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Recensione: Grande seno, fianchi larghi, di Mo Yan

Recensione: Grande seno, fianchi larghi, di Mo Yan

Libri Recensione di Alessandra Nitti. Grande seno, fianchi larghi di Mo Yan (Einaudi). Dall'autore premio Nobel per la letteratura con "Sorgo rosso", «un affresco rurale e mitologico», la storia di una famiglia matriarcale che attraversa le tante vicissitudini della storia cinese del Novecento.

Gaomi è un anonimo distretto di campagna nella provincia dello Shangdong, la penisola della Repubblica Popolare dove producono la birra Tsing Dao che servono in ogni ristorante cinese. Non fosse stato per l’autore Mo Yan che ci ha ambientato tutta la sua produzione, nessuno saprebbe che esiste. È nato lì e ha deciso di raccontare al mondo intero la sua intensa storia.
La Cina non è solo Pechino, con il Palazzo Proibito e la strage di Tiananmen; né solo Shanghai, fulcro della bella vita e dei palazzi futuristici. La Cina sono i polverosi villaggi del Nord e le lussureggianti foreste del Sud, la Cina è Shenzhen – la Silicon Valley asiatica – e Gaomi, che ha subito l’invasione dei tedeschi, la distruzione dei giapponesi, il passaggio delle truppe nazionaliste e la fame portata dal Partito Comunista. Infine ha vissuto la rinascita, l’arricchimento della classe media, il mondo capitalista che dagli anni ’80 si è infiltrando in Cina spazzando via gli sciami di biciclette per piazzarvi impiegati in completo elegante, gente arricchita e corrieri in motorino.

Mo Yan è la mente fertile della letteratura cinese contemporanea, produce tanto ed è tradotto in ogni lingua.

Non sempre fa comodo al Partito ma ciononostante, o forse proprio grazie a questo, nel 2012 ha vinto il Premio Nobel con il romanzo Sorgo Rosso.
Oggi però parlerò di un’altra sua epopea edita per noi da Einaudi: Grande seno fianchi larghi (1997), è una saga familiare di oltre mille pagine che racconta la storia di Gaomi dal 1938 (con un flashback nel 1900) al 1995, coprendo i decenni più sofferti della Cina.
Al centro della narrazione c’è Casa Shangguan, famiglia di fabbri, il cui ultimo genito prende in moglie Shangguan Lü dai piedi di loto. Sebbene il romanzo sia stato scritto dal punto di vista del loro nono figlio – l’unico maschio tanto agognato – a parer mio è lei stessa la protagonista vera e propria.

Congiunta a un uomo sterile in un’epoca in cui la donna non aveva altra funzione che quella di partorire e di servire i suoceri, Shangguan Lü concepisce nove figli con sette uomini diversi sempre nella speranza di ottenere un maschio.

Shangguan Jin Tong, il “bambino d’oro”, arriva dopo circa vent’anni di matrimonio. Nasce apparentemente morto ma viene salvato da un medico giapponese mentre i suoi commilitoni, all’esterno, ammazzano quasi tutti gli abitanti del paese, compresa la famiglia Shangguan, lasciando solo Lü, le sette figlie e gli ultimi due gemelli concepiti con un prete svedese.
L’arrivo del maschietto dai capelli biondi è la gioia più grande per Shangguan Lü, che lo allatta fino all’adolescenza. Jin Tong cresce viziato, fannullone e ossessionato dai seni. Il suo unico merito è quello di raccontarci cosa avveniva nella penisola dello Shangdong: l’invasione dei giapponesi, la carestia e la fame, la vendita di due sue sorelle. L’arrivo dell’esercito di liberazione che porta un po’ di sollievo, la guerra con l’esercito nazionalista, le morti e le stragi, le fucilazioni di altre sorelle e dei loro bambini, le accuse di essere “antirivoluzionari”, il germe della pazzia che attacca quasi tutte le ragazze della famiglia Shangguan.

E ancora, la vittoria del Partito Comunista, le comuni di lavoro, le morti d’inedia, i soprusi, le esecuzioni e tutto l’orrore che portò Mao Zedong tra la rivoluzione culturale e il grande balzo in avanti.

Quando il grande dittatore muore, la Cina si apre al mondo esterno e viene travolta dalla corsa alla ricchezza tipica dell’occidente, stravolgendo ancora una volta anche Gaomi. Jin Tong, uno dei pochi superstiti, è così confuso dal nuovo modello di vita, che la sua nullafacenza diventa totale e a niente servono gli aiuti del fratellastro arricchitosi misteriosamente, che durante la rivoluzione si è visto fucilare tutta la famiglia che militava nel partito nazionalista.
Shagguan Lü passa a miglior vita a 95 anni, lasciando un figlio di mezza età inutile persino a se stesso e con l’ossessione dei seni, dopo essersi vista perire tutte le figlie e aver vissuto le grandi tragedie della Cina del ventesimo secolo.
In un mix di realismo e superstizioni, Mo Yan si siede accanto a noi ogni sera per raccontarci le vicende del dragone rosso che sta facendo tremare il mondo economicamente, ricordandoci le sue ferite così profonde che ancora non si sono sanate del tutto. E proprio grazie a esse il Paese delle pagode e delle fenici è divenuto ciò che è oggi.


Grande seno, fianchi larghi

di Mo Yan
Einaudi
Narrativa
ISBN 978-8806182984
Cartaceo 15,20 €
Ebook 6,99€

Sinossi 

Una prolifica famiglia matriarcale, governata da una madre dolce ed energica, attraversa le tante vicissitudini della storia cinese del Novecento. Dagli anni Trenta dell'invasione giapponese a oggi, figli, nipoti e parenti acquisiti degli Shangguan si confrontano con gioie e dolori dispensati da una terra estrema e primordiale. Con questo dichiarato omaggio alla propria madre e alle proprie radici, Mo Yan torna all'affresco rurale e mitologico di "Sorgo rosso".


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