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Claudette Colvin: prima di Rosa Parks, il «no» che ha scatenato il boicottaggio degli autobus

Claudette Colvin: prima di Rosa Parks, il «no» che ha posto fine alla segregazione raziale

Di Stefania Bergo. Claudette Colvin: nove mesi prima di Rosa Parks, il suo rifiuto a cedere il posto ai bianchi è stato la vera scintilla che ha scatenato il boicottaggio degli autobus di Montgomery. Ma perché non è diventata il simbolo della lotta alla segregazione raziale?

Il 2 marzo del 1955 Claudette Colvin, afroamericana, ha quindici anni. Sale su un autobus di Montgomery per tornare a casa. Quando le viene ordinato di alzarsi per lasciare posto a una donna bianca, lei si rifiuta e viene arrestata, con l'ulteriore accusa di aggressione a pubblico ufficiale.
Il suo «no» arriva nove mesi prima di quello molto più celebre di Rosa Parks, la cui storia è nota a tutti e a cui sono stati dedicati riconoscimenti, musei, film e libri.
Ma perché Claudette Colvin non è ricordata al pari di Rosa Parks? Perchè Claudette Colvin era solo un'adolescente. Incinta (addirittura, si disse, di un uomo sposato). Non era abbastanza "per bene" per diventare un simbolo. Quello che poi è stata Rosa Parks: il simbolo della lotta dei neri per abbattere la discriminazione e abolire la segregazione.


Claudette nasce nel 1939. Adottata dai coniugi Colvin, modesti lavoratori, cresce in un quartiere povero di Montgomery.

Sogna di diventare Presidente degli Stati Uniti d'America e nel frattempo frequenta una scuola segregata per soli neri. Per andarci, prende ogni giorno l'autobus, a bordo del quale le leggi "Jim Crow" impongono la distinzione tra i posti ai sedere destinati ai bianchi e quelli, relegati in fondo, destinati ai neri, che comunque, in caso di autobus affollato, dovevano essere pronti a cedere il posto ai bianchi. 
Ma quel giorno, il 2 marzo del 1955, prima di Rosa Parks, prima dei sermoni del reverendo Martin Luther King, Claudette Colvin non ci sta, si rifiuta di cedere il suo posto. Viene trascinata fuori dall'autobus e ammanettata. Lei resiste all’arresto gridando «É un mio diritto costituzionale!» e per questo viene accusata anche di aggressione a un agente della polizia. È proprio questa "aggressione" che le costerà la condanna alla libertà condizionale fino al compimento dei diciotto anni.

Claudette Colvin, membro del consiglio giovanile della National Association for the Advancement of Colored People (NAACP), aveva deciso che quel giorno non si sarebbe mossa.

Un «no» che però non è passato alla storia, sebbene abbia permesso la concretizzazione della protesta del movimento nero, l'alba di quel Black Lives Matter di cui ancora oggi si ha anacronisticamente bisogno. Perché se sei donna, anche quando hai il coraggio di alzarti – o restare seduta, in questo caso – e agire per il bene comune, devi comunque essere approvata dalla società, altrimeni la potenza del tuo gesto si sgretola contro il giudizio superficiale della massa.
La NAACP, pur essendo alla ricerca di un atto dimostrativo e di qualcuno che potesse trascinare le proteste contro la segregazione razziale sugli autobus di Montgomery, decise infatti di non organizzare alcuna azione politica a favore di Claudette Colvin.
Secondo quanto dichiarato anni dopo in un'intervista rilasciata alla BBC dalla stessa Claudette Colvin, i rappresentanti della NAACP «dissero di non voler usare un’adolescente incinta perché sarebbe stato controverso e le persone avrebbero parlato più della gravidanza che del boicottaggio». Non solo. In un paio di interviste rilasciate al Guardian dall’attivista per i diritti civili Gwen Patton e da Ed Nixon, all’epoca presidente della sezione di Montgomery della NAACP, quella fu anche una decisione "di classe", dato che Claudette Colvin proveniva da una famiglia della classe operaia, non aveva cioè «il giusto background».

Al contrario, Rosa Parks, allora segretaria della NAACP, rappresentava la persona giusta per dare il via alle proteste: era «una donna sposata, moralmente pulita e con una preparazione accademica abbastanza buona».

E apparteneva alla classe media. Inoltre, aveva un colore della pelle più chiaro rispetto a quello di Claudette Colvin e quindi aveva meno possibilità di essere discriminata.
Il suo «no» ebbe il valore simbolico che il movimento per porre fine alla segregazione raziale stava cercando. Aveva la giusta estrazione sociale, il giusto colore, la giusta reputazione, il giusto atteggiamento, la giusta condotta di cui si aveva bisogno per essere incontrovertibili e stare senza se e senza ma – senza un «se l'è andata a cercare» – dalla parte del giusto.
Di conseguenza, ebbe inizio il boicottaggio degli autobus, ispirato, appunto, al gesto di Rosa Parks.

Eppure, più di un anno dopo l’arresto, fu proprio la NAACP a chiedere a Claudette Colvin di comparire come querelante nel caso giudiziario "Browder contro Gayle".

William Gayle era il sindaco di Montgomery e Claudette Colvin fu chiamata nel processo dalla parte dell'accusa, insieme ad altre quattro ragazze – Aurelia S. Browder, Susie McDonald, Mary Louise Smith e Jeanatta Reese, che però si ritirò in seguito a minacce razziste – che, dopo di lei, si erano rifiutate di cedere il loro posto ai bianchi sugli autobus della città. In quel momento, Rosa Parks era parallelamente impegnata nel suo processo personale.
Il 5 giugno 1956, come soluzione del processo "Browder contro Gayle", il tribunale stabilì che la segregazione sugli autobus in Alabama fosse incostituzionale e pose di fatto fine alla segregazione raziale.

Claudette Colvin: «I giovani pensano che Rosa Parks si sia seduta su un autobus e abbia posto fine alla segregazione ma questo non è affatto vero».

Senza nulla togliere al potente «no» di Rosa Parks, il cui valore simbolico ha trascinato l'opinione pubblica portandola dalla parte di chi si batteva per far crollare l'ingiustificata segregazione raziale, la scintilla che ha scatenato il movimento di boicottaggio dei bus a Montgomery è in realtà partita da Claudette Colvin.
Nel 2000 è stato aperto a Montgomery un museo dedicato a Rosa Parks. Alla richiesta di apparire in un video per raccontare la sua storia, Claudette Colvin ha risposto: «Hanno già chiamato il museo Rosa Parks, quindi hanno già deciso qual è la storia».
Tuttavia, per ricordare anche il suo fondamentale ruolo nella lotta per i diritti civili delle persone di colore, per cui ancora oggi si batte, nel 2017 il consiglio di Montgomery ha nominato il 2 marzo Claudette Colvin Day.



Stefania Bergo


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