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Interiors, la recensione

Interiors, la recensione

Cinema Recensione di Davide Dotto. Interiors, il primo film drammatico di Woody Allen, festeggia quarant'anni.

La vita è troppo breve per sedersi sulle tragedie.
- da Settembre, Woody Allen, 1987
«Riesco a fare i film che voglio fare, e così per un anno, mentre lavoro a un film, riesco a vivere in un mondo irreale, popolato da belle donne e uomini arguti e situazioni drammatiche e costumi e scenografie, e posso manipolare la realtà. Sono fuggito verso una vita al cinema, ma dall’altro lato della macchina da presa, e non dal lato del pubblico.»
- Eric Lax, Woody Allen dall'inizio alla fine, Utet 2017
Interiors ha da poco compiuto quarant'anni: è il primo film drammatico di Woody Allen, e il primo in cui non recita. Interiors è preceduto da Io e Annie, del 1977 e seguito da Manhattan, del 1979. In tutte e tre appare, tra le protagoniste femminili, Diane Keaton.
Il titolo indica molte cose: la professione di Eve (decoratrice di interni), l'ambientazione, la feroce analisi psicologica che non risparmia nessun personaggio. Ogni membro della famiglia — Eve, il marito, le figlie (Renata, Flyn e Joey), i rispettivi compagni — si pone al centro del medesimo cerchio, esacerbando l'individualismo più spinto, a scapito di un sentimento di comunità.
Nessuno è in grado di aiutare nessuno, concentrato com'è sulle proprie necessità, su un significato del vivere quotidiano che non riesce a darsi. Se Renata (Diane Keaton) è angosciata dalla paralisi creativa, dalla precarietà, altri sono depositari di aspettative impellenti.


I temi affrontati da Woody Allen in Interiors sono gli stessi dei film precedenti, ma senza una via d'uscita.

I temi affrontati sono gli stessi dei film precedenti, nei quali i problemi di coppia, l'assurdità dell'esistenza, la morte, sono esorcizzati da realtà alternative (si pensi a La rosa purpurea del Cairo, 1985), dal registro della commedia e dalle battute di spirito:
Anche da piccolo io mi buttavo sulle donne sbagliate. Credo che sia questo il mio problema. Quando la mamma mi portò a vedere Biancaneve, tutti quanti erano innamorati di Biancaneve. Io no. Io mi innamorai subito della Regina Cattiva.
- da Io e Annie, 1977
In Interiors, invece, manca una qualsiasi via d'uscita. Non ci sono argini agli sviluppi più drammatici, né alla rivalità feroce e senza sbocchi tra congiunti, consci che non vi sia un lieto fine assicurato per ciascuno.
Chi persegue la felicità con feroce determinazione, fa terra bruciata intorno. È il caso di Arthur (E.G. Marshall), che decide di separarsi da Eve. È l'unico, insomma, a volere ciò che è necessario e ad amare ciò che vuole.  È il solo a muoversi, con leggerezza, sulla scacchiera delle possibilità. Gli altri appaiono privi di una volontà decisiva, insoddisfatti e incontentabili, intenti a nutrire il senso di colpa o l'innata fragilità che consuma.




Interiors

REGIA Woody Allen
SCENEGGIATURA Woody Allen
FOTOGRAFIA Gordon Willis
ANNO 1978
CAST
Diane Keaton, Mary Beth Hurt, Geraldine Page, Rihard Jordan, E.G. Marshall, Maureen Stapleton, Sam Waterson

La scelta del padre di andare a vivere per conto suo (soluzione in origine provvisoria) dà il colpo di grazia a un edificio che già fatica a stare in piedi. 

Si fa strada la consapevolezza che non si risolverebbe granché a cedere, andare incontro, risollevare le altrui vite. O si è troppo forti, o si è troppo deboli.
Le sorelle si fanno ombra opprimendosi a vicenda: l'introspezione non è d'aiuto, le disquisizioni metafisiche alimentano il malessere e la zavorra dell'animo, il tutto «fagocitato da uno stile di vita anonimo».
Eve, imprigionata in una tenaglia lacerante, non può permettersi di essere cattiva, né di mostrare unghie che non possiede, perché poco, alla fine, le sarà perdonato. Ha timore della solitudine, non ha la forza di imporsi, né di difendere lo spazio conteso dai suoi cari.


È questa la "colpa" di Eve (interpretata da Geraldine Page): fare continuamente i conti con ciò che può e non può affrontare. Le sue basi sono la famiglia, il marito, le figlie, in una parola i suoi avversari. Ciò non ne fa un personaggio da tragedia, avendo deposto armi che non ha mai impugnato. Sembra non esservi spazio per i giudizi morali (in fondo «Non è colpa di nessuno»). Qui si tratta di una vera e propria lotta per la sopravvivenza, uno sforzo inusitato e incessante per allontanare in qualunque modo l'inevitabile crollo definitivo.




Davide-Dotto

Davide Dotto
Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie.
Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni.


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