Fuori è brutto tempo. Lo vedo attraverso le finestre. Non amo questo luogo, non amo questo odore d’inchiostro sprigionato dalle macchine surriscaldate, non amo questi neon eternamente accesi. Le fotocopie cadono a raffica, i motori rombano e l’animatore della stazione radio regolata al massimo volume rende questo rumore assordante ancora più insopportabile.
Si susseguono battute e brutti brani di musica. Non potrei mai lavorare qui. O mi servirebbe un casco come quelli degli operai che si proteggono dal rumore dei martelli pneumatici. Avrei dovuto dire al mio assistente di fotocopiare lo Stabat Mater di Pergolesi invece di fare la fila in questo orrendo negozio, ma sono troppo leale, e mi ritrovo a perdere tempo in luoghi così deprimenti. Non posso impedirmi di pensare alla morte di Pergolesi. Me lo immagino mentre sputa sangue, solo nel suo convento, affrettandosi a terminare Stabat Mater. Doveva mancargli l’aria, doveva sentirsi esausto e angosciato. Eppure la sua musica trasmette una grande serenità, è allo stesso tempo commovente e gioiosa. Come ha fatto? Lo ammiro: a ventisei anni era capace di mettere in musica il dolore di una madre che assiste impotente all’agonia del figlio. Eppure era un maschio, e per di più senza figli. Aveva capito tutto. È morto giovane, ma in fondo ha realizzato i suoi sogni.
Io a quarantacinque anni non posso dire altrettanto: sono in coda in uno squallido posto e mi innervosisco perche ho paura di essere in ritardo all’appuntamento con un ragioniere.
Credo che il mio spartito sia pronto, mi sembra di vederlo. Ci sono due persone davanti a me. Un tizio è molto occupato là in fondo al negozio, credo anche lui per via della musica.
È raro. Di solito in questo posto vengono giovani tirocinanti che fanno ricopiare le loro tesi scientifiche. Il negozio di fotocopie è nel bel mezzo delle costruzioni del Centro di ricerche, è pratico per loro. Che età può avere, invece, quell’uomo? È più grande di me, penso. Per quanto… Difficile da dire, visto da dietro. Un paio di jeans, una t-shirt nera, i capelli un po’ lunghi e ricci. Ah, finalmente è il mio turno.
Sei euro e ventiquattro. Non ho spicci, come il solito.
Farò tardi.
Si susseguono battute e brutti brani di musica. Non potrei mai lavorare qui. O mi servirebbe un casco come quelli degli operai che si proteggono dal rumore dei martelli pneumatici. Avrei dovuto dire al mio assistente di fotocopiare lo Stabat Mater di Pergolesi invece di fare la fila in questo orrendo negozio, ma sono troppo leale, e mi ritrovo a perdere tempo in luoghi così deprimenti. Non posso impedirmi di pensare alla morte di Pergolesi. Me lo immagino mentre sputa sangue, solo nel suo convento, affrettandosi a terminare Stabat Mater. Doveva mancargli l’aria, doveva sentirsi esausto e angosciato. Eppure la sua musica trasmette una grande serenità, è allo stesso tempo commovente e gioiosa. Come ha fatto? Lo ammiro: a ventisei anni era capace di mettere in musica il dolore di una madre che assiste impotente all’agonia del figlio. Eppure era un maschio, e per di più senza figli. Aveva capito tutto. È morto giovane, ma in fondo ha realizzato i suoi sogni.
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Per maggiori info sul libro, click sulla copertina.
Il buon giorno di vede dal mattino, dicono, e un buon incipit e una copertina accattivante possono essere il perfetto bigliettino da visita di un libro.
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