FotografiA Di Stefania Bergo. Cinque scatti che ritraggono il coraggio delle donne, divenute simbolo di protesta e resilienza.
Una fotografia trasmette emozione a colori o in bianco e nero in modo immediato, spesso senza filtri. Una fotografia è potente. Testimonia attimi che altrimenti andrebbero perduti e che invece devono essere ricordati. Per il messaggio che sottendono, non verbale ma ugualmente da pungo allo stomaco, o da aria fresca nei polmoni.Quelle che seguono sono fotografie di fotografi professionisti o scatti rubati amatoriali. Ritraggono donne che lottano per difendere diritti umani, si oppongono a ingiustizie, protestano contro guerre e dittature – come ad esempio l'immagine di copertina di questo articolo che ritrae Emmeline Pankhurst, leader delle suffragette, arrestata fuori Buckingham Palace nel 1914. C'è chi lo fa usando la borsetta come arma, chi pone un fiore su una baionetta, chi sfida con sguardo ipnotico e chi resta serenamente o con rabbia ferma in piedi. Gesti ugualmente potenti e memorabili. Che qualcuno ha fissato per sempre in una fotografia.
1. La ragazza con il fiore – © Marc Riboud, 1967
È il 21 ottobre 1967. La giovane pacifista Jane Rose Kasmir tiene delicatamente un fiore in mano, contrapponendosi con dolcezza e serenità alle baionette delle guardie al Pentagono, durante una protesta contro la guerra del Vietnam. Marc Riboud, fotografo e fotoreporter francese, si trova tra la folla. Scorge la diciassettenne che porge il fiore ai soldati. E ruba il celebre attimo, lo scatto che diventerà icona del pacifismo – «Mettete dei fiori nei vostri cannoni». Lo stesso Riboud lo descriverà come «il simbolo della gioventù americana: un fiore contro le baionette». Del resto, la fotografia mette proprio in contrapposizione la guerra alla pace, il grigio al colore, lo scuro alla luce, la morte alla vita, l'azione e la resistenza, l'arma fallica e il fiore virginale, nell'antitesi dei trinomi uomo-arma-violenza e donna-fiore-non violenza.Solo molti anni dopo, a metà degli anni '80, l'attivista Jan Rose Kasmir venne casualmente a conoscenza della notorietà della sua immagine nello scatto di Marc Riboud, e nel 2003 fu fotografata dallo stesso fotografo a Londra, mentre manifestava agitando la sua fotografia strappata a metà.
2. La donna con la borsetta – © Hans Runesson, 1985
La fotografia è stata scattata da Hans Runesson nella cittadina di Växjö, in Svezia, il 13 aprile 1985. La donna è Danuta Danielsson, di 38 anni, e sta prendendo a borsettate un neonazista – Seppo Seluska, verrà condannato per aver torturato e ucciso un ebreo omosessuale qualche anno dopo – durante una manifestazione dimostrativa del Partito neonazista del Reich Nordico, fondato in Svezia nel '56. Fu pubblicata il giorno seguente sul quotidiano svedese Dagens Nyheter e in seguito su diverse testate inglesi.La fotografia divenne celebre in poco tempo in tutto il mondo e fu selezionata come "fotografia del secolo" dalla rivista Vi e dalla Società Storica Fotografica Svedese.
Danuta Danielsson era una donna di origine polacca emigrata in Svezia dopo il matrimonio. La madre era stata internata nel campo di concentramento di Majdanek. Il suo gesto fu così potente che trascinò la protesta degli astanti, obbligando i manifestanti neonazisti a disperdersi. Tuttavia, già sofferente di ansie e depressione, forse incapace di reggere la pressione della stampa che voleva conoscere la sua storia, Danuta Danielsson si uccise pochi anni dopo, gettandosi da una finestra nel 1988 dopo un lungo periodo di cura.
3. Tess Asplund contro 300 neonazisti – © David Lagerlöf, 2016
3 maggio 2016. Per le strade di Borlänge, in Svezia, Maria-Teresa "Tess" Asplund, la quarantaduenne attivista di origini colombiane impegnata contro i movimenti xenofobi e razzisti, si imbatte in un corteo di 300 neonazisti del Movimento di resistenza nordico che sfila in difesa della supremazia dei bianchi. D'impulso, con rabbia e decisione, decide che quell'ennesimo corteo di un'estrema destra che stava avendo troppa eco, non solo in Svezia ma anche nel resto dell'Europa, «non s'ha da fare». Affronta i 300 uomini bianchi in silenzio, con il pugno chiuso e il braccio destro alzato – come Tommie Smith, l’ex velocista e giocatore di football americano, sul podio dei 200 metri alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968.Li ho visti sfilare, mi sono detta che non è ammissibile che razzisti ed estremisti predicatori di odio come loro sfilino in piazza. E mi sono messa in mezzo alla strada, decisa a tentare di fermare il loro corteo.David Lagerlöf, fotografo svedese specializzato in reportage e ritratti, si trova tra la folla, intento a raccogliere testimonianze delle proteste contro il corteo neonazista. E immortala la più potente: una donna sola contro la violenza e l’intolleranza, il simbolo del coraggio al femminile.
Viviamo in un’Europa in cui le idee di estrema destra stanno diventando sempre più popolari [...] Il razzismo è stato normalizzato in Svezia. Ma nessuno ci ha prestato attenzione. Forse adesso quello che ho fatto può servire a far capire che qualcosa si può comunque fare. Se una persona può farlo, chiunque può farlo. Tess Asplund
Grazie alla risonanza avuta dalla fotografia, che fece il giro del mondo, sei anni dopo Tess fu riconosciuta dalla sua famiglia e potè ricongiungersi con il fratello e la madre, che aveva dovuto darla in adozione.
4. Taking a Stand in Baton Rouge – © Jonathan Bachman, 2016
Jonathan Bachman, candidato al Premio Pulitzer per il fotogiornalismo e vincitore del World Press Photo Award per le questioni contemporanee, testimonia con questo scatto le proteste, contro le violenze commesse dalla polizia americana nei confronti della popolazione nera, a Baton Rouge, in Louisiana, conseguenti la morte di Alton Sterling, un venditore ambulante ucciso a colpi di arma da fuoco da due agenti.La fotografia ritrae la manifestante Ieshia Evans, un'infermiera di 28 anni, mentre affronta le forze dell’ordine vicino alla sede del Baton Rouge Police Department, il 9 luglio 2016. In mezzo a tante immagini violente dell'arresto e della morte di Alton Sterling, quella di Jonathan Bachman è apparsa subito iconica. Da un lato gli agenti in tenuta antisommossa, dinamici, nell'atto probabilmente di arrestarla o comunque di farla togliere dalla strada, colti un istante prima dell'azione. Dall'altro lei, sola, con un abito elegante, estivo, vulnerabile, stoica, fiera, resiste al moto semplicemente restano ferma in piedi, con aria serena ma risoluta. Irremovibile nella protesta.
She is the man in front of the tanks in Tiananmen Square, the woman alone facing the crowd of Neo-Nazis in Sweden.
Lei è l'uomo davanti ai carri armati in piazza Tienanmen, la donna sola di fronte alla folla di neonazisti in Svezia. Stella Kramer, photo editor, vincitrice del premio Pulitzer
5. La ragazza e il poliziotto – © Carlos Vera Mancilla, 2016
Cile, 11 settembre 2016. È il 43° anniversario del colpo di stato militare del 1973 che ha rovesciato il governo socialista di Salvador Allende e ha portato al potere la giunta militare guidata da Augusto Pinochet, che ha poi instaurato una dittatura durata 17 anni. La protesta è organizzata dalle famiglie dei desaparecidos e delle vittime della repressione del regime.Il fotoreporter della Reuters, Carlos Vera Mancilla, cattura il momento in cui una giovane donna fronteggia un poliziotto delle forze dell’ordine in assetto antisommossa, semplicemente guardandolo. Sostiene lo sguardo di lui con determinazione, immobilizzandolo con la sola forza dei muscoli oculari, mantenendo gli occhi inchiodati ai suoi. Una sfida ipnotica che va oltre la visiera e trasforma l'apparente passività della donna in azione, in forza intensa. Ancora una volta un simbolo.
Stefania Bergo |
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