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Recensione: Questa è l'America, di Francesco Costa

Recensione: Questa è l'America, di Francesco Costa

Libri Recensione di Davide Dotto. Questa è l'America, di Francesco Costa (Mondadori). Il racconto dei meccanismi e delle contraddizioni di un paese che continua a funzionare.

Ci sono molti posti del mondo di cui sappiamo meno che degli Stati Uniti d’America, ovviamente, ma non ci sono posti con un divario più ampio degli Stati Uniti tra quello che crediamo di sapere e quello che sappiamo effettivamente.
Francesco Costa, Questa è l'America
Questa è l'America, di Francesco Costa, racconta i meccanismi e le rilevanti contraddizioni di un paese che, tutto sommato, continua a funzionare pur passando di shock in shock, di disillusione in disillusione. Ciò grazie a un'economia solida e in crescita.
Vi sono circoli viziosi che non mancano di intersecarsi. Gli Stati Uniti sono un paese evoluto con un alto tenore di vita e un livello di criminalità critico. Il quale pone sul piatto un problema di sicurezza al quale risponde l'exploit nel possesso di armi da fuoco. Non essendovi limiti al loro acquisto da parte di soggetti psicolabili, indubbiamente la cosa produce a sua volta maggior criminalità e insicurezza.

Un altro esempio è l'eccessivo consumo di farmaci, in particolare oppiacei. 

L'abuso di pasticche (per dimagrire, dormire o attenuare un dolore cronico) è causa di un'epidemia senza precedenti. Ha favorito il mercato nero, la riduzione (tra il 2016 e il 2018) della stessa aspettativa di vita. Per non parlare dell'alterazione dei normali processi cognitivi e, tanto per cambiare,  l'incremento della criminalità, il bisogno di sicurezza, un maggior ricorso alle armi per difesa personale.
Emblematiche, sotto ogni aspetto, le vicende raccontate nel film Requiem for a dream, della regia di Darren Aronofsky.
A parte l'esito fatale di overdose accidentali, alcune eccellenti, in genere l'opinione pubblica non presta attenzione a simili «tracolli individuali». Tuttavia è qui che emerge il corto circuito – non nuovo in verità – tra problemi individuali e collettivi.
Le dinamiche, i punti di vista - di chi in America ci vive o la osserva da fuori – ne fanno una realtà composita e non facile da interpretare.

Gli Stati Uniti rappresentano per l'Europa un modello sotto il profilo dell'unità politica e monetaria. Viceversa, il Vecchio Continente ha significato, per il Nuovo Mondo, un'esperienza da cui, sin da subito, prendere le distanze.

All'inizio si trattava di non sprecare la seconda chance, dandosi una costituzione e una struttura che scongiurassero gli innumerevoli conflitti europei che conosciamo. Quando nel 1789 veniva eletto George Washington, di lì a poco sarebbe scoppiata la Rivoluzione Francese, culminata nel Terrore del 1793 a causa di due parole che faticavano a stare insieme, libertà e uguaglianza. Son cose che avevano ben capito i Greci, inventori della democrazia. Lo spiega bene Luciano Canfora, Il presente come storia.
Il modo in  cui libertà  e uguaglianza vengono declinate sono lo specchio di interconnessioni profonde. Oltreoceano la tradizione democratica è un tutt'uno con la libera iniziativa, il sogno americano privo di mezze misure,  che premia ingegno e idee. Di "uguali" vi sono le opportunità di riuscire nella vita:
l’idea attorno alla quale è nato il predominio economico statunitense è la libertà: la libertà di pagare meno tasse possibile e decidere autonomamente se investire i propri soldi per costruirsi una pensione o per curarsi, senza che debba occuparsene lo Stato come fosse una mamma; la libertà di fare quello che si vuole del pezzo di terra che si possiede, senza dover chiedere permessi a qualcuno per costruirci sopra una casa; la libertà di difendere la proprietà privata come meglio si crede, quindi anche con le armi, senza affidarsi necessariamente a un’autorità che comunque sarà riconosciuta fino a un certo punto.
Giovanni Borgognone, Storia degli Stati uniti

Sempre di corsa, l'America è un paese che non si ferma, a costo di deragliare di brutto – inquietante il motto «Prima spara, poi si fanno domande». 

Non tutti sono in grado di reggere i frenetici ritmi di una competitività forsennata. Dietro i self made men ai quali si chiede di fare la differenza, c'è chi si trova alla base della piramide economica: un sottoproletariato a basso reddito che non può permettersi la costosa assistenza sanitaria e  necessita della tanto avversata spesa sociale (welfare).
Non è l'individuo a realizzarsi, ma l'idea alla quale lui (per esempio Charles Kane nel film Quarto potere di Orson Welles) o lei (nel caso di Rossella O'Hara) sacrificano la propria storia personale. A imporsi come una legge universale sono la libera iniziativa, la glorificazione del lavoro, la crescita, il mito dell'essere primi a tutti i costi (in una sorta di competizione che si estende, da decenni, in campo internazionale).  Di fatto un  «credo inculcato nella coscienza collettiva» (così Alan Friedman, Questa non è l'America) in grado di esorcizzare la paura delle paure:  la povertà, il bisogno, l'indigenza.

Il potere (sia esso quello politico o economico) è il miglior antidoto contro uno stato di cose che schiaccia, con i propri ingranaggi, la persona comune.

Diversamente che in Europa, sembra assente una contrapposizione vera tra una classe povera e una ricca: chiunque non sia membro della classe media aspira a farne parte a qualunque costo.
L'istantanea fotografica riprodotta tra le pagine di Francesco Costa non può che essere ambivalente, tenuto conto di recenti opere analoghe (per esempio l'analisi di Alan Friedman), ma anche di opere letterarie o cinematografiche di un'America  che parla di sé, spesso senza sconti.
La realtà americana è assai sfaccettata. Non è questione di "regni del Bene" contrapposti a quelli del "Male" ma, forse, di un filone di eventi difficili da decifrare (in questi casi si parla di Zeitgeist), con un percorso fissato sin dall'inizio. Ovvero nel momento in cui, alla conquista del Nuovo Mondo, si sentiva la necessità di non commettere gli stessi errori dei cugini europei. A costo di compierne altri, e non meno terribili.



Questa è l'America

di Francesco Costa
Mondadori
Saggio
Cartaceo 15,30€
Ebook 9,99€

Sinossi 

Ci sono pochi posti nel mondo dove il divario tra quello che crediamo di sapere e quello che sappiamo è tanto ampio quanto nel caso degli Stati Uniti. L'influenza statunitense nei nostri consumi è così longeva che pensiamo di conoscere bene l'America quando in realtà, nella gran parte dei casi, la nostra idea è un impasto di luoghi comuni e poche informazioni concrete. Convinti che gli statunitensi siano tutti armati fino ai denti, non sappiamo, per esempio, che la metà delle armi in circolazione in America è posseduta dal 3 per cento della popolazione. Coltiviamo il luogo comune per cui gli Stati Uniti usino la mano pesante contro l'evasione fiscale e i reati dei cosiddetti colletti bianchi, ma in carcere ci vanno ancora soprattutto ragazzi neri. Ragioniamo e discettiamo sulla cultura americana e sulla sua idea di Stato e libertà, paragonando il tutto a quello che succede qui da noi, senza sapere o tener conto che gli Stati Uniti sono un Paese molto poco popolato: ci sono più persone nella sola New York di quante ce ne siano in 40 dei 50 Stati. Siamo abituati a leggere l'intera politica estera statunitense innanzitutto sulla base del petrolio, e della necessità di trovarlo, ma oggi gli Stati Uniti sono pressoché indipendenti dal punto di vista energetico. L'elenco potrebbe continuare. Allo stesso modo, abbiamo accolto il risultato elettorale più clamoroso in quasi tre secoli di storia statunitense, la vittoria del repubblicano Donald Trump alle presidenziali del 2016, a pochi anni di distanza dell'elezione di Barack Obama, primo presidente nero, come la logica e prevedibile conseguenza dei nostri luoghi comuni. Eppure ci sono fatti e cambiamenti profondi e non sempre visibili che spiegano eventi così straordinari. In quest'anno così cruciale per la politica statunitense, che porterà all'elezione di un nuovo presidente o alla rielezione di Trump, Francesco Costa riflette sulle trasformazioni e i problemi dell'America, quella vera, raccontandoci il doloroso ma inesorabile smarrimento di un Paese speciale che diventa ogni giorno più normale.
Davide-Dotto

Davide Dotto
Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie.
Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni.


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