Cinema Recensione di Stefania Bergo. Trolls World Tour, il sequel del celebre film d'animazione della DreamWorks. Questa volta lo scontro è sui generi musicali.
Anche il cinema si adatta alla pandemia e per rispettare sia la quarantena e le disposizioni dei governi di tutto il mondo, sia la programmazione delle uscite dei film nelle sale, Trolls World Tour, il sequel del celebre film d'animazione della DreamWorks uscito nel 2016, ha fatto il suo debutto in digitale sulle principali piattaforme di TV on demand a pagamento. Dal 10 aprile, infatti, è possibile vedere il cartone animato standosene comodamente sul proprio divano. Molte la piattaforme su cui il cartoon è disponibile, come indicato direttamente sul sito della casa di produzione americana, fra cui Prime Video, Sky Primafila, Timvision, Apple TV, Google Play e Infinity.Tornano i trolls di zucchero filato e pannolenci della DreamWorks, con la loro contagiosa positività: abbracci, feste glitterate e album dei ritagli. Ma questa volta non sono soli.
Si scopre che di comunità di trolls ce ne sono tante, tutte legate a un differente genere musicale, nate per "contaminazione" da sei tribù principali: Pop, Funk, Classica, Techno, Country e Rock. Ogni comunità cela una corda colorata che, tesa e pizzicata, produce l'armonia primaria. Ma la crudele regina rock, Barb, le vuole tutte per sé, per riunire in un unico genere musicale, ovviamente il suo, tutti i trolls.Una "guerra" tra generi musicali realistica spiegata ai bambini. Soprattutto per far capire loro quanto sia insensata. Perché non esiste un genere musicale per eccellenza, quello migliore di tutti gli altri, esistono solo gusti personali differenti e a partire dalle stesse sette note si possono creare miriadi di armonie meravigliose, a volte frutto di favorevoli contaminazioni. Un po' come succede per le persone, che a partire dallo stesso materiale genetico, hanno dato vita a tutte le sfumature del mondo.
Poppy, sempre animata da inguaribile ottimismo, parte alla volta del regno del Rock, intenzionata a diventare amica della regina Barb, dando per certe le sue buone intenzioni malgrado il padre e Branch la mettano in guardia.
Non solo per una visione del mondo fatta di lustrini e di momenti dell'abbraccio – o di album dei ritagli, così tanto contestati da Branch in passato. Poppy vuole dimostrare di essere una brava regina, di avere a cuore la sua comunità e di voler creare un mondo migliore in condivisione con le altre tribù. Sente sulle sue spalle il dovere non solo di essere ma anche, e soprattutto, quello di dimostrare di essere. Che poi è quello che accade troppo spesso alle donne quando ricoprono ruoli dirigenziali e si sentono in obbligo di dimostrare continuamente di meritarselo – chissà se le intenzioni della DreamWorks erano di parlare velatamente ai bambini anche di questo tema.Barb, invece, non sente il bisogno di dimostrare nulla, nemmeno di essere forzatamente amica di Poppy per il semplice fatto di essere sua pari. Perché l'amicizia, come l'amore, non è dovuta: gli amici si scelgono, è fisiologico, e l'amicizia si rafforza nel tempo, attraverso esperienze comuni, non a priori.
Tra colpi di scena, gag slapstick e computer grafica fluorescente, vince senza dubbio la musica.
Anche alla mia bimba di nove anni è piaciuta proprio la varietà delle canzoni della colonna sonora, sempre curata da Theodore Shapiro. Nella versione originale si avvale delle voci di Anna Kendrick, Justin Timberlake e Ozzy Osbourne. In Italia, il sequel di Trolls è stato affidato, tra i nomi più noti del panorama musicale nostrano e non solo, a Francesca Michielin (Poppy, doppiata nel film del 2016 da Elisa), Stash dei The Kolors (Branch) ed Elodie (Barb). A dimostrazione di quanto la musica sia la vera protagonista di questo psichedelico sequel – molte le cover di canzoni memorabili, come quella di Rock You Like a Hurricane degli Scorpions.Oltre ai generi delle comunità principali di trolls, le canzoni, originali e non, spaziano dal reggae allo yodel, abbracciando davvero molti generi, avvicinando ai bambini anche il concetto di contaminazione creativa e associando le note ad uno stile di vita, sottolineato dal diverso aspetto e carattere dei trolls delle differenti correnti musicali.
Con un messaggio dichiarato e non sottinteso che va oltre l'ipocrisia: non è vero che siamo tutti uguali e non dobbiamo sforzarci di esserlo. La vera bellezza nasce proprio dalle differenze.
A Trolls World Tour si può imputare, a detta di molti, la mancanza di un chiaro filone narrativo – Prince D sembra addirittura seguire un copione differente, affrontando un viaggio personale alla ricerca di risposte sulla propria esistenza. Ma gli si deve riconoscere di aver valorizzato la multiculturalità, messa nelle sfumature di colore e della musica, curiosamente legate a filo doppio – soprattutto nel momento in cui si perdono, rappresentando un mondo grigio e silenzioso. Un tesoro prezioso da difendere. Uniformare il tutto non significa andare oltre le differenze, significa non vederle affatto, ritenerle qualcosa da nascondere. Le differenze non vanno livellate ma valorizzate.Del resto, è vero che tutta la musica è un ripetersi ritmico delle stesse, solite sette note, ma questo non significa che dobbiamo ascoltare un'unica armonia uniforme. Ve lo immaginate un mondo senza Mozart e i Queen?
Stefania Bergo |
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