una maglietta di cotone bianca, una bandana e gli occhiali da sole per proteggerla dal sole equatoriale a picco. Lo so, i consigli del pediatra e del buonsenso l’avrebbero forzata a stare all’ombra almeno fino alle 16:00, ma non avevamo che quel giorno, sulle cinque settimane di permanenza in Tanzania, per goderci l’oceano…
Il pranzo è stato davvero squisito. Nel piccolo ristorante, fatto di tronchi di legno e tettoie di figlie di banano, c’è anche il frigorifero e la televisione, ma credo quest’ultima interessi solo ai locali. Non c’è il pavimento, come nella “casetta piccolina in canadà”, quindi è stato bellissimo, anche per Emma, pranzare con i piedi conficcati nella sabbia setosa. Il pesce era perfettamente cotto e aromatizzato con lime e cocco. Il tutto accompagnato dall'immancabile chapati, dai samosa ripieni di tonno e lime e, per noi grandi, un paio di birre gelate, mentre per Emma ovviamente acqua rigorosamente in bottiglia.
Non c’è molto da fare sull’isola se non crogiolarsi al sole, addormentarsi all’ombra con la brezza dell’oceano che rinfresca la pelle o passeggiare in cerca di conchiglie o tra le palme. Basta fare attenzione alle onde nella parte “aperta” dell’oceano, perché nel pomeriggio diventano più dispettose! Una, ad esempio, ha travolto Emma e me, facendomi cadere rovinosamente su di lei che è finita sott’acqua. Ma l’impeto dell’oceano è finito presto e ancora oggi, quando lo raccontiamo, ci facciamo delle grasse risate, soprattutto pensando a papà che nel frattempo se la dormiva alla grande!

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Zanzibar

Ovviamente, per chi ama l'oceano e ricerca il relax e la natura incontaminata, c'è anche Zanzibar, di cui vi ho raccontato altre volte. La scorsa estate ci sono stata per una sola notte prima del volo per l'Italia, dato che è facilmente raggiungibile anche in giornata grazie ai voli charter che impiegano appena 25 minuti per arrivare sull'isola, o alle corse in ferryboat per la stessa cifra, circa 35$, che però impiegano dalle due alle tre ore.
A Zanzibar è poi possibile soggiornare in strutture turistiche meno costose a sud dell'isola, quella ancora meno battuta dal turismo di massa, come ad esempio l'Uhuru Beach Hotel a Jambiani.



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Village Museum

Il Village Museum è un interessante sito a cielo aperto che offre l’opportunità di osservare 16 tradizionali abitazioni tanzaniane e le usanze delle diverse tribù. Si trova circa 9 km a nord del centro, sulla strada per Mwenge e Bagamoyo. Se ci si arriva in dala dala si scende alla fermata Makumbusho che è lì di fronte. Il museo è aperto dalle 9:30 alle 18:00, tutti i giorni.
Si possono vedere capanne del passato o attuali, appartenenti alle diverse tribù del paese, perché se da un lato alcune popolazioni ormai vivono in case di mattoni, dall’altro sussistono persone che abitano nel bush isolato ferme a un centinaio d’anni fa, edificando abitazioni di sterco e rami secchi. I tipici contrasti dell’Africa.
In certi momenti della giornata, è possibile anche godere dello spettacolo di danze tribali eseguite da diverse compagnie. L’anno scorso siamo state fortunate e abbiamo potuto ammirare uno spettacolo solo per Emma e me, in cambio di qualche scellino oltre il biglietto (di circa 3€).
Nell’area vicino all’uscita ci sono sempre bancarelle con la tipica oggettistica fatta a mano e le stoffe multicolori. Emma ha voluto una matita con la testa della giraffa intagliata nel legno e dipinta, io ho acquistato un paio di presine per la cucina e una collana di perle fatte con la carta di giornale e colorate.

Da Dar Es Salaam ci siamo spostati a sud ovest, verso Iringa e le verdi colline d’Africa di Hemingway, la nostra destinazione finale.

Anche qui c’è la possibilità di fare escursioni e scoprire luoghi e persone sempre per pochi euro. Il primo anno abbiamo fatto un safari al vicino Ruaha National Park, mentre la seconda volta siamo andati alla scoperta della preistoria, passeggiando per i canyon di Isimila.

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Isimila

Isimila Stone Age è un luogo magico in cui è possibile passeggiare tra canyon naturali e reperti risalenti all'età della pietra, come punte di lancia, fionde e strumenti da taglio primitivi. Si può arrivare a Isimila usando i mezzi pubblici, partendo da Iringa con un dala dala, basta chiedere all'autista di farsi lasciare al bivio per Isimila, da dove si può proseguire a piedi per 15 minuti. Il tutto per soli 1.500 scellini, meno di 1€.


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Ruaha National Park

Il Ruaha è una riserva incontaminata a sud della Tanzania, indicato come uno dei migliori safari in Africa. Ha una superficie di 20.000 kmq e costituisce il Parco più esteso della Tanzania, 480 km a ovest di Dar Es Salaam. È caratterizzato da una vegetazione semiarida tra cui spuntano come funghi maestosi baobab e le caratteristiche acacie del classico profilo africano stagliato nel sole al tramonto. È preferibile visitarlo proprio nella stagione secca, da giugno a ottobre.
Come sempre, c’è la possibilità di alloggiare nei lodge o fermarsi anche solo per uno spuntino, anche se, generalmente, sono molto costosi.
Ci sono tre fasce di costo del biglietto d'ingresso, pagabile anche con carta di credito o prenotabile direttamente sul sito. Per i non residenti:

  • gratis per bambini fino a cinque anni;
  • 15$ per bambini fino ai 16 anni;
  • 30$ per gli adulti.

Ruaha National Park

Il parco è raggiungibile anche con voli charter che atterrano direttamente nelle vicinanze, con partenza da Arusha, Dodoma, Kigoma e Dar Es Salaam. Il costo del volo da Dar Es Salaam è tra i 300 e i 400$ a seconda della compagnia aerea (Costal Aviation, Auric Air). Per chi vuole mantenere un budget contenuto, può anche raggiungere Iringa in autobus, come abbiamo fatto noi, in circa nove ore, per poi proseguire, magari il giorno seguente, per il parco. Il viaggio da Dar Es Salaam è un ulteriore safari, dato che si attraversa un altro parco, il Mikumi, ovviamente senza dover pagare il biglietto d'ingresso.


Noi siamo partiti da Iringa alle 5:00 del mattino. Un viaggio relativamente breve, circa due ore e mezza, per 120 km di strada sterrata ma ben tenuta. Abbiamo avuto la fortuna di avere un autista nato e cresciuto nel villaggio che si trova proprio al centro del parco, così conosceva i percorsi migliori, le strade meno battute dai turisti e più popolate di animali, oltre a consigliarci un ristorante decisamente economico, destinato generalmente alla gente del luogo, ma pulito e con un’incantevole vista sulla savana sconfinata, data la sua posizione su una collina. Nel pomeriggio, invece, ci ha condotti fino al suo villaggio, dove abbiamo fatto sosta in un bar per prendere almeno qualche soda fresca. E per Emma è stato divertente vedere un gruppetto di avventori intenti a guardare una partita di calcio alla televisione (“Mamma, ma c’è la televisione anche qui!”) in un locale con le pareti di fango e il pavimento in terra battuta. Ancora i soliti contrasti africani…
Il giro al Ruaha è stato meraviglioso! Abbiamo visto tantissimi leoni, intere famiglie con i cuccioli, anche a pochi passi. Ed elefanti, soprattutto femmine con i piccoli (si fa per dire! Abbiamo anche rischiato di farci speronare da una elefantessa minacciosa - con le orecchie spalancate - che pensava a proteggere la prole, senza sapere che noi volevamo solo passare e andare oltre, senza disturbare). Per non parlare delle giraffe, sempre famiglie al completo, branchi di zebre e bufali, ma anche gnu, impala, gazzelle, una iena addormentata tra le rocce, coccodrilli e ippopotami e una grande varietà di scimmie e uccelli. È stato avventuroso anche guadare i fiumi, quasi del tutto in secca ma con insidiose sabbie che rendevano difficile la risalita sulle sponde, regalandoci ulteriori emozioni.

Quest'estate torneremo in Tanzania per qualche altra settimana e chiaramente proveremo qualche altro itinerario stimolante. Sempre rigorosamente low budget!


Stefania Bergo
Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro.
Con la mia valigia gialla, StreetLib collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione).
Mwende. Ricordi di due anni in Africa, Gli scrittori della porta accanto Edizioni.


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