Gli scrittori della porta accanto

La casa: un racconto di Luigi Lazzaroni

La casa, un racconto di Luigi Lazzaroni

Inediti d'autore Racconto di Luigi Lazzaroni. La casa: una grande casa di famiglia, l'eredità contesa da fratelli e nipoti.

Il grande albero non c’era più, la casa era nuda in mezzo ai vigneti sulla collina.
Carla rallentò dopo la curva, sorpresa, sì Paolo le aveva detto che il noce era caduto ma non si aspettava una vista così. La casa senza il riparo dell’albero si nascondeva vergognosa tra i filari, la facciata gialla sbiadita, i coppi del tetto più scuri di quanto ricordasse, le finestre chiuse come occhi ciechi, ancora incredula, è sempre stato su, estate e inverno, possibile? Facevi la curva e sorridevi dopo la noia dell’autostrada, l’albero era là a segnalarla in cima alla collina come un faro tra le onde dei filari, e arrivavano tutti quando mamma organizzava una festa per il compleanno di qualcuno o semplicemente per il piacere di riunire tutta la famiglia. Un temporale? Lo dicevo che doveva essere potato, papà faceva venire un giardiniere, quando l’ultima volta? Prima che mamma morisse, quattro, cinque anni fa?
Un colpo di clacson, ad aprire il cancello in fondo al viottolo Francesca con la bambina. Ciao, ciao bellissima, dov’è mio fratello?, chiese Carla nervosa appena scesa dall’auto. Paolo è su a controllare le camere, il noce ha tirato giù anche un pezzo di tetto, ma come mai sei venuta da sola? Sì poi vi spiego, questa mattina ho sentito Angela per telefono.
Sì lo so che è sabato e devi curarlo ma potresti venire almeno tu. Perché?, tuo marito non può badare a suo figlio? È fuori per una gara? Ma scusa Angela, tuo marito, non è per farmi i fatti tuoi, ma tuo marito pensa ancora di vincere a cinquant’anni contro chi di anni ne ha venti? Sì lo so che non è quello, scusami, se vuoi passo a prendervi, tu e il bambino, sì lo so che non è più un bambino, scusa, sì, ha undici anni, mia figlia? Perché non porto mia figlia? Quella tra l’università e il ragazzo è sempre fuori, figurati se la posso portare in campagna di sabato e poi cosa c’entrano i figli, siamo noi che dobbiamo decidere, ho capito che hai già deciso, ma non ne abbiamo nemmeno discusso!?

Il grande tronco era caduto appoggiandosi al muro posteriore.

Sull’intonaco i segni della strisciata, per terra calcinacci, un intrico di rami e coppi rotti. Carla si fermò a guardare mormorando tra sé e sé, che disastro, ci mancava solo questa, Francesca se ne stava qualche passo indietro e la osservava pensierosa, la bambina chiamava a gran voce, papà c’è zia Carla! Il tetto? Ha scoperchiato tutto lo spigolo di destra, rispose Paolo tirandola più lontano nel frutteto per mostrarle tutti i danni, il soffitto delle camere è a posto ma se non lo ripariamo in fretta al prossimo temporale l’acqua ce l’avremo in casa.
Davvero, un bel problema, mormorò Carla guardandosi intorno, per terra nel frutteto qualche frasca e le mele cadute col vento, con lo sguardo cercava il ciliegio. Lo vide. Ma è tutto rotto!, esclamò stupita avvicinandosi all’albero scheletrico e toccava con le dita la corteccia nera di fuliggine, sfiorava la resina raggrumata come sangue dalle ferite, osservava i rami appesantiti dai festoni di licheni, paramenti funerari, il suo ciliegio. Non che fosse veramente suo il ciliegio, la casa di campagna era di tutti e tre, un’eredità che papà non aveva avuto tempo o voglia di organizzare, ma se il noce era già un bell’albero quando l’avevano acquistata, il ciliegio l’aveva proprio piantato lei con papà alla nascita di Paolo. Quando? Quarant’anni fa? Eh già, papà voleva festeggiare il maschio tanto atteso, con la seconda figlia non avevano piantato niente, Angela scherzando, ma non troppo, ogni tanto lo rinfacciava a mamma e papà.
Il ciliegio? No non si è rotto col temporale dell’altro giorno, era già malconcio questa primavera, ha fatto tre ciliegie in croce, è vecchio, abbiamo dovuto tagliarne via quasi metà, si intromise Francesca con tono acido, ma te ne accorgi solo adesso? Ma voi quando siete venuti l’ultima volta? Questa è proprio stronza quando vuole, pensò Carla, lo sa benissimo che da quando mio marito ha litigato con Paolo i due meno si vedono meglio è, e così sorridendo e con la faccia dispiaciuta le rispose, in questo periodo mio marito è preso con le elezioni comunali, è sempre fuori o per una riunione o per una raccolta firme, oggi non poteva proprio, ha una riunione col sindaco.

Il ciliegio era vecchio? Il mio ciliegio!? 

Questa si crede la padrona della casa, adesso attaccherà con la solita storia, il prato lo taglia sempre Paolo, ho fatto un orto dove prima c’erano solo rovi, devo pulire sempre io perché voi non venite mai, ma se è più contenta se noi non veniamo?! E lui le dà sempre ragione, lei lo manovra come vuole, e la mia bambina e mio marito e la nostra casa di campagna, con la mamma non si permetteva di parlare così sta civetta.
Va bene, è un altro il problema, si intromise Paolo per tagliar corto a una conversazione che stava prendendo la solita piega, il problema è come facciamo a riparare la casa, chi se ne occupa, chi paga e indicava inutilmente alle due il tetto sfondato, le crepe nel muro, il moncone del grande tronco spezzato a metà.
Dicevo a Francesca che questa mattina ho parlato ancora con Angela, riprese Carla fissando la cognata. Cosa c’entra lei? Non capisce che è una questione nostra? Tra fratelli? Ma Francesca se ne stava lì di fianco a Paolo come un avvocato difensore, vai a giocare col gatto, eccolo là, diceva alla bambina, anzi, non come un avvocato difensore ma come un Pubblico Ministero. Perché non c’è tuo marito, perché non c’è Angela, accusavano i suoi occhi.
Angela non è potuta venire, il centro per l’autismo è chiuso di sabato, tentò di discolparsi Carla. Ma non lo può curare suo marito almeno una volta?, chiese Paolo. Suo marito? Quello non ha ancora accettato la malattia del figlio, lo sai anche tu, va alle gare per stare fuori casa e comunque Angela mi ha detto e ridetto che lei ha già deciso. Cosa ha deciso? Intervenne Francesca con tono inquisitorio. L’ho già ripetuto più volte a Paolo, Angela non vuole più spendere per questa casa, vuole vendere la sua parte e subito, dice che ha bisogno di soldi.

Il cielo si era di nuovo rannuvolato, minacciava pioggia.

Andiamo dentro, disse Paolo scuotendo preoccupato la testa. Le due donne immobili si sfidavano con gli occhi, l’imputato era una casa ferita, un ciliegio moribondo e un noce caduto i testimoni.
E tu cosa hai deciso?, chiese Carla anticipando Francesca. Lo sai benissimo cosa vorremmo fare noi, rispose Paolo, io questa casa la voglio tenere, è la casa di papà, mi ha spiegato tutto, come potare le rose, tagliare il prato, pulire la piscina, noi qui ci veniamo appena possiamo. Se non fosse per noi questa casa sarebbe già caduta in rovina, aggiunse Francesca con voce aspra, e adesso la volete vendere!?
Ehi venite, mamma sta piovendo, chiamò la bambina dall’uscio della casa, il gatto bianco e nero in braccio. Stai calma, diceva Carla a sé stessa varcando la soglia della cucina, è a mio fratello che devo parlare. Il gas è ancora lo stesso, anche il frigo, la TV non l’avevo mai vista, i quadri in porcellana che mamma aveva acquistato in Costa Azzurra sono al loro posto, o no? Quello col gallo non c’era. Volete un caffè?, chiese Francesca con voce più calma. Sì grazie, ascolta Paolo, la conosci Angela, si è sempre sentita la seconda, anzi terza, dopo di me e dopo di te, e si è sempre fatta i fatti suoi, sai quante volte ho cercato di organizzare un incontro qui in campagna come faceva mamma? Non è mai venuta, non ne vuole più sapere di questa casa, e poi ha i problemi che ben sai col figlio e il marito, ci vuoi parlare tu? Sapeva che non l’avrebbe mai fatto, i due da anni si sorridevano e si ignoravano, ognuno per la sua strada e lei in mezzo e chi glielo faceva fare e con che risultato?

Della casa ne avevano parlato ormai molte volte per telefono.

Paolo aveva continuato a portare avanti lo Studio Associato di papà cosa che né lei né Angela avevano voluto fare per allontanarsi da una figura paterna ingombrante. Lo sai Carla che il lavoro non è più come ai tempi di papà, ci sono grandi studi commerciali, c’è concorrenza, stiamo ancora pagando il nuovo appartamento. E voi cosa intendete fare?, lo interruppe di nuovo brusca Francesca spegnendo il caffè.
Lo sapeva che sarebbe arrivata, l’aspettava, noi cosa intendiamo fare? Mio marito, fai come vuoi, la casa è tua, non mettermi di mezzo, ma io là non so proprio cosa ci verrei a fare e con chi poi? Vendila e la facciamo finita, mia figlia, ti interessa la casa dei nonni in campagna? Ma mamma, non ho tempo, fosse al mare… e questa vuole sapere cosa abbiamo deciso, cosa ho deciso. Ma tu Paolo hai i soldi per comprarla? No, te l’ho detto, adesso poi con i soldi delle spese che Angela non paga da due anni, col tetto da rifare, con le crepe nei muri e la piscina che perde… Che cazzo di domanda fai? Sibilò Francesca smettendo di versare il caffè, quella vuole solo i soldi e tu non hai il coraggio di dire che te ne freghi di questa casa, è da quando è morto vostro padre che non ci vieni più, tu, te lo ripeto, che cazzo intendi fare?
Carla si morse la lingua, tirò un lungo respiro, calmati, ha ragione lui, mio marito, che ci faccio io in questa casa? La vogliono tenere? Che se la comprino!
Guardò nello specchietto retrovisore per un’ultima volta, il viottolo era deserto, la casa era scomparsa dietro la siepe, nemmeno la bambina era venuta a salutare.
Luigi Lazzaroni

Luigi Lazzaroni
Non credo nell’astrologia ma mi ritrovo in alcune caratteristiche del mio segno, ovviamente quelle che mi fanno più comodo: l’Acquario ama sentirsi libero e sente il bisogno di spostarsi continuamente, adora viaggiare, è attratto da tutto ciò che è nuovo, ha idee continue che gli girano in testa, gli Acquario sono sognatori.
Confermo al cento per cento. Per il resto studi classici, laurea scientifica giusto per cambiare, pittura nei periodi di meditazione, fotografia sempre, in montagna da solo o con gli amici, in giro per il mondo con una moglie che mi tiene nel mondo reale tranne che in Amazzonia dove non vuole proprio venire.


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