Gli scrittori della porta accanto

"I beati anni del castigo" di Fleur Jaeggy, recensione di Samantha Terrasi


"I beati anni del castigo" di Fleur Jaeggy, Gli Adelphi, 1993, un racconto autobiografico. Quell’immaginario collegio da cui tutti siamo usciti, tra perfezione e follia.

“A quattordici anni ero educanda in un collegio dell’Appenzell.”

Il breve romanzo che potremo considerare autobiografico I Beati anni del castigo di Fleur Jaeggy è una pagina testimone della sua infanzia e adolescenza.
Il collegio è un mondo chiuso, lo descrive per brevi e intense pennellate. Ci appare come è. Come ci si potesse sentire, senza addolcire o imbruttire nessuno spazio. Il tratto realistico che ci accompagna ci assuefà a un mondo circolare. Il collegio è un luogo quasi a-spaziale dove ognuna delle educande si costruisce una propria immagine e lo può fare solo nel modo di parlare, di mostrarsi alle altre. Non esistono vezzosità.
Il romanzo gira intorno a Frédérique, ragazza il cui mondo sembra fatto di porcellana finissima ma estremamente preziosa.

“Il cognome di Frédérique significa racconto.”

Ed è un filo di parole ad intermittenza la loro amicizia, fatto di passeggiate. Quel mondo circolare che abbiamo trovato all’inizio si inserisce in queste lunghe giornate. Il cammino non ha significato di Viaggio ma di conoscenza della protagonista verso se stessa. La passeggiata non è un entrare nello specchio ma un ammirarsi da fuori. Attraverso l’amicizia che confonderà con l’amore o l’ammirazione, il personaggio, la stessa Fleur, cresce, si delinea nella sua struttura che non potremo definire né forte né fragile
La neve, insieme all’amica, sono protagonisti di un paesaggio che muta. E’ un velario d’ombra che accompagna sentimenti e umori.

“La parola Adieu, un suono breve e immaginato”.

E in questo strano viaggio è proprio la parola Addio che in italiano ha un suono più duro rispetto al francese a far da bandiera. Ci trasporta in regni fatti di lettere scritte per circostanza o per bisogno.
La parola Adieu e la morte che segna un punto di non ritorno. La pazzia che frantuma la porcellana e la ricerca di un Io che è rimasto attaccato alle mura di collegio.
Il tempo si veste di attesa e di ricerca di una bambola gettata subito perché non ritenuta importante. E’ la fanciullezza di pezza. E l’Adieu si capovolge. Tutto sparisce o tutto si trasforma fuori dal collegio come se uno strano sogno avesse inglobato la realtà. Dal breve romanzo si esce invece con una realtà che scompare in un sogno mai pronunciato.


Un collegio femminile in Svizzera, nell’Appenzell. 
Un’atmosfera di idillio e cattività. 
Arriva una «nuova»: è bella, severa, perfetta, sembra che abbia già vissuto tutto. 
La protagonista – un’altra interna del collegio – si sente attratta da questa figura, che lascia intravedere qualcosa di quieto e terribile. 
E il terribile, a poco a poco, si scopre: è la terra di nessuno tra perfezione e follia. 
Lo stile limpido e nervoso, l’acutezza delle notazioni, l’intensità di questa storia fanno risuonare una corda segreta, quella che si nasconde nell’immaginario collegio da cui tutti siamo usciti. E ci lascia toccati da un’emozione rara, fra lo sconcerto, l’attrazione e il timore, come se al centro di un’aiuola ben curata vedessimo aprirsi una voragine.


di Fleur Jaeggy  | Gli Adelphi | Romanzo autobiografico
ISBN 978-8845910081  | cartaceo 6,80€ Acquista 





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Samantha Terrasi
Vivo tra Torino e Roma, dove sono nata. Mia nonna avrebbe voluto che mi chiamassi Maria Concetta, ma per fortuna mio padre di ritorno da un viaggio negli States mi ha chiamato Samantha, rigorosamente con la h. Formazione scientifica, una laurea in biologia molecolare per poi scegliere di tramandare il mio sapere agli studenti. Sono una professoressa di matematica e scienze senza occhiali e quando non mi trovo tra equazioni e studenti, scrivo.
Parole nel vento, Aletti Editore, 2012.
Ti aspetto, Lupo Editore.



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