Gli scrittori della porta accanto

Sogni e progetti: storia di Mahmud, intervista a Elisabetta Vittone


Elisabetta Vittone è la fondatrice, con Roberto Pedron, di  Comitato Mahmudun’associazione no profit che si occupa attivamente dei bambini siriani, da Mahmud in poi. Elena Genero Santoro ci ha già presentato il loro progetto, ora però vorrei farvi conoscere la loro storia, o meglio, la storia dei bambini a cui si dedicano.

Ciao Elisabetta, bentornata sul nostro blog. Sei qui per raccontarci una storia d'amore, speranza, forza. Una storia che viene da lontano, iniziata un paio d'anni fa...
Questa storia inizia nell'inverno del 2013, quando mi innamorai di un cuccioletto siriano di 3 anni, dopo averlo visto ritratto in un post che chiedeva di pregare per lui, affinché morisse per smettere di soffrire a causa della grave malattia che l'affliggeva: io ho l'abitudine di pregare perché una persona viva, non perché muoia... .

Oltre a pregare, hai anche deciso di fare qualcosa di concreto. Non è da tutti, molti si limitano a piangere davanti a una fotografia commovente, sentendosi impotenti, pensando di non poter fare la differenza, di non poter cambiare le cose. Tu invece hai inseguito, con determinazione, il tuo sogno di aiutare Mahmud. Come hai gestito la cosa fin dall'inizio? Hai fatto tutto da sola? 
No, no. Contattai il mio amico Roberto Pedron, fotoreporter di guerra, per chiedergli semplicemente di aiutarmi a raccogliere fondi per salvarlo. Erano i primi giorni di gennaio del 2014, e lui mi rispose, con la nonchalance di chi dice che va a fare la spesa, che sarebbe andato a prenderlo.
Ci mettemmo all'opera per tessere relazioni che ci permettessero di arrivare al campo profughi di Bab al Salam dove Mahmud viveva con la sua famiglia.
Un lavoro paziente, continuo ed ininterrotto, mesi e mesi di speranze e fatiche, durante i quali creai anche un gruppo facebook dal quale ogni santa sera che arrivava ad avvolgere questa terra mandavo la buonanotte al piccolo, il mio modo di ripetere a me stessa che mi stavo impegnando davvero e che l'avremmo salvato. E quando cominciavo a dubitare e mi prendeva lo sconforto, ci pensava Roberto a rassicurami che non solo l'avremmo salvato, ma ci saremmo occupati di molti altri bambini e bambine dopo di lui.

E poi finalmente, sei riuscita a fare qualcosa di concreto per Mahmud e la sua famiglia. Come ti sei sentita? 
La collaborazione con una delle associazioni operanti nel campo ci permise di entrare in contatto con il pediatra siriano che vi gestiva una piccola clinica pediatrica.
'Lo vado a prendere', mi aveva subito detto Roberto, e fu di parola: a fine giugno del 2014 si recò dunque in Siria, Il mio cuore trovò posto nella sua borsa e volò con lui fino in Siria: dopo cinque mesi di attesa e amore avrei finalmente incontrato il mio piccolo.
Ricordo ancora benissimo quella domenica di giugno in cui Roberto provò a telefonarmi una prima volta, ma io dormivo della grossa... poi mi chiamò mentre era con Mahmud e la sua famiglia, nascondendomi di aver temuto che non fosse più in vita dopo averlo visto coperto da un telo bianco, comunicandomi invece che grazie al pediatra, che ora era con lui, avremmo potuto far uscire il bambino ed i suoi dal campo, ricordo che mentre gli parlavo guardavo fuori dalla finestra della mia camera da letto... attimi che si imprimono nella mente con una potenza inaspettata...

Oltre alla gioia per la realizzazione di un sogno, hai dovuto affrontare le difficoltà economiche per continuare ad aiutare Mahmud, al di là del cuore e della tua volontà. Difficoltà che sono però state premiate con il suo incontro, finalmente, in Turchia, dove tutt'ora risiede con la sua famiglia. Raccontami la tua emozione di quel giorno, cos'hai provato a stingerlo finalmente tra le braccia?
Ai primi attimi seguì la ricerca di fondi per pagare l'affitto, e grazie all'impegno di molte persone continuiamo ad occuparci di lui.
Il tempo passava e finalmente a fine dicembre del 2014 anche il mio corpo poté volare in Turchia ad incontrare quel cuoricino che aveva rubato il mio, insieme a Roberto. Chi sapeva del viaggio mi diceva di dare tanti baci a Mahmud da parte sua, ma io non sapevo neanche se si sarebbe spaventato davanti ad un'estranea. E poi ci fu l'incontro, e fu come se mi avesse sempre avuta davanti agli occhi: che emozione dolce mi pervase nel giocare e nel disegnare per lui e con lui, nel capire quello che voleva dirmi con i suoi gesti bambini, nello scoprirlo un bambino generoso che voleva che riempissi di baci il pupazzo che gli avevo portato, o che distribuissi i cioccolatini che erano per lui a tutti i presenti, e come insisteva! Per fortuna, a fissare per sempre quegli attimi ci sono state ancora una volta le fotografie di Roberto, che anche oggi mi rimandano le sensazioni di allora e mi fanno sentire con lui.


So bene cosa significhi, la commozione di quei momenti...
Ti sei mai chiesta perchè proprio Mahmud? Hai mai pensato che forse l'aver visto quel post sia stato semplicemente un segno del destino?
Cosa scateni un colpo di fulmine non si sa, e mai saprò perché mi innamorai proprio di quest'esserino, o perché le nostre vite si incrociarono un giorno; sappiamo però che il nostro amore ed il nostro impegno sono rimasti e rimarranno accanto a lui ancora e ancora, confidando che riusciremo un giorno non solo a dargli una vita degna di essere vissuta, ma anche a guarirlo.

E noi ce lo auguriamo con te, cara Elisabetta.
In quali altri progetti sei impegnata insieme alla tua associazione?
A breve Roberto andrà in Grecia a consegnare delle coperte termiche per i migranti, aiutiamo a sostenere una scuola per bambini in Siria e stiamo raccogliendo fondi per comprare matite e fogli da disegno per i bambini e le bambine di un campo profughi spontaneo in Turchia...
Sono molti i progetti in cui il Comitato Mahmud è impegnato e di cui vorrei parlarti, magari la prossima volta...

Certo, sarò lieta di ascoltare ancora i tuoi racconti, le tue storie speriamo sempre a lieto fine. Grazie per la bella chiacchierata e per averci raccontato di Mahmud. 
Lascia che ricordi ai nostri amici lettori che pure a loro è concessa la fortuna di fare la differenza per Mahmud, la sua famiglia, e per tanti altri bambini che come lui vivono in condizioni al limite della decenza umana. >> Comitato Mahmud >> Donazioni




Stefania Bergo
Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro.
Con la mia valigia gialla, 0111Edizioni.



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