Gli scrittori della porta accanto

Vita da gastronoma, racconto di Claudia Gerini

Vita da gastronoma, racconto di Claudia Gerini

Inediti d'autore Racconto di Claudia Gerini. Vita da gastronoma, dedicato ai clienti abituali e a tutti i colleghi che, come me, passano più tempo tra le mura di un supermercato che nella propria casa.

Sono ormai più di venti anni che lavoro in un supermercato. Ne avevo ventitré quando sono stata chiamata per il mio primo contratto a tempo determinato. La mia destinazione sarebbe stata la barriera casse ma il destino ha voluto che in quei giorni fosse andata in maternità un’addetta alle vendite del reparto gastronomia.
Ed è così che sono diventata una gastronoma.
Fare la gastronoma è uno dei lavori più belli che io abbia mai fatto ma allo stesso tempo uno dei più duri e faticosi. Lavorando dietro ad un banco si impara veramente un mestiere. Ci sono i prodotti e le materie prime da conoscere, le lavorazioni che sono molte e vari livelli di difficoltà.
Devi essere una brava venditrice perché non sempre un prodotto si vende da solo.

E poi c’è il cliente.

La persona che ogni giorno ti sceglie per portare in tavola i prodotti che vendi.
Sì, perché il cliente non sceglie solo il supermercato. In una realtà abbastanza piccola come la mia, il cliente sceglie anche chi gli vende le cose.
Lavorare in un supermercato in una piccola cittadina, dove quasi tutti si conoscono per nome, credo davvero che sia una fortuna. Ti mette davanti una realtà che spesso, nella frenesia di tutti giorni, viene dimenticata. Il cliente che ti chiama per nome, che ti chiede come stai o con il quale puoi scherzare e fare una battuta, è merce sempre più rara.
Ed è a loro e tutti i colleghi che, come me, passano più tempo tra le mura di un supermercato che nella propria casa, che è dedicato questo racconto.
La sveglia suona presto questa mattina, alle cinque in punto. Il mio turno di lavoro inizia alle sei. In un’ora devo, in quest’ordine: cercare di svegliarmi in fretta mettendomi l’anima in pace e alzarmi dal calduccio del mio letto; fare colazione, perché l’idea di affrontare le seguenti sette ore a digiuno non è di certo una buona idea; darmi una parvenza di decenza mettendo almeno un filo di trucco sulla faccia che pare uscita da un libro di Stephen King; sghiacciare il vetro della macchina, che d'inverno sembra avere cinque centimetri di ghiaccio depositato sopra; guidare senza andare a sbattere, cercando di “indovinare” la strada a memoria perché il vetro non farà mai in tempo a sbrinare; cambiarmi e indossare la divisa da lavoro; timbrare il cartellino. Alla fine di questa lista sicuramente anche voi vi sentirete già stanchi, come me!
Invece la giornata è appena iniziata.

Che cosa ci vorrà mai a tagliare un po’ di prosciutto e due spicchi di formaggio?

In realtà prima di arrivare ad affettare quel prosciutto o quei due spicchi di formaggio le cose da fare sono davvero tantissime. Così, in religioso silenzio, come richiede l’ora estremamente mattutina, mi metto a rifornire i vassoi del banco dei formaggi e a sistemare i prosciutti e i salami del retrobanco. Metto a cuocere polli e arrosti che devono essere pronti, belli caldi e fumanti per l’orario di apertura. L’attività è frenetica in tutti i reparti del supermercato. Si sentono le voci dei colleghi che in corsia riforniscono gli scaffali di scatolette e detersivi.
Davanti a me i ragazzi dell’ortofrutta scherzano e ridono mentre posizionano pesanti cassette di frutta e verdura. L’odore dei cornetti appena sfornati inebria l’aria col suo profumo invitante. I camion dei rifornimenti iniziano ad arrivare, si mettono in fila indiana aspettando pazientemente il proprio turno di scarico. Inizia il via vai dei muletti elettrici che spostano bancali di merci dai camion ai magazzini, dai magazzini all’area vendita. I bancali aspettano solo qualcuno che inizi a mettere sugli scaffali la merce che trasportano.
Mi sento quasi fortunata. Non tocca me disfare i bancali di rifornimento e fare ordini. La mattina la passerò dietro al banco, a diretto contatto con i miei clienti! Una voce ormai diventata familiare annuncia l’imminente apertura al pubblico. Sono le 8. Iniziano le danze.

Cascasse il mondo la prima cliente è sempre la solita.

Non capisco se, per essere la prima che mette piede in negozio, passi le sue notti appostata in macchina, nel parcheggio, o metta la sveglia tutte le mattine alla solita ora, come se dovesse timbrare il cartellino! Fatto sta che entra, tutte le mattine, alle 8 in punto, cascasse il mondo. E se una mattina, per un motivo o per un altro, non la vedo entrare mi preoccupo. Che cosa sarà mai successo? Si sarà ammalata, avrà fatto un incidente? O forse semplicemente non ha suonato la sveglia?
Ma dopo la prima cliente c’è sempre la seconda. Insomma, almeno per le prime ore, è un rito che si ripete giorno dopo giorno, anno dopo anno. Così arriva Maria, una mia ex bidella che ha visto praticamente in fasce me e la maggior parte degli adulti del mio paese. Me la ricordo quando ci coccolava o ci sgridava all'occorrenza. E ora eccola lì, a comprare i suoi cornetti vuoti, il prosciutto cotto e la polenta fritta per i nipoti. Tutti i giorni.
Una mattina arrivò tutta sorridente e soddisfatta. «Buongiorno Maria, come stai oggi?» Maria mi guardò e sorrise di nuovo. «Oggi molto bene. Sai che è il mio compleanno? 80, Claudia!» Accidenti, come si dice, 80 anni e non sentirli! Maria guida, fa la spesa, pensa ai nipoti… ci vorrei arrivare io alla sua età così. «E allora Maria tanti auguri! Oggi devi festeggiare per bene». E mentre le passavo la busta con dentro il prosciutto e la polenta per i nipoti, pensavo che alla fine sono davvero fortunata perché ogni giorno vedo persone, non semplici clienti, persone che mi raccontano di sé e delle loro storie.
Negli anni ho visto mamme con la pancia fare la spesa, con la carrozzina prima, il passeggino poi, e rincorrere i loro bimbi per tutto il supermercato.
E la cosa strana è che siamo sempre lì a rincorrere. Corse per servire speditamente i clienti, riempirei banchi e cercare di non far mancare nulla. Mandare via il cliente il più velocemente e il più soddisfatto possibile.
Ma se mi fermo a pensare il mio lavoro non è solo questo. Il mio lavoro è anche incrociare persone, conoscere storie, parlare, molte volte ascoltare.

A volte ascolto storie divertenti, altre banali.

Oppure mi ritrovo mio malgrado ad ascoltare storie tristi, a commuovermi io stessa ed a lottare con le lacrime che premono per scendere dagli occhi. E non possono perché sto lavorando, e magari gli altri intorno a me non capirebbero.
C’è stata quella volta in cui il marito di una signora che ho conosciuto fin da quando ero bambina è venuto a mancare. Non un’amica certo. Una conoscente, che poi in un paese piccolo come il mio, il confine tra amici e conoscenti è veramente molto sottile. E allora la vedo arrivare, tocca a me servirla, e il primo istinto è quello di stendere il mio braccio oltre il banco che ci divide e stringerle forte la mano, senza bisogno di parlare. Perché a volte i gesti valgono davvero più di mille parole, e non importa se io sono la commessa del supermercato, ti sono vicina e te lo faccio sapere.
Intanto arriva l’ora di pranzo e vedo entrare Martina dalla porta, come tutti santi giorni. So già che cosa chiederà. Ormai so già che cosa chiederà la maggior parte dei clienti che si fermano davanti al mio banco. “Una vaschetta piccola di zuppa di pane, senza tanta roba verde per favore… e sei fette di pancetta arrotolata fine.” Tutti i santi giorni. Tant’è vero che io a volte mi chiedo se non le venga a noia mangiare sempre le solite cose. Voglio dire la zuppa non è proprio una cosa leggerina, con tutto quel pane e il cavolo… e allora come diavolo fa? Ma non è mica la sola Martina. Ci sono quelli che tutti i giorni comprano un etto di ricotta, o il salame e la mortadella, oppure un etto e mezzo di patate arrosto e due pezzi di polenta. Tutti i giorni che Dio mette in terra da che lavoro lì! Non riesco a capire se sono solo degli abitudinari o dei compratori di affettati seriali!
Intanto tra clienti, polli in forno e patate arrosto il mio turno sta per finire. Anche oggi ho incontrato tutte le persone che da venti anni in qua fanno parte della mia vita.
Mi preparo per uscire, timbro il cartellino e mi avvio verso gli spogliatoi.
Mi tolgo il grembiule. Torno ad essere una persona e smetto i panni della gastronoma. Vado a casa, per oggi tornerò a fare la mamma. Domani la sveglia suonerà di nuovo all’alba e allora sarò ancora lì con i miei clienti e le loro storie.

Claudia Gerini
Nasce a Pontedera negli anni ’70. Completa il liceo linguistico e collabora saltuariamente con un’importante testata giornalistica. Poi abbandona gli studi e le passioni per un impiego fisso. Da più di 15 anni infatti lavora nel reparto gastronomia di un supermercato. Adora la sua famiglia ed è ciò a cui si è ispirata per scrivere il suo primo romanzo, uscito in prima edizione per Lettere Animate.
Il sogno di Giulia, Gli Scrittori della Porta Accanto Edizioni (seconda edizione).
Telma, PubMe - Collana Gli Scrittori della Porta Accanto.


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