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Recensione: La misura eroica, di Andrea Marcolongo

Recensione: La misura eroica, di Andrea Marcolongo

Libri Recensione di Davide Dotto. La misura eroica di Andrea Marcolongo (Mondadori). C'è ancora posto per il passato nel nostro futuro? Perché la paura deve essere necessariamente un sentimento di cui vergognarsi?

Tra le lacrime prese a maledire Nemesi, ignorando che il fallimento è parte della fallibile, dunque umana vita, e scambiandolo invece per vendetta della sorte.
Ogni lingua presuppone un particolare modo di vedere la realtà.
- La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco
La misura eroica di Andrea Marcolongo non è solo un resoconto approfondito e trascinante delle imprese degli Argonauti, in particolare quella di portare in patria il vello d'oro da una remota regione dell'Oriente conosciuto (la Colchide) consentendo a Giasone la liberazione del padre, il cui trono è usurpato dallo zio (Pelia).
Il libro, un viaggio in mare aperto, fa da ponte, in tutti i sensi, tra un universo antico e uno moderno che hanno smesso di colloquiare da un pezzo.
Πόντος ha la tessa radice dei nostri «ponti» sulla terraferma […] è il mare il ponte sullo stretto da sempre. È quella striscia d’acqua a unire la Sicilia alla Calabria, mentre noi contemporanei vediamo solo lo strappo, la distanza, la fretta, l’impedimento, la separazione.
Ciò influenza (e pregiudica) la comprensione stessa dei testi giunti fino a noi, essendosi offuscato, assai spesso, il significato di morfemi, suffissi che dir si vogliano, di cui ancora ci avvaliamo.

Qualcosa in termini di progresso si è guadagnato, ma cos'è andato perduto?

Si pensi solo all’ospitalità dei Greci (ξενία – xenìa), tratto così distintivo da renderlo proverbiale:
Se mai un antico Greco dovesse osservare la nostra contemporaneità inorridirebbe di fronte alla parola xenofobia, che greca non è affatto […] E forse quel Greco si vergognerebbe a morte e ci richiederebbe indietro le sue antiche parole, perché l’ospitalità su cui si fondava la sua idea è oggi associata da noi moderni alla paura (phòbos).

Inseguendo gli Argonauti di Giasone, per mare e in terre lontane, tra l’Europa allora conosciuta e la Colchide, affiora con precisione il ritratto dell’eroe antico (ἥρως): qualcuno che si mette alla prova costantemente, e non una volta soltanto.
Fondamentale, per Giasone, è il sostegno dei suoi compagni e soprattutto l’appoggio di Medea, senza la quale (come Teseo con Arianna), non si sarebbe orientato nel ginepraio di intralci e intoppi nel corso delle avventure affrontate. Anche Medea accetta una sfida non da poco (quella di lasciare la sua famiglia e la sua terra): il viaggio e, con esso, la scommessa che ne discende.


Le prove cui devono sottostare gli eroi appaiono spesso sproporzionate, praticamente impossibili. 

Occorre, per farvi fronte, qualcosa di ulteriore e di diverso dal solo coraggio. In una parola, tutto un gioco di circostanze, occasioni, luoghi e presenze che sono di ostacolo o fanno da guida.
Se la prova è eccessiva, l'eroe è tenuto a mantenere il senso della misura e delle proporzioni e non pretendere di divenire, già da subito, quello che non è ancora. In mancanza non sarebbe umano, ma divino (o un semi dio tipo Ercole, che fa storia a sé):
Ogni uomo aveva la propria vita con cui mettersi eroicamente alla prova secondo il proprio unico metro.
È quanto, in fondo, suggerisce la figura di Némesis, dispensatrice di giustizia e castigatrice della dismisura.
Capito questo, qual è la prova di Giasone?
«Arriva, irrimandabile, il viaggio che spinge gli uomini a salpare» così Apollonio Rodio nelle Argonautiche.

Ecco l’invito perentorio a fare rotta verso l’ignoto. La rinuncia non è contemplata, nemmeno se il destino fosse la sconfitta (o la morte). È questa la misura eroica. 

Non è, quindi, disonorevole la disfatta né lo scoramento che consegue:
I Greci chiamavano Aνάγκη (Anánkē) lo smarrimento dell’eroismo umano: la necessità di dover obbedire a quello che viene, a quello che capita. Senza poter scegliere. 
La sconfitta, come la nave da abbandonare perché affonda, appartiene al numero delle possibilità. Presuppone anzi un’arte (τέχνη/téchne) tutta particolare, quella di sopravvivere ai naufragi. Non si tratta di una fuga. Il naufragio stesso è una prova tra le tante, consentendo di vincere se stessi nel mezzo delle avversità (delle tempeste, dei capricci della fortuna). Questo lo spirito di How to abandon ship, un manuale inglese del 1942 che, capitolo dopo capitolo e di esergo in esergo, ci accompagna nella lettura.

La concezione dell'eroe è notevolmente cambiata nel corso dei millenni (e non solo dei secoli). Muta, e nella maniera più radicale, il momento stesso della prova

Unica, non replicabile, non rinviabile né rinnovabile. Oggi assomiglia molto a una perenne competizione sportiva. A essere smisurata non è la prova ma, per definizione, l’eroe. In tempi moderni l'eroe designa sempre più spesso il vincente, chi arriva sempre primo (e a ogni costo). Da ciò deriva l'emarginazione del numero uno (il numero della solitudine):
La solitudine è paradosso, antinomia, la contraddizione umana per eccellenza. Tutti vogliamo essere soli, cioè unici, ma mai vorremmo ritrovarci isolati, solitari, senza nessuno accanto.
È quello che succede quando si alimenta un sentimento di inadeguatezza e di irreparabile incompletezza, proprio della narrativa del Novecento. Al quale si tenta di sfuggire non con il coraggio ma con la sconsideratezza e la temerarietà, o con il superomismo a oltranza.

La misura eroica

di Andrea Marcolongo
Mondadori
ISBN 978-8804687122
Cartaceo 14,45€
Ebook 8,99€

Sinossi
Giasone è solo un ragazzo quando, inesperto del mare e della vita, insieme ai compagni Argonauti salpa con la nave Argo, la prima costruita da mano umana, verso la remota Colchide alla ricerca del leggendario vello d'oro. Per poi, vittorioso, fare ritorno con l'amata Medea nell'Ellade, fra le paure, le tentazioni e le insidie proprie di ogni lunga navigazione in mare aperto. Quella narrata da Apollonio Rodio nelle Argonautiche, e ripresa da Andrea Marcolongo in queste pagine, è la storia universale e sempre attuale del delicato passaggio all'età adulta di un ragazzo e una ragazza, che trovano la "misura eroica" attraverso il viaggio e l'amore. Ed è il racconto della difficile arte di partire, abbandonando la terraferma e varcando quel confine che siamo chiamati a superare ogni volta che qualcosa di potente ci accade e ci cambia per sempre. Per diventare grandi, non importa quanti anni si abbiano. Poiché, però, prendere il mare significa esporsi al pericolo di naufragare, ai versi del capolavoro della poesia ellenistica l'autrice affianca, in una sorta di controcanto, la prosa disadorna ma pregnante di How to Abandon Ship - Come abbandonare una nave - un manuale inglese del 1942 che qui, a dispetto del titolo, non rappresenta un manuale di fuga, ma un compendio di strategie per resistere e superare i naufragi della vita.
Andrea Marcolongo torna a scrivere per raccontare il suo personale viaggio verso quella agognata Itaca che è per tutti l'età adulta. Forse l'unico modo, sicuramente il più sincero, per rispondere alle domande dei suoi tanti lettori. La misura eroica ci ricorda quello che ogni viaggiatore dovrebbe sapere. Qualunque meta non è mai il punto di arrivo, ma è innanzitutto il punto di svolta: il senso di qualunque scelta, di qualunque viaggio, non è il dove si arriva, ma il perché si parte.

Davide-Dotto

Davide Dotto
Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie.
Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni.


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