People A cura di Elena Genero Santoro. Intervista a Niccolò Cipriani, fondatore di Rifò, brand di moda etica made in Italy.
Rifò è un marchio di moda etica nato a Prato nel 2018 da un'idea di Niccolò Cipriani: economia circolare e sostenibile applicata al settore dell'abbigliamento. Tramite piattaforma online si occupa di raccogliere indumenti vecchi di cashmere e cotone per poi selezionarli e sfilacciarli per trasformarli in nuovi filati con cui confezionare nuovi capi di abbigliamento, utilizzando un processo meccanico e artigianale nato a Prato più di 100 anni fa, che consente di trasformare gli scarti di tessuto in nuovi vestiti conservando la stessa qualità dei prodotti originali, riducendo la quantità di acqua, pesticidi e prodotti chimici utilizzati normalmente nell'industria tessile.Rifò è un’inflessione toscana del verbo “rifare”. Abbiamo scelto questo nome “a KM 0” perché rappresentasse la toscanità e il modo di parlare degli artigiani che hanno inventato, più di cento anni fa, il metodo di rigenerazione dei vecchi indumenti per produrre un nuovo filato: i cosiddetti “Cenciaioli”. Inoltre, Rifò perché “rifacciamo” un mestiere della tradizione che negli ultimi anni stava scomparendo.
Rifò produce capi e accessori di alta qualità, realizzati con fibre tessili rigenerate e rigenerabili. Con l'aiuto di artigiani locali trasformiamo i vecchi indumenti in un nuovo filato con il quale realizziamo a km 0 morbidi e soffici prodotti.
Cos’è che rende Rifò un brand di moda sostenibile? Il fatto che vediamo sempre nuovi limiti da superare e nuove sfide davanti a noi per produrre capi realizzati rispettando il lavoro e la tradizione, attraverso materiali sostenibili e cercando di restituire qualcosa alla società.
Rifò, circular fashion made in Italy
Ciao Niccolò, benvenuto nel nostro spazio virtuale. Innanzitutto devo dirti che io ho già ricevuto alcuni capi di Rifò: uno scialle di cotone rigenerato e un paio di maglie fatte con jeans rigenerato! Sono indubbiamente prodotti originali, è la prima volta che vedo il filo recuperato dal jeans diventare un vero maglione. Come è nata l’idea di attingere dal jeans?
Mi fa piacere che i nostri capi siano stati apprezzati, l’idea è nata dopo un confronto con un’azienda del nostro territorio che realizzava già questo filato nel nostro distretto e da lì c’è venuta l’idea di utilizzarlo e di valorizzarlo integrandolo nella nostra linea di maglieria estiva.Che significato hanno per voi parole come “economia circolare” e “sostenibilità”? L’idea di concepire un nuovo modo di consumare e di cercare risorse in ciò che prima ritenevamo rifiuti è una necessità dovuta alla precarietà del nostro pianeta o è anche un’opportunità e un’ispirazione?
Per noi queste parole significano “sapere utilizzare le risorse che il nostro pianeta ci offre nella maniera più efficiente e efficace possibile”, valorizzare “rifiuti” non è soltanto una necessità ma sicuramente anche un’opportunità perché può portare dei benefici e dei vantaggi economici a un’azienda nel lungo termine.Sostenibilità non è solo risparmio di risorse e riduzione dell’inquinamento, ma anche condizioni etiche di lavoro. Quanto conta per voi valorizzare le risorse sul nostro territorio?
Per noi è fondamentale, non esiste sostenibilità ambientale senza sostenibilità sociale, il collegamento con il nostro territorio è forte e vogliamo che lo sia sempre di più cercando in futuro di poter realizzarvi progetti di impatto sociale.Ci racconti la storia della vostra azienda? Quando è stata fondata Rifò Lab? Qual è stato il primo prodotto “storico” che avete immesso sul mercato? Qual è il target di clienti e utenti che vi proponete di conquistare?
L’azienda è nata nell’inverno 2017, ero appena tornato dal Vietnam e mi ero deciso di fare una campagna di crowdfunding di accessori invernali (cappelli, guanti, sciarpe) realizzati qui nel distretto e riprendendo la tradizione dei cenciaioli. Il crowdfunding è andato bene, abbiamo ricevuto 290 pre-ordini e il progetto è partito. La nostra clientela è a prevalenza femminile, di età dai 25 ai 40 anni, con interesse verso la nutrizione, sport all’area aperta e ai viaggi all’estero.Vendete maglie recuperate da jeans e altri prodotti di cotone recuperato, ma anche capi di cashmere. Cosa vi fa orientare su certi tessuti piuttosto che su altri? Come nasce l’idea di utilizzare un certo tipo di scarto? E come la sviluppate fino a ottenere un prodotto di qualità? Quante volte si può riciclare un tessuto?
Dalla disponibilità e dalla facilità a rigenerarli, riprendiamo una tradizione quindi ci colleghiamo all’expertise presente già sul nostro territorio. La qualità del prodotto finale dipende fondamentalmente dalla qualità del capo da cui si parte, la fase di selezione è quella più importante. Un tessuto si può riciclare almeno una volta nel caso del cotone, 2-3 nel caso della lana e del cashmere. Leggi anche Essent’ial: ecosostenibilità made in Italy
Dove vi approvvigionate per avere materiale a disposizione? Se un privato volesse donare i suoi capi vecchi affinché voi li recuperiate, a chi si potrebbe rivolgere?
Il cashmere e la lana provengono soprattutto dagli Stati Uniti mentre il jeans dal mediterraneo, un privato può donarci i suoi vecchi maglioni di cashmere e lana compilando direttamente il form presente sul nostro sito mentre i vecchi jeans li possono portare ai negozi NaturaSì aderenti all’iniziativa Rethink your Jeans.Ci vuoi anticipare qualcosa dei vostri futuri progetti e degli obiettivi che vi proponete?
Ci piacerebbe rafforzare i nostri servizi di raccolta diretta e creare nuovi progetti di sensibilizzazione sulle tematiche dello slow fashion, della moda responsabile e moda etica.Ringraziamo Niccolò Cipriani, il fondatore di Rifò, per essere stato con noi!
Elena Genero Santoro |
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