Palcoscenico Di Tamara Marcelli. Il monologo teatrale di Jimmy Porter, dalla commedia in tre atti del 1956 Ricorda con rabbia, di John Osborne.
Ricorda con rabbia, di John Osborne, Einaudi 1997 cartaceo 9,77€
John Osborne è un drammaturgo inglese (1929-1994). Nel 1964 vinse il Premio Oscar per la migliore sceneggiatura per il Film "Tom Jones" diretto da Tony Richardson, tratto dall'omonimo romanzo del 1749 di Henry Fielding, uno dei fondatori del romanzo realista inglese.
Chi non ha un mondo suo si diverte a rimpiangere il tramonto di un mondo altrui.
Io credo che uomini della nostra generazione non siano più capaci di morire per una buona causa.
Non c'è più alcuna buona e nobile causa che valga la pena.
Monologo di Jimmy Porter
Chiunque non abbia mai visto morire un uomo, soffre di un grave caso di verginità.
[Il suo buon umore di qualche momento prima sparisce e comincia a ricordare]
Per dodici mesi ho guardato mio padre che stava morendo, avevo dieci anni allora. Era tornato dalla guerra di Spagna. Laggiù qualche pio gentiluomo l’aveva conciato in tal modo che non gli restava più molto da vivere.
Tutti lo sapevano… anch’io lo sapevo. Ma, vedete, io ero l’unico a cui dispiaceva. La sua famiglia era imbarazzata da tutta la faccenda. Irritata e imbarazzata. Mia madre, poi, non era in grado di pensare che a una cosa sola: al fatto di essersi legata ad un uomo che sembrava trovarsi sempre dalla parte sbagliata, in tutto. Mia madre sarebbe stata lietissima di appartenere alle minoranze, purché fossero quelle che stanno in cima alla scala sociale. Noi tutti aspettavamo che morisse. La famiglia gli mandava un assegno ogni mese, e sperava che la facesse finita tranquillamente, senza volgarità e senza chiasso. Mia madre si limitava ad occuparsi di lui senza lagnarsi. Forse le faceva pena. Credo fosse capace di provare compassione.
[Disperato]
Ma io ero l’unico a cui dispiacesse veramente! Ogni volta che mi sedevo sull’orlo del suo letto e lo ascoltavo parlare, certe volte mi leggeva dei libri, dovevo lottare per non piangere. E alla fine di quei dodici mesi ero diventato un veterano. L’unica persona che stava ad ascoltare quel pover’uomo fallito e febbricitante era un ragazzino spaventato. Passavo delle ore in quella piccola stanza da letto. Mi parlava ore ed ore, raccontando gli avanzi della sua povera vita a un ragazzo solitario e sgomento, che riusciva a capire appena la metà delle sue parole. E tutto quello che riusciva a percepire era la disperazione e l’amarezza, l’odore dolce e nauseante di un uomo che muore.
Capite, ho imparato molto giovane cosa vuol dire l’angoscia, il non poter far niente, l’essere senza aiuto. E non lo dimenticherò mai. Quando avevo dieci anni io sapevo dell’amore, del tradimento… e della morte, molto più di quanto voi ne saprete probabilmente in tutta la vostra vita!
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Tamara Marcelli |
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