Cinema Recensione di Elena Genero Santoro. Il primo dei bugiardi un film di Ricky Gervais e Matthew Robinson disponibile su Netflix. In un mondo in cui gli esseri umani dicono sempre la verità, saper mentire è un superpotere.
Un'occasione per certi aspetti sprecata, quella di Il primo dei bugiardi, la commedia del 2009 con Jennifer Garner (che mi piace tanto) e Ricky Gervais disponibile su Netflix. E pensare che era partita bene.In un mondo simile al nostro, ma non proprio uguale, gli esseri umani non sanno mentire. Non solo non mentono, ma nemmeno hanno la capacità di trattenersi dal dire quello che pensano. La società è priva di ipocrisia, ma, diciamolo, anche di empatia. Quando Mark Bellison, sceneggiatore di poco successo, esce con Anna, la ragazza dei suoi sogni, questa non esita a dirgli in faccia che non ci tiene affatto a mettere al mondo figli grassi e con il naso a patata come lui. E quando Mark viene licenziato, i suoi colleghi, con estrema naturalezza, gli dicono che lo hanno sempre odiato perché è un miserabile fallito.
Lui, che è consapevole dei suoi limiti, si ritrova presto in miseria e rischia addirittura lo sfratto. Ma è quando va in banca a ritirare i suoi ultimi dollari che avviene il miracolo.
Qualcosa nella sua testa va in cortocircuito e Mark dice la sua prima bugia.
Anziché chiedere i trecento dollari di cui realmente disponeva, ne chiede ottocento e la commessa glieli consegna, scusandosi dell'errore della banca.Così Mark capisce di avere un potere. Non sa neppure che nome dargli, ma sa di essere il primo al mondo a essere in grado di parlare di qualcosa che non esiste, che "non è".
Lo spettatore intuisce presto che in quella società senza menzogne e crudele le persone non dubitano mai della malafede dei loro interlocutori. Sono completamente a-critiche e partono dal presupposto che tutto ciò che viene detto – da chiunque – sia vero.
Neppure l'errore in buona fede viene contemplato. Ciò che esce da una bocca è per forza realtà e non ha bisogno di essere verificato.
In un mondo, il nostro, dove le bufale si sprecano, dove le pseudo verità scientifiche si diffondono a macchia d'olio sui social, questo film di dodici anni fa mi è parso quanto mai attuale.
Sono anni che vedo circolare meme e post con messaggi contro questo o contro quello, con accuse di ogni tipo, con tesi complottiste, con propaganda politica.Ma quando a queste persone si chiede sulla base di cosa fanno le loro affermazioni, queste raramente citano fonti e quasi mai accreditate.
Ricordo tanti anni fa una ragazza che pubblicava un meme: "Pinco Pallo ha rubato 80 milioni e non ce lo dicono!" Io le chiesi: "Ma chi l'ha detto? Quali sono le fonti di una vignetta che riporta addirittura dei numeri?" Risposta: "Eh lo so come la pensi, che sei dalla parte Pinco Pallo, tu". Ma io non ero dalla parte di Pinco Pallo, io volevo solo sapere quegli 80 milioni da dove uscivano, perché era un numero molto preciso e conteneva un'accusa specifica.
Insomma, i concittadini di Mark Bellison sono tra di noi e Il primo dei bugiardi mi è parso un vaticinio, o forse un evergreen, che descrive con sagacia l'ingenuità di chi si beve qualunque esternazione senza porsi domande.
Il primo dei bugiardi, un film di Ricky Gervais e Matthew Robinson: la recensione Il primo dei bugiardiREGIA Ricky Gervais, Matthew RobinsonSCENEGGIATURA Ricky Gervais, Matthew Robinson PRODUZIONE/PRODUTTORE Media Rights Capital, Radar Pictures, 1821 Pictures DISTRIBUZIONE Universal Pictures FOTOGRAFIA Tim Suhrstedt MUSICA Tim Atack ANNO 2009 CAST Ricky Gervais, Jennifer Garner, Jonah Hill, Louis C.K., Jeffrey Tambor, Fionnula Flanagan, Rob Lowe, Tina Fey |
Poi ci sono gli aspetti del film che mi sono piaciuti meno.
La madre di Mark sta per morire ed è spaventata. Allora lui le racconta di come sarà l'al di là, un luogo bellissimo, in cui vivere per sempre coi propri cari. Ecco che la bugia assume un'accezione positiva: è al contempo empatia e immaginazione. La bugia a fin di bene, che permette alla madre di morire in pace.Ma si sparge la voce, Mark diventa l'uomo che sa cosa c'è dopo la morte (nessuno che si chieda come sia possibile ciò), e allora lui inventa Dio, si presenta alla popolazione con una sceneggiatura incollata su due cartoni di pizza, per fare il verso alle tavole di Mosè, e fonda una religione.
Finalmente ha successo e ottiene il lavoro dei sogni.
La debolezza del film è che alla fine (quasi) nessuno scopre il segreto del successo di Mark. Non c'è alcuna tensione, nessun ribaltamento finale e lui la fa franca senza essere messo in discussione.
L'altra debolezza è il discorso sulla religione, che viene archiviato come una mera bugia di Mark, e i credenti vengono ritratti come creduloni senza pensiero critico.La verità è che ciò che ci sarà dopo non lo sa nessuno e mentre per ciò che accade su questa terra si può invocare il metodo scientifico per dimostrare o confutare una tesi, quello ci aspetta una volta morti sfugge a questi criteri. Si può credere o non credere, ma anche sospendere il giudizio.
Chi sceglie di aver fede non è necessariamente un bigotto o un ingenuo, può anche essere una persona che si è fatta molte domande e che alla fine ha scelto di avere speranza.
Elena Genero Santoro |
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