Cinema Di Mario D'Acunto. Prima assoluta mondiale sul grande schermo per Life = Cinematic Imperfections, il film-documentario del regista siriano Avo Kaprealian, al 36° Torino Film Festival.
Prima assoluta mondiale sul grande schermo per Life = Cinematic Imperfections, di Avo Kaprealian, film con cui il regista ha partecipato al 36° Torino Film Festival.Un modo innovativo, anche se non da primo ingegnere, con cui Avo Kaprealian stravolge la classica concezione di “film”, l’idea tradizionale di sviluppo narrativo ad essa sottesa, con un’alternanza di sequenze che travolgono lo spettatore e al contempo appaiono lente, nude e crude nella loro drammaticità.
Chiare marche registiche risultano allora l’assenza quasi totale di dialoghi e la sporadica presenza di una voce extra-diegetica, oltre all’adozione di un sonoro che spesso riproduce in maniera fedele i naturali rumori che circondano il set. Il silenzio e la conseguente sensazione di vuoto, trasmessa magistralmente dai gesti e dagli sguardi dei pochi attori in scena, creano “una sfera” nella quale lo spettatore si interroga su questioni esistenziali e in cui si trova a muoversi: realtà devastante, cinema, teatro, letteratura, metacinema e metateatralità. Una commistione di elementi che con il contributo di qualche “scossa sonora” a ritmo di rock, riesce a far desistere lo spettatore (o almeno chi decide di esserlo sino alla fine) dal desiderio di abbandonare la sala.
Life=Cinematic Imperfections di Avo Kaprealian: siamo all’interno di un impero della mente.
Non spaventatevi... nulla a che vedere con il Lynch di Inland Empire. Siamo nell’insieme di ramificazioni e di direzioni che la nostra mente intraprende nello svolgersi della nostra esistenza. Il tutto alla velocità di un click.Forse è proprio qui il senso del titolo: “Life” è vita e la nostra vita, sembra dirci Avo Kaprealian, è proprio un susseguirsi di imperfezioni in un continuo mutamento funzionale all’unità del tutto, ma allo stesso tempo autonomo nel suo manifestarsi nel presente. Imperfezioni che, se riprese, diventano cinematografiche nella loro stessa imperfezione. Perché non esiste la perfezione e tanto meno il film vuole essere perfetto.
Ci troviamo di fronte a un film-documentario che è allora composto da tanti film, legati da un’unità che è presente quantomeno a livello di contenuto.
Un’opera d’arte, che in quanto tale è aperta e portatrice di un esempio. Senza scomodare Wittgenstein, ci basti ricordare che l’opera d’arte vive nel continuo dialogo tra essa e il suo fruitore. E probabilmente è così che Avo Kaprealian ha concepito il suo film: un’opera d’arte sempre aperta, in continua evoluzione.
Vi starete chiedendo cosa ne è della trama e del finale… beh, chi ha ben letto, ha ben inteso!
Visione consigliata: sì.
Mario D'Acunto Sono un cantautore e studente universitario in Letteratura, Musica e Spettacolo presso l’Università La Sapienza di Roma. Ho visto nascere la mia passione per la musica sui banchi di scuola, scrivendo il mio primo brano durante una lezione di Greco. Ho iniziato ad appassionarmi al cinema, materia di studio nel mio corso, con spirito critico. Mi piace viaggiare e rimanere incantato davanti alle bellezze della natura. Credo l'arte, che si tratti di musica, cinema o letteratura, sia una delle più alte manifestazioni dello spirito umano, da accogliere, condividere e trasmettere… |
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