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Recensione: La crisi della narrazione, di Byung-Chul Han

Recensione: La crisi della narrazione, di Byung-Chul Han

Libri Recensione di Davide Dotto. La crisi della narrazione di Byung-Chul Han (Einaudi). Il crepuscolo delle grandi narrazioni: come l'era digitale sta cambiando le nostre storie.

Il filosofo coreano Byung-Chul Han affronta il tema della crisi della narrazione, un fenomeno che pervade la società contemporanea e affonda le sue radici nel passato. I tentativi di svelare le regole sottostanti alle storie hanno contribuito a svuotare progressivamente la narrazione stessa. Dennis Yi Tenen, nel suo saggio Teoria letteraria per robot (Bollati Boringhieri), illustra bene questo processo.


In altre parole, l'attenzione si è spostata dalla sostanza alla forma, concentrandosi più sulle "regole di composizione".

Esiste il rischio concreto che l'opera narrativa venga ridotta a un mero prodotto di mercato, privo di quel "senso di verità" che è sempre stato il cuore dei grandi romanzi europei o delle tragedie greche. La velocità, la connettività costante e la frammentazione che caratterizzano l'era digitale, insieme al "cliccare e scorrere" che «non sono gesti narrativi», hanno sostituito lo sfogliare delle pagine, rendendo difficile l'immersione nelle storie, che vengono così rapidamente dimenticate.
I nuovi media, tra pagine web e touch screen, hanno accentuato un fenomeno non del tutto nuovo: il passaggio dal "racconto" all'"informazione", dall'esperienza narrativa al puro dato e alla spiegazione superficiale. Questo processo porta a un certo distacco dal passato e dal futuro, con un presente accartocciato su sé stesso che perde «il proprio ancoraggio temporale». Le pagine web richiedono una soglia di attenzione ridotta e sono strutturate come una piramide rovesciata, dove le informazioni più importanti sono inserite all'inizio, eliminando la necessità di leggere il testo dall'inizio alla fine. Non c'è tempo di cercare l'informazione principale, che deve giungere a colpo d'occhio, tra le prime righe, riassunto del riassunto, tra titoletti, grassetti e corsivi. Si perde così il contatto con la verità intrinseca della narrazione, sostituita da storie costruite per intrattenere un pubblico distratto e solitario.

Il problema è aggravato dalla crescente dipendenza dalle tecnologie digitali, che favoriscono una fruizione inadeguata dei contenuti, compromettendo la capacità di concentrazione e di riflessione.

Nel momento in cui tutto ciò che è stato vissuto è presente e non vi è alcun intervallo di separazione con il presente, il che significa: nel momento in cui ogni esperienza vissuta è immediatamente accessibile, il ricordo svanisce. Byung-Chul Han, La crisi della narrazione.
Senza narrazioni che diano senso alla propria esistenza, si rischia di smarrirne il filo, consegnandosi a una memoria a portata di mano ma inconsistente.
Il sovraccarico informativo è ben rappresentato da Ireneo Funes, protagonista di un famoso racconto di Borges. Funes ricorda ogni dettaglio della sua vita, i sogni, senza dimenticare nulla. Sembra un dono, ma non lo è: l'incapacità di dimenticare gli impedisce di dare coerenza alla sua esperienza, poiché la sua mente è sommersa da un'infinità di dettagli che frammentano il suo mondo. La sua vita diventa impossibile da raccontare, non essendo in grado di selezionare ciò che ha davvero significato. Anzi, l'atto stesso di raccontare e di ricordare si accumula insieme al resto, in un pozzo senza fondo.

Nonostante la crisi della narrazione di cui parla Byung-Chul Han, si osservano fenomeni che sembrano contraddirla, come l'aumento della produzione di romanzi e l'emergere dell'autofiction.

Essi possono essere interpretati come una risposta a un bisogno profondo, quasi inespresso, di narrazione, un tentativo di "aprire una porta chiusa", senza la pretesa di dover per forza arrivare al pubblico. Il desiderio di raccontare e raccontarsi è intrinseco all'essere umano e, sebbene in certi casi si manifesti in forme che alimentano l'ego più che rispondere a una reale necessità esistenziale, esso rimane vitale. È come se, di fronte alla frammentazione e alla superficialità imposte dalla cultura digitale, l'individuo sentisse comunque l'urgenza di recuperare una connessione con se stesso e con il proprio passato.
Sul punto, è utile considerare le riflessioni di Duccio Demetrio nel volume Perché amiamo scrivere, in cui esplora la scrittura terapeutica: non solo un modo per esprimersi, ma un mezzo per dare forma e significato alle proprie esperienze.

Anche se talvolta ci si può accontentare di "surrogati" narrativi, l'intima necessità di raccontare e di essere ascoltati persistono, riaffermando l'importanza della narrazione nella costruzione di un'identità personale e collettiva.

Possiamo perciò riflettere su ciò che diventa una risorsa vitale in un'epoca dove la narrazione e il senso profondo delle esperienze sembrano smarrirsi. Si tratta insomma della capacità non solo di ricordare, ma di dare significato agli eventi vissuti, un processo che è intrinsecamente legato alla narrazione personale. La memoria individuale, in quanto viva e soggettiva, diventa il mezzo attraverso cui ritrovare quella profondità esistenziale che spesso viene sacrificata.


La crisi della narrazione

di Byung-Chul Han
Einaudi
Saggio
ISBN: 978-8806260897
Cartaceo 12,35€
Ebook 7,99€

Quarta

Sono il tessuto connettivo delle nostre comunità e donano senso al mondo. Ma nella società contemporanea, le narrazioni risultano effimere e inefficaci. La loro onnipresenza non è che un sintomo, e un segnale d'allarme. Le narrazioni sono in crisi da tempo. Da bussole capaci di dare senso all'esistenza collettiva sono ormai diventate una merce come tutte le altre. Ridotte ad ancelle del capitalismo, si trasformano in storytelling e lo storytelling, ormai ubiquo, scade nella pubblicità, nel consumo di informazioni. L'accumulo di notizie ha preso, insomma, il posto delle storie. Dati e informazioni, però, frammentano il tempo, ci isolano e ci bloccano in un eterno presente, vuoto e privo di punti di riferimento. A diventare impossibile è la felicità stessa. Perché la vita, con tutti i suoi imprevisti, inciampi, tentativi ed errori, incontra la pienezza solo quando può essere condivisa e tramandata all'interno di una narrazione collettiva. «Vivere è narrare. L'essere umano, in quanto animal narrans, si distingue dagli altri animali per il fatto che narrando realizza nuove forme di vita. La narrazione ha la forza del nuovo inizio. Lo storytelling, di contro, conosce solo una forma di vita, quella consumistica» (Byung-Chul Han).


Davide Dotto



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