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Recensione: Ascesa e declino dell'Europa nel mondo, di Emilio Gentile

Recensione: Ascesa e declino dell'Europa nel mondo, di Emilio Gentile

Libri Recensione di Davide Dotto. Ascesa e declino dell'Europa nel mondo, 1898 - 1918 di Emilio Gentile (Garzanti). Una sintesi che fa luce sulle ragioni profonde di quanto avvenuto (e avviene) nei decenni successivi alla Prima Guerra Mondiale.

Stiamo giungendo alla fine di un lungo anniversario: considerando l'inizio, lo svolgimento e la sua conclusione, tra il 2014 e il 2018 sono trascorsi cento anni dalla Prima Guerra Mondiale. Il 2019 è il centenario del Trattato di Versailles, a mezzo del quale si è tentato di risolvere numerose e antiche questioni che hanno provocato il conflitto appena cessato e, in quanto irrisolte, avrebbero dato origine a quello seguente (oltre al Nazionalsocialismo e al Fascismo).

La sintesi di Emilio Gentile fa luce sulle ragioni profonde di ciò che sarebbe avvenuto nei decenni successivi all'attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914. 

È, infatti, con tale episodio che si infrange definitivamente il precario equilibrio internazionale che ha mostrato, qua e là, ben più di una crepa. Da questo momento l'Europa intera precipita nell'abisso.
È stata data la colpa a molte cose, per esempio al socialismo, all'Illuminismo e al Romanticismo, al farsi strada delle ideologie estreme che conosciamo. È Fernand Braudel a dire che:
L’Europa era sull’orlo del socialismo, ma anche della guerra, e in pochi giorni cadde nel baratro.
Luciano Canfora, 1914 (Sellerio)
Non è agevole discutere di cause prime, le quali nel loro insieme precedono di gran lunga il 1914, anno col quale si vorrebbe fare iniziare il Novecento, secolo breve per antonomasia.
L’intervallo temporale preso in esame (1898 – 1918) è convenzionale fino a un certo punto. Non si allontana più di tanto da sintesi analoghe. Norman Stone nel libro La grande Europa prende come riferimento il periodo tra il 1878 e il 1919; Mario Silvestri, ne La decadenza dell’Europa occidentale vol I Gli anni del trionfo  valuta quello tra il 1890 e il 1918. Per non parlare del saggio di Eric J. Hobsbawm L'età degli imperi, (1875-1914).
Nulla vieterebbe di tenere a mente, come termine a quo, il 1871, a conclusione della guerra franco-prussiana da cui prende avvio il sistema bismarckiano e tutta una serie di questioni territoriali e diplomatiche di enorme impatto in occasione del Trattato di Versailles. Significativa, a riguardo, una nota tratta dal diario di Silvio Crespi (7/11/1918):
I francesi lanciano l’idea che Versailles sia la sede delle trattative di pace: Versailles dove nel 1871 fu proclamato l’impero germanico.
Silvio Crespi, Alla difesa d'Italia in guerra e a Versailles (Mondadori)

Le analisi dei testi sopra citati si concentrano sull’ascesa e il trionfo inusitato dell’Europa a fronte di un declino e di una decadenza drammatici, di cui hanno sofferto i grandi imperi del passato: al momento di massimo splendore e massima espansione territoriale (apogeo) subentra la fine, il crollo (perigeo). Mario Silvestri non a torto ricorreva all'efficace immagine della supernova. Si deve solo precisare che si trattava, in questo caso, di un unicum nel suo genere:
Nessun impero nel passato aveva mai esteso tanto il proprio dominio.
Emilio Gentile, Ascesa e declino dell'Europa nel mondo, 1898 - 1918

Dal 1898 in poi si pone su scala mondiale un eurocentrismo senza precedenti. L'Europa domina il mondo in quella che è un'effettiva globalizzazione. 

Essa opera su moltissimi piani. In primis, la civiltà europea fa valere la supremazia morale idealizzata dagli Illuministi del Settecento (sul punto rimando a Federico Chabod, Storia dell'idea di Europa).
Attraverso di essa l'Europa si arroga il diritto di conquistare e sottomettere le civiltà "inferiori", consolidando i suoi già vasti possedimenti coloniali.
Il primato è totale: militare, politico, economico, commerciale, finanziario. Per non parlare della supremazia scientifica (grazie alla fisica quantistica di un Max Planck, 1900, e alla teoria della relatività di un Einstein, 1905).
Volendo sono i frutti che si raccolgono da quanto seminato nel c.d. secolo meraviglioso (il XIX), conclusosi con la Seconda industrializzazione caratterizzata dal connubio – mai accaduto prima – di scienza e tecnologia.

A trionfare, però, è un'Europa vecchio stampo, ancora ottocentesca

Nella corsa all'ascesa non ha modo di adeguare il proprio pensiero. Su troppi fronti è impreparata e difetta dell'opportuna lungimiranza. Sull'orlo delle guerre mondiali (che non ha voluto nessuno, prodotte sull'onda di automatismi e ingranaggi diplomatici fuori controllo), il conflitto più sanguinoso che si ricordasse era quello franco-prussiano del 1870. Le stesse rivendicazioni italiane durante (col Patto di Londra) e dopo la Grande Guerra (concepita come la quarta guerra d'indipendenza) avevano ancora carattere risorgimentale.



Le contraddizioni erano assai profonde.

Il miglioramento senza precedenti delle condizioni di vita si unisce a una timida attenzione per i diritti umani, anche se non si è maturi per il principio di eguaglianza. Si dovrà attendere, per questo, la dichiarazione universale del 1948. Manca, tra i principi che si faranno strada, il ripudio della guerra per la risoluzione delle controversie internazionali, sebbene si senta l'esigenza di «lenirne i mali per quanto consentissero le necessità militari». Se la guerra era ineliminabile, almeno la si umanizzasse «con regole che tutti dovevano impegnarsi a rispettare».
I presupposti di un progresso senza fine aprono le porte al benessere e, ci si illude, alla pace tra i popoli. L'Esposizione Universale di fine secolo a Parigi è l'entusiastico inno alle promesse della modernità.

I paradossi che si sono via via creati hanno alimentato un circolo vizioso che avrebbe condotto alle guerre mondiali.

L'indiscusso primato europeo si accompagna, suo malgrado, a un'accesa competizione tra i singoli stati. Ciascuno non rinuncia a ritagliarsi il proprio spazio e divenire un altrettanto indiscusso protagonista. Così la Francia, l'Inghilterra, la Germania, l'Italia. Nel frattempo si completa l'esplorazione del mondo conosciuto,  sempre più piccolo ed affollato.
L'altra faccia del progresso (scientifico-tecnologico) rendeva non auspicabile il conflitto tra le nazioni, considerando la conquista dei cieli e la forza distruttiva delle nuove armi a disposizione. A parlare nello specifico di guerre mondiali era la letteratura distopica del tempo, ma non solo:
Pittori e poeti d'avanguardia furono affascinati dalle visioni di una imminente grande guerra, con l'epicentro in Europa e ripercussioni su tutta l'umanità.
Emilio Gentile, Ascesa e declino dell'Europa nel mondo, 1898 - 1918
È del 1898 il libro La guerre future di Jan Gotlib Bloch che, si dice, impressionò lo zar Nicola II, a tal punto da spingerlo a organizzare la conferenza di pace dell'Aja.

Tutto questo rinforzava la fiducia nel primato europeo, da cui il diritto (o persino il dovere) di civilizzare gli altri popoli. 

Le argomentazioni a corredo alla fine erano assai deboli e prive di fondamento, come risulta quella adoperata durante le trattative di pace, al fine di sottrarre alla Germania le sue colonie:
I vincitori per giustificare la spoliazione delle colonie sostengono che il popolo tedesco non è civilizzatore, perché distrugge le popolazioni anziché educarle, e citano esempi di massacri organizzati di intere tribù.
Silvio Crespi, Alla difesa d'Italia in guerra e a Versailles (Mondadori).
Difficile dire qualcosa di diverso negli altri casi.
L'imperialismo europeo, altrettanto inevitabile della guerra, è l'elemento propulsore del progresso. Finché non fosse venuta meno la politica coloniale era impensabile si facessero strada principi con essa incompatibili.

Ad emergere invece, fino a ricevere una pretesa validità scientifica, fu il mito della superiorità della razza. 

È del 1853 la pubblicazione dell' Essai sur l'inégalité des races humaines del conte Joseph Arthur de Gobineau, alla base di successivi testi del medesimo genere e a fondamento delle future leggi razziali:
Fenomeno propriamente moderno, il razzismo aveva origine dalle prime teorie sulle differenze fra le razze elaborate nella cultura illuminista, con l'adozione di una interpretazione delle differenze in termini di superiorità e inferiorità all'interno di una gerarchia genetica delle razze umane.
Emilio Gentile, Ascesa e declino dell'Europa nel mondo 1898 - 1918.
Come si vede il quadro che si profila è assai complesso e parte da lontano. È tale da produrre chiare implicazioni nel tempo presente: si pensi alla guerra jugoslava, solo per fare un esempio. Non tutte le questioni che si ponevano sul piatto ben cento anni fa si sono risolte: alla base vi è il mito del progresso senza fine che non mancò (e non manca) di corrodere l'Europa ottocentesca (e quella dei nostri  giorni), portando alla crisi modelli ritenuti consolidati e irrinunciabili. Al suo interno, poi, vi era (e vi è) il lavorio incessante di interessi fin troppo contrapposti, uniti a gruppi di pressione, partiti, emergenze che, a vario titolo, si fecero, si fanno e si faranno sentire. Non ultimo, a distanza di cento anni, lo spettro del ritorno di ideologie che non avrebbero ragion d'essere, eppure fomentano ai nostri giorni cultura e spiriti.


Ascesa e declino dell'Europa nel mondo
1898 - 1918

di Emilio Gentile
Garzanti
Saggio storico
ISBN 978-8811149675
Cartaceo 18,70€
Ebook 14,99€

Sinossi

Ci fu un tempo in cui l'Europa era il centro del mondo. La sua supremazia si estendeva su tutto il pianeta, in ogni campo del sapere e dell'agire. Accadeva cento anni fa, all'apice di un'ascesa iniziata quattro secoli prima, con la scoperta del Nuovo Mondo e la circumnavigazione dei continenti da parte di intrepidi navigatori. All'inizio del Novecento la guerra appariva un rischio evitabile con la diplomazia, dopo oltre quarant'anni di pace e di progresso che sembravano destinati a durare e a diffondersi nel mondo. Improvvisamente, con la Grande Guerra, l'ottimismo crollò e l'Europa mondiale naufragò nella tempesta che essa stessa aveva scatenato. Con verve narrativa e affascinante erudizione, Emilio Gentile ricostruisce l'apogeo dell'Europa e il ruolo di vero e proprio laboratorio che l'Italia giocò in quegli anni: il nostro fu uno dei paesi in cui si manifestarono i primi segnali della crisi di un intero continente e i sintomi del crepuscolo di una civiltà di cui ancora oggi, a distanza di un secolo esatto, viviamo le conseguenze. Ricostruire quel che accadde in quella stagione può aiutare a comprendere quel che succede oggi nel mondo del terzo millennio, in un momento in cui l'Europa, sempre più indecisa, rischia di scivolare verso una definitiva e pericolosa marginalità.
Davide-Dotto

Davide Dotto
Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie.
Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni.


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