Gli scrittori della porta accanto

Recensione: Una domenica, di Fabio Geda

Recensione: Una domenica, di Fabio Geda

Libri Recensione di Maria Civita D'Auria. Una domenica di Fabio Geda (Einaudi). Un libro che offre tanti spunti di riflessione «sulle imperfezioni dell'amore, sui rimpianti, sulla vita che resta».

La storia raccontata in Una domenica di Fabio Geda, ambientata ai nostri giorni, riguarda una famiglia perbene di Torino; una come tante altre, con i propri problemi, piccoli e grandi.
Il padre è un ingegnere in pensione di sessantasette anni che, grazie al suo carattere deciso e forte, ha costruito ponti in giro per il mondo, soprattutto in Venezuela. Vedovo da otto mesi, si ritrova nella sua casa di Lungo Po Antonelli, solo e fragile.
Ha tre figli: Sonia, Giulia e Alessandro, lontani da Torino. Sonia è sposata con Marco e ha due bambine: Greta e Rachele. Vive in campagna, vicino a Biella.
Giulia, voce narrante, vive a Roma e lavora per il teatro, cosa che il padre non ha mai approvato. Non si fa mai sentire e, anche per questo, è la figlia più difficile. Infine c'è Alessandro che lavora all'Agenzia Europea per le sostanze chimiche, vive a Helsinki e comunica solo tramite computer.

Il vecchio padre invita Sonia e la sua famiglia a pranzo una domenica di novembre.

Ci tiene che tra le pareti risuonino, di tanto in tanto, delle voci. Sente il bisogno di accudire la famiglia, cosa che in passato non ha mai fatto. Ma il sabato precedente, mentre si accinge a preparare un pranzo gustoso per Sonia, il genero e le nipotine, attingendo al ricettario della moglie tanto rimpianta, squilla il telefono. È Sonia. Sta andando al pronto soccorso con Rachele, la figlia più piccola, sette anni compiuti a settembre. È caduta dall’albero di cachi nel tentativo di cogliere i frutti maturi da portare al nonno. Si è rotta un braccio e, così, il pranzo salta.

Preoccupato e amareggiato, il padre va a fare una passeggiata. Si dirige verso lo skatepark, di fronte al motovelodromo.

C'è solo un ragazzino con una felpa un po' grande e un capello giallo da cui spuntano ciuffi scuri e ribelli. Su una delle due panchine davanti alle rampe, è seduta una donna giovane dall'aria un po' malinconica e seccata. Il padre ha un aspetto bizzarro e stridente, lei ha un pallore scandinavo. Lui ha i capelli neri e spessi, lei biondi tagliati corti. Sono molto diversi. Se il vecchio può apparire un uomo prestante e valoroso, lei ha un'aria da coniglietto spaurito: guarda con ansia le acrobazie del ragazzino sullo skateboard, che cade, rovinando al centro delle rampe. Il padre scatta in piedi, entra in pista e, quando gli è sopra, ha accanto la donna della panchina.

L’ingegnere in pensione fa la conoscenza di Elena e di suo figlio Gaston.

Una parola tira l’altra e, senza riflettere molto, l'uomo invita i due a casa propria.
Elena esita, ma poi è talmente tanta la voglia di raccontarsi e condividere i propri problemi che accetta l’invito.
L’ingegnere confida di aver perso la moglie a causa di un grave incidente, otto mesi prima, nel tornare dall’incontro con una vecchia compagna di scuola. Parla del suo lavoro che lo ha portato in giro per il mondo riducendolo a fare il padre part-time. Vorrebbe, ora, recuperare il tempo perduto. Ma i suoi figli sono lontani. Elena racconta di suo marito Oliver, originario della Nuova Zelanda e artista di strada, che a causa di un aneurisma, appena usciti dal supermercato,  è caduto in terra tra la salsa di pomodoro e le arance. Non si è alzato più.

A trentacinque anni Elena si sente vecchia per qualunque cosa, anche per fare l'infermiera come ha sempre desiderato fin da bambina.

Il vecchio, allora, cerca di spronarla a reinventarsi, ricominciando da capo. In fondo si è vecchi solo quando i rimpianti superano i sogni.
Questo modo di scuotere Elena, mi è piaciuto molto. Mostra un atteggiamento ottimista nei confronti della vita di cui, ognuno di noi, dovrebbe fare tesoro, non smettendo mai di sperare nelle svolte positive che spesso offre l'esistenza.
Dopo le parole dette a Elena, e la domenica trascorsa a costruire modellini di skateboard con Gaston, anche il vecchio padre si sente genitore e nonno «in un modo nuovo». Tanto che alla fine della giornata si fa promettere di vedersi ancora.
Lo stile di Una domenica di Fabio Geda è gradevole, leggero anche se, a causa dei temi trattati, trasmette al lettore un po' di malinconia. È indubbiamente un libro che offre tanti spunti di riflessione «sulle imperfezioni dell'amore, sui rimpianti, sulla vita che resta».



Una domenica

di Fabio Geda
Einaudi
Narrativa
ISBN 978-8806241865
Cartaceo 15,20€
Ebook 8,99€

Sinossi 

Un uomo che ha trascorso quarant'anni costruendo ponti in giro per il mondo, ed è da poco rimasto vedovo, ha preparato con cura un pranzo di famiglia. È la prima volta. Ma una nipote ha un piccolo incidente e l'appuntamento salta. Preoccupato, con addosso un po' di amarezza, l'uomo esce a fare una passeggiata. E conosce Elena e Gaston, madre e figlio, soli come lui. Si siederanno loro alla sua tavola, offrendogli la possibilità di essere padre, nonno, in modo nuovo. Trasformando una normale domenica di novembre nell'occasione per riflettere sulle imperfezioni dell'amore, sui rimpianti, sulla vita che resta.
In equilibrio tra nostalgia e speranza, Fabio Geda racconta con voce unica, commovente, una giornata che racchiude un'intera esistenza. Una storia che prima o poi ci attraversa, o ci sfiora, tutti.


Immagine di copertina: © Jack Finnigan
Maria Civita D'Auria

Maria Civita D'Auria
Ho frequentato i corsi di archeologia, storia dell'arte e scrittura creativa presso l'università popolare eretina e ho collaborato come giornalista esterna per la rivista NOIDONNE, MINERVA, EPOCA. Ho vinto diverse edizioni dei concorsi letterari della Montegrappaedizioni e sono arrivata finalista con il racconto di “Gianna e Nicoletta” alla terza edizione del concorso letterario RacconTIAMO della Valletta edizioni.


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