Gli scrittori della porta accanto

Moda: riflessioni sulla bellezza femminile «non convenzionale»

Moda: riflessioni sulla bellezza femminile «non convenzionale»

Di Stefania Bergo. Dal "caso Armine Harutyunyan", la modella scelta da Gucci, alcune riflessioni sul concetto di bellezza femminile «non convenzionale» e sulla moda. 

È da qualche settimana che si fa un gran parlare di Armine Harutyunyan, la modella che Gucci ha scelto per la sua passerella. Per via dei suoi lineamenti, «fuori dai consueti canoni estetici». Una bellezza «non convenzionale»,  come si usa dire, una personalità interessante. Una scelta fatta molto prima del recente body shaming di cui è stata vittima, dal momento che Armine Harutyunyan sfila per la Maison Gucci già da qualche tempo.
Su di lei e sullo stilista si è scatenato il web. Difficile sapere con certezza quale sia l'intento di Alessandro Michele: vuole promuovere una bellezza universale che soverchi i classici canoni estetici imposti fino ad ora proprio dalla moda o mira semplicemente al profitto, a far discutere di sé? È indubbio che tutto il gran vociare su Armine Harutyunyan, abbia portato alla Maison maggiori incassi e si vocifera che a scatenare il "dibattito" sia stata la notizia che la modella armena è annoverata tra le donne più sexy del mondo, una fake news forse creata ad hoc proprio per innestare una sicura reazione – indubbiamente ma prevedibilmente errata.

Eppure Gucci, e non solo lui, è da tempo che manda in passerella modelle e modelli di una bellezza cosiddetta «non convenzionale» e fa parlare di sé per le sue scelte.

L'anno scorso, ad esempio, ha lanciato una campagna pubblicitaria per una linea trucco con protagonista una modella con sindrome di down, Ellie Goldstein: è stata scelta tra le tante che hanno risposto al suo progetto Unconventional beauty.
Anche Shaun Ross, modello afroamericano albino, è decisamente «non convenzionale», non solo per il non-colore della pelle ma anche per il setto nasale decisamente deviato. Ha sfilato varie volte per nomi importanti come Alexander McQueen e Givenchy. Winnie Harlow, la modella canadese con la vitiligine, è invece la nuova immagine della Desigual.
Forse gli haters non ne sono informati, ma cercando in rete ho scoperto che di modelli e modelle con particolarità fisiche spiccate o disabilità ne esistono moltissimi e già da tempo. Esiste addirittura una agenzia di scouting inglese specializzata in questo, con l'intento di promuovere un concetto di bellezza universale e rendere la moda inclusiva.

Winnie Harlow e Shaun Ross: bellezze «non convenzionali»

La narrazione fatta del "caso Armine Harutyunyan", dal body shaming ingiustificato – ma quando mai lo è? – alla difesa della bellezza femminile «non convenzionale», mi ha sollevato alcune riflessioni.

Innanzitutto, cosa si intende per «convenzionale» e «non convenzionale»? Quali sono le convenzioni che dettano legge? Ho cercato sul web ma, a parte le proporzioni armoniche dell'uomo vitruviano, non ho trovato una vera definizione di bellezza, tanto meno dei parametri estetici che la classifichino. Insomma, le suddette convenzioni non esistono. Al massimo si può parlare di bellezza percepita – o forse più semplicemente di gusti – che tra l'altro non solo varia da luogo a luogo ma anche da tempo a tempo. Una fluidità che non permette oggettivazioni.
Eppure è proprio la moda, e tutto ciò che ci gira intorno, che influenza da sempre le nostre percezioni, in particolar modo per quanto riguarda il corpo femminile. Modelli spesso tossici – dall'ossessione per la perfezione a quella per la magrezza patologica – che hanno segnato la pubertà di mote ragazze, convinte di dover rientrare in certi standard per essere ritenute "belle", come se la bellezza fosse una necessità e si potesse essere belle solo in un determinato modo.

La bellezza «non convenzionale» non dovrebbe necessariamente essere appariscente, esasperata, carismatica.

La «bellezza non convenzionale», è spesso associata al carisma:  i modelli e le modelle fuori dalle righe hanno personalità forti e interessanti, le loro particolarità sono sapientemente esaltate, non solo il loro aspetto fisico è accettato sebbene non corrispondente a certi canoni omologati ma addirittura assurgono a icona. Ma quindi, una modella o un modello belli in senso «convenzionale» possono essere belli e basta mentre chi ha una bellezza «non convenzionale» deve necessariamente comunicare qualcosa, essere quantomeno interessante? La banale "bruttezza" non basta? Non tutte le persone ritenute esteticamente "brutte" si rivelano essere «belle dentro», interessanti e con una spiccata personalità. Si rischia di accettare la bellezza in tutte le sue forme solo se iconica e non a prescindere.

Imperfette e bellissime

Se da un lato va bene difendere la bellezza della particolarità o della normalità, dall'altro è bene non discriminare chi è nato con canoni estetici armonici e «convenzionali». 

Non è vero che tutti i belli sono superficiali, omologati e insipidi, ci sono modelle e modelli bellissimi esteticamente e altrettanto interessanti, particolari, unici. Si rischia di cadere nell'ennesimo stereotipo cui ci si vorrebbe opporre. Così come imbruttire volontariamente le persone pur di far passare un messaggio ideologico inclusivo altro non è che l'imposizione di un nuovo modello. Si rischia di voler sdoganare il «non convenzionale» e farlo diventare «convenzionale», escludendo così, ancora una volta qualcuno dal concetto di bellezza.

Non dovrebbero esserci categorie invalicabili di bellezza.

Oversize, slim, con disabilità, con particolarità fisiche appariscenti, black, asian, «convenzionale», «non convenzionale», molte sono le categorie che apparentemente rendono la moda – e la vita –inclusiva. In realtà, la moda sarà davvero inclusiva solo quando non ci saranno più etichette.

Il mondo della moda è di per sé superficiale: è arte e spettacolo che si ferma all'apparenza, come un dipinto su una tela. 

Non importa il supporto, l'importante è il risultato che l'artista vuole ottenere. Che per ottenerlo punti a modelli e modelle di una bellezza «convenzionale», tradizionalmente riconosciuta dalla maggior parte di noi, o che punti su bellezze particolari, volti imperfetti e indimenticabili, poco importa.
L'alta moda da sempre è «non convenzionale», spesso eccentrica, a volte grottesca, caricaturale. Da sempre abiti, acconciature e trucco sono spesso eccessivi, teatrali, arrivando anche a imbruttire appositamente modelli e modelle perché quello che conta è lasciare una traccia in chi guarda le foto promozionali sui cataloghi o le sfilate durante le caleidoscopiche settimane della moda. Quindi, molto spesso, non si tratta nemmeno di modelli dai canoni estetici dubbi, ma solo di modelli sapientemente truccati e acconciati per far parlare di sé. Perché, ammettiamolo, al giorno d'oggi ognuno di noi può migliorarsi con qualche semplice accorgimento – non parlo di chirurgia estetica, solo di trucco e parrucco – quindi perché non farlo con le modelle e i modelli sotto i riflettori? Forse perché si vuole lanciare un messaggio di inclusione? Forse è solo una sapiente strategia di marketing? Sinceramente non saprei, di riflessione, appunto, si tratta.



La moda influenza non solo la percezione di bellezza nelle donne ma anche negli uomini.

La differenza sta nel fatto che mentre per gli uomini si tratta di modelli proposti, per le donne sembrano essere modelli imposti. E soprattutto differente è la reazione di molti quando si trovano davanti una bellezza fuori dagli schemi femminile o maschile. Ma senza scomodare l'hater di turno che furoreggia sui social, anche nel parlato comune un uomo "brutto" è da sempre interessante, mentre una donna "brutta" – che poi, "brutta"... basta che sia appena tangente il senso comune di perfezione –  è brutta e basta, ça va sans dire.

Un conto è parlare di moda, un conto è parlare di bellezza. 

Nella moda, che per sua natura è non inclusiva, serve un tratto distintivo per emergere in un marasma di proposte. Essendo spettacolo, arte, apparenza, è per bellezze in qualche modo "artificiose", scelte proprio per una vincente combinazione di caratteristiche. Ma questo non sempre succede nella vita reale. Nel quotidiano non dovremmo essere obbligati a essere belli in un determinato modo, o brutti ma interessanti, o disabili ma eccezionali per essere ritenuti belli.

Esprimere giudizi non va mai bene. Avere opinioni sì. 

Ognuno di noi ha un range di parametri estetici secondo cui apprezza o meno l'aspetto di un modello che gli viene posto davanti, è naturale, e abbiamo tutto il diritto di avere un'opinione in merito, sarebbe ipocrita dire di non notare le differenze. Ma si dovrebbe avere la consapevolezza che di gusti personali si tratta. Talmente effimeri che possono variare nel tempo o a seconda dell'area geografica in cui viviamo. E soprattutto non si  dovrebbe mai dimenticare che siamo tutti, chi più chi meno, persone belle e imperfette. Ed esprimere lapidari giudizi, discriminare, insultare qualcuno sulla base delle suddette differenze è da persone piccole piccole.

In definitiva, non si dovrebbe più parlare di bellezza «convenzionale» e «non convenzionale», si dovrebbero abolire le convenzioni stesse. 

Non esistono varie forme di bellezza, esistono differenti parametri con cui ognuno di noi valuta esteticamente le altre persone, gli animali, le cose, i luoghi, e così via. C'è chi adora i barboncini, chi ama follemente gli ansimanti bulldog francesi, chi si scioglie davanti a un tramonto sull'oceano chi ama la montagna d'estate. C'è a chi piace il giallo, chi ha una predilezione per le superfici lisce o i quadrati, chi si riempie la casa di soprammobili, chi è maniaco del total white minimal. Non si parla certo di bellezza «convenzionale» o fuori dai soliti parametri estetici, si parla solo di gusti personali. Perché non potrebbe essere lo stesso per le persone?

E possibilmente, smettiamo di usare i social per offendere. Se non abbiamo niente di meglio da dire, il problema evidentemente siamo noi.


Stefania Bergo
Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro.
Con la mia valigia gialla, StreetLib collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione).
Mwende. Ricordi di due anni in Africa, Gli scrittori della porta accanto Edizioni.
La stanza numero cinque, Gli scrittori della porta accanto Edizioni.


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