Gli scrittori della porta accanto

[Riflessione] Le recensioni di Elena Genero Santoro: "La moschea" di Laura Vargiu


Immaginate di abitare in un piccolo paesino dove la maggior parte degli abitanti arriva da qualche angolo del mondo che non sapreste nemmeno dove trovare sulla cartina e immaginate che a un certo punto questi abitanti decidano di costruire un loro luogo di culto… Voi che fareste?
Il breve romanzo di Laura Vargiu parla proprio di questo. 
C’è un paesino sperduto da qualche parte in Italia che è rimasto a lungo sull’orlo della bancarotta. Per parecchio tempo persino le istituzioni, dalle scuole alle poste, hanno rischiato di chiudere perché ormai gli abitanti erano pochi e non mettevano più al mondo figli… ma a un certo punto la comunità si rimpolpa e il problema del calo demografico si risolve: l’arrivo degli immigrati in quel paesino ha ovviato a molte questioni e dato da mangiare a tutti. Fin qui tutto benone. 
Poi però questi immigrati, che ormai si sentono a casa, si organizzano per poter pregare il Dio in cui credono e… patatrac, ecco l’incidente diplomatico. La popolazione nativa non ci sta, si sente privata della propria identità, anzi, contesta al punto di tornare persino a frequentare la messa la domenica, cosa che non faceva da anni, pur di marcare il territorio. Un po’ come quando periodicamente si riaccende la vecchia polemica: il crocifisso nelle scuole non si tocca! – Sì, ma tu che te ne fai? - Niente, però loro non hanno il diritto di non volerlo!
Il libro è una commedia nel senso proprio del termine e tra una popolazione non meglio identificata spiccano alcune, singole, figure quali quelle del sindaco, del parroco, e di Mustafà, il capo morale della popolazione musulmana, che sono vere macchiette. 
Il tono di tutta la narrazione è leggero e caratterizzato da un filo di ironia e dell’intera vicenda vengono evidenziati tutti i lati tragi-comici.
Ho gustato questo romanzo dalla prima all’ultima pagina, perché è ben scritto, scorrevole, con un intento di intrattenimento. 
Solo alla fine mi sono posta una domanda e mi sono chiesta: non sarà troppo buonista? Perché in fondo il romanzo di Laura Vargiu è quasi una fiaba, ha degli elementi palesemente improbabili (a partire dal nome del santo patrono di quello sperduto paese), ma in questo modo non evidenzia i reali problemi di un certo tipo di immigrazione, che pur ci sono: la mancanza di reale integrazione, la radicalizzazione di certe frange su posizioni estremiste e potenzialmente pericolose, la diversa concezione della donna. Dopo gli ultimi avvenimenti di Bruxelles, lo confesso, mi sono depressa e la mia fiducia nell’integrazione ha subito un forte ridimensionamento. Mi sono abbattuta dopo aver letto un articolo che spiegava come il Belgio si sia riempito di musulmani dopo aver stretto un accordo con l’Arabia Saudita nel 1974 pur di garantirsi l’approvvigionamento energetico e come, in nome di un’integrazione farlocca, abbia permesso alle fazioni integraliste di finanziarsi persino le scuole e la formazione dell’islamismo più estremo, con i risultati che tutti abbiamo oggi sotto gli occhi. Adesso il nemico sta in casa e non c’è verso di mandarlo via.
Poi, come talvolta accade, ci pensa la vita a risolvere le cose (le coincidenze non esistono) e mi sono imbattuta in un articolo di Gramellini che racconta come il sindaco di Riace, Mimmo Lucano, sia stato insignito di un riconoscimento dal settimanale americano “Fortune” per avere creato un modello di integrazione funzionante. Che Riace fosse un paese desolato posso testimoniarlo io: tutti i riacesi sono emigrati a Santena, dalle mie parti, e hanno portato, a casa mia, persino i loro santi patroni. A fine settembre si festeggiano da noi Santi Cosma e Damiano, con tanto di fuochi d’artificio, giostre e pesca di beneficenza. Per il santo ufficiale, San Lorenzo, il 10 agosto non si fa altrettanto casino.
Quindi, ricapitolando: i riacesi sono emigrati in Piemonte e sono parte integrante della popolazione ormai da decenni, mentre altri immigrati hanno ripopolato Riace fornendo al mondo un chiaro esempio di integrazione funzionante. Come abbiano fatto non lo so, posso solo ipotizzare che sia ospiti che ospitanti abbiano mostrato reciproca tolleranza e condiscendenza, così come avviene nel libro di Laura Vargiu. Il sano vecchio rispetto alla base di tutto. 
Il cerchio si chiude così. E allora forse c’è ancora speranza, forse si può ancora fare, forse Laura Vargiu ha ragione e io la ringrazio per avercelo ricordato.

La tranquilla quotidianità di un piccolo e non bene identificato paese di provincia viene turbata all’improvviso da una notizia inattesa: il progetto di costruzione di una moschea da parte della folta comunità di stranieri formalmente bene integrati.
In un clima crescente di diffidenza, timore, ottusità e stupido puntiglio nei confronti della novità, a partire dalla stessa amministrazione comunale, si sviluppa la vicenda che vedrà contrapposte le due parti della popolazione, quella degli abitanti locali e quella dei nuovi residenti, tutti di fede islamica. 
Il progetto di costruzione del nuovo edificio di culto diventerà dunque motivo di disputa, ma anche occasione di riflessione su tematiche attuali quali immigrazione e accoglienza, nonché rispetto e riconoscimento reciproco dei diritti di tutti. 
Sarà infine il parroco del paese, con l’aiuto di un santo patrono venuto forse dalle stelle, a dire l’ultima parola risolvendo inaspettatamente l’ingarbugliata situazione.


di Laura Vargiu | Zerounoundici Edizioni | Mainstream 
EAN 9788863079395 | ebook 2,99€ Acquista | cartaceo 13,00€ Acquista


Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag
L’occasione di una vita, ebook Lettere Animate
Un errore di gioventù, 0111 Edizioni
Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni.
Il tesoro dentro, 0111 Edizioni.



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