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Recensione: Il tempo di vivere con te, di Giuseppe Culicchia

Recensione: Il tempo di vivere con te, di Giuseppe Culicchia

Libri Recensione di Davide Dotto. Il tempo di vivere con te di Giuseppe Culicchia (Mondadori). Quando il presente, destinato a farsi Storia, è una pagina non scritta.

Non è ancora il momento di raccontare quel 15 dicembre 1976, e quel che ne seguirà. No. È, questo, il tempo di vivere con te. Ancora un poco. Almeno nello spazio di queste pagine. Perdonami, Walter, se ci ho messo così tanto. Trenta libri, e più di quarant’anni. È per raccontare la tua storia che ho cominciato a scrivere, il giorno dopo la tua morte. È per questo che ho continuato a farlo in tutto questo tempo. Eccolo qua, il primo libro che avrei voluto scrivere. Ma avevo appena undici anni, facevo la prima media, e anche se dalle elementari i miei temi venivano letti in classe da maestre e professori di Lettere, non ne ero capace. Ne sarò capace, ora?
Giuseppe Culicchia, Il tempo di vivere con te
Il tempo di vivere con te di Giuseppe Culicchia è un racconto tenuto in serbo per oltre quarant’anni. Rievoca “gli anni di piombo”, una stagione troppo recente per essere metabolizzata e pienamente compresa.

Trenta, quaranta o cinquant'anni sono un periodo fisiologico di attesa, affinché si elaborino le ragioni, i motivi e soprattutto gli scopi di fatti entrati nella Storia.

Essi, coinvolgendo non solo la società, ma famiglie e singoli individui, portano con sé una catena di conseguenze, episodi che a loro volta richiedono attenzione.
La memoria è un'avventura intima e piena di sorprese, lungo la quale ti puoi imbattere in interlocutori insospettati. Quarant'anni dopo, sento la necessità urgente di recuperare tutte le immagini che ho sepolto e sbrogliare finalmente quella matassa che mi ha sempre impedito di essere "una".
Silvana Mazzocchi, Come in un labirinto di specchi

Giuseppe nel 1976 ha undici anni, si dedica ai giochi, legge fumetti, legge libri, disegna.

Ha un cugino di nove anni più grande che lo affascina e lo affabula con la sua capacità di raccontare qualsiasi cosa. È il fratello maggiore da sempre desiderato.
Tuttavia il destino sembra aver scritto una pagina particolare su Walter Alasia, questo il suo nome.
Il contesto è troppo importante per non essere considerato. Nel 1968 chi ha vissuto la Prima Guerra Mondiale ha poco meno di settant’anni. I figli hanno vissuto il fascismo e la Seconda Guerra Mondiale. Qualcuno è entrato in un campo di concentramento. I nipoti – nati tra gli anni Cinquanta e Sessanta, si sono trovati di fronte un mondo troppo nuovo perché venisse loro spiegato. Ed esso mostra già fin troppe crepe.

È come se a partire dalla contestazione di fine anni Sessanta ci fosse molto da costruire e molte prime pietre da posare.

Tanto basta per condizionare l’infanzia di Giuseppe e l’adolescenza di Walter.
L’edonismo del potere della società consumistica ha disabituato di colpo, in neanche un decennio, gli italiani alla rassegnazione, all’idea del sacrificio ecc.: gli italiani non sono più disposti – e radicalmente – ad abbandonare quel tanto di comodità e di benessere (sia pure miserabile) che hanno in qualche modo raggiunto.
(Pier Paolo Pasolini)
Giuseppe Culicchia, Il tempo di vivere con te
Pasolini è più incisivo nello scrivere: «I padri da giovani avevano il problema del pane, mentre i figli oggi hanno il problema della motocicletta...»

L’Italia, in un tale momento di crisi e di crescita, è una gran polveriera. Ogni presente, in fondo, è radicalmente collegato a quello che è avvenuto in precedenza.

Lo spiega Marta Boneschi nel libro La grande illusione. I nostri anni Sessanta.
Mentre io ricevo in regalo da mio padre l’edizione per ragazzi di un romanzo di un certo Mark Twain che di lì a poco leggerò e che nei pomeriggi trascorsi per i prati sulle rive del torrente Banna, meno di un rigagnolo rispetto al Mississippi, mi farà sognare di essere Huckleberry Finn, tu ti incammini verso quella che sarà la tua fine lungo un percorso segnato da una serie di fatti di cronaca che troppo spesso registrano lutti.
Giuseppe Culicchia, Il tempo di vivere con te

È, quello, un mondo ancora diviso in blocchi, non è la stessa cosa stare da una parte o dall’altra, vi è un’idea diversa di politica e di militanza. Le vicende successive all’8 settembre 1943 sono ancora in discussione (da cui probabilmente scaturisce ogni cosa).

Non bastano e non basteranno mai fiumi di parole per tirare le fila del “vortice di violenza inarrestabile” dell’Italia degli anni Settanta. Gli ingranaggi della Storia si muovono lenti, coprono le vite di molte generazioni.
Un aspetto importante sul quale Il tempo di vivere con te pone l’accento è proprio il tempo trascorso e il fatto che il presente sia difficile da raccontare, essendo una pagina tutta da scrivere, proiettata in un futuro che non sai mai se ci veda vincenti o perdenti.

È anche complicato da vivere per chi, a vent’anni, ha l’urgenza di sfogare insoddisfazione, ribellione e voglia di fare la differenza, quando si aprono e si chiudono parentesi esistenziali prive di certezze, ma assai dense di scommesse.

Quando si ha la premura di giocarsi tutto e subito, salire su un treno in corsa da cui, molto probabilmente, sarà aduo scendere.
Se l’autore nel 1976 scopre Lupo Alberto e Linus, o gioca con i soldatini, Walter partecipa alle manifestazioni, matura quanto l’avrebbe condotto all’alba di una fatidica data: l’essere entrato a far parte delle Brigate Rosse, l’aver incontrato Renato Curcio.
Il punto di vista dominante, in queste pagine, sono le ripercussioni nei rapporti famigliari, il sottrarsi al mondo degli affetti nell’inseguire un qualche ideale rivoluzionario, e con esso il sogno di un futuro alternativo e più compiuto da consegnare ai posteri.

Cosa si prova mai ad avere un cugino, un fratello, o un figlio invischiato in ingranaggi così complessi, in un cortocircuito inestricabile?

La risposta non può che essere un grido di dolore espresso in parole.
E un grido di dolore è, in fondo, una pagina di Pastorale Americana, il romanzo con cui Philip Roth tratta proprio questo tema: un padre si confronta con la figlia ricercata per un atto di terrorismo: «Sei stata tu?», non gli passa per la mente di chiederle "Perché". Merry invece – questo il nome della ragazza – pone sul piatto una questione assai impegnativa: sei o no disposto a riconoscere che la mia posizione valga quanto la tua?
È per tentare di rispondere a una simile domanda che trenta, quaranta o cinquant’anni non saranno mai sufficienti.


Il tempo di vivere con te

di Giuseppe Culicchia
Mondadori
Narrativa
ISBN 978-8804722359
Cartaceo 16,15 €
Ebook 9,99€

Sinossi 

Giuseppe Culicchia tiene in serbo queste pagine da più di quarant'anni. Perché la morte di Walter Alasia, al cui nome è legata la colonna milanese delle Brigate Rosse, è una storia dolorosa che lo tocca molto da vicino: per il Paese è un fatto pubblico, uno dei tanti episodi che negli anni di Piombo finivano tra i titoli dei quotidiani e dei notiziari televisivi; per lui e la sua famiglia è una ferita che non guarirà mai. Walter Alasia, di anni venti, era figlio di due operai di Sesto San Giovanni. Giovanissimo aveva cominciato la sua militanza in Lotta Continua, ma poi era entrato nelle fila delle Brigate Rosse. Nella notte tra il 14 e il 15 dicembre 1976 la polizia fece un blitz a casa dei suoi genitori per arrestarlo. Lui aprì il fuoco, e nel giro di pochi istanti persero la vita il maresciallo dell'antiterrorismo Sergio Bazzega e il vicequestore di Sesto San Giovanni Vittorio Padovani. Subito dopo tentò di scappare, ma venne raggiunto dai proiettili della polizia. Giuseppe all'epoca ha undici anni e Walter è suo cugino. Ma in realtà è molto di più: è il fratello maggiore con cui non vede l'ora di passare le vacanze estive, che gli insegna a giocare a basket, che lo carica sul manubrio della bicicletta e disegna per lui i personaggi dei fumetti che ama. È un ragazzo affettuoso, generoso, paziente, e agli occhi di Giuseppe incarna un esempio. In questo memoir asciutto e allo stesso tempo accorato Culicchia ricostruisce ciò che da bambino sapeva di Walter, scavando nei propri ricordi alla ricerca dei germi di ciò che sarebbe stato, e lo confronta con quello che crescendo ha appreso di lui dalla sua famiglia, ma anche dai giornali e dai libri di storia. E così facendo racconta gli anni della lotta armata e del terrorismo da una prospettiva assolutamente unica. Non c'è vittimismo, non c'è retorica, c'è il dolore di un bambino che a undici anni perde in una sola notte un affetto immenso e tutte le certezze che credeva di avere, unito alla lucidità di un grande scrittore che ha cercato per oltre quarant'anni la giusta distanza per raccontare questa storia.

Davide Dotto


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