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di Patrick Fogli
Piemme | 672 pagine
È Malaparte il primo a parlare.
“E poi aspettiamo di vedere cosa succede. La manodopera non manca. E nemmeno la capacità organizzativa. Possiamo farlo, se ci sarà bisogno di farlo. Ma il disegno politico è più ampio.”
Il silenzio che scende alla fine della frase è pesante come un fulmine in una notte d’estate.
Siete voi che siete funzionali al nostro disegno politico.
Franco Ronzani continua a ripetersi la frase di Nicoletto. E a chiedersi se in quell’aggettivo, dentro quel nostro, sia compreso anche lui. Se tutto quello che hanno fatto dopo che Ordine Nuovo è stato sciolto non sia stato altro che un gioco molto più grande di cui, ingenuamente, non è riuscito ad accorgersi. Guarda Malaparte.
Poi è Antonini a riprendere il discorso.
Un ping pong che attraversa i due lati del tavolo. Ronzani si chiede quanto di quello che sta succedendo sia improvvisato e quanto, invece, frutto di un accordo fra i tre vecchi del gruppo.
“Su una cosa, però, il nostro ragazzo ha ragione. Bisogna mantenere i contatti. Non dobbiamo agire da soli. Mai, sarebbe la fine. Per questo, Stefano, ho bisogno che tu vada a Parigi. Pensi di poterlo faro o devo pensare che stasera, a questo tavolo, sia successo qualcosa di irrecuperabile?”
La risposta del ragazzo cancella senza esitazione il silenzio alla fine della frase.
“No, professore. Non è successo niente. Dimmi cosa devo fare.”
“Voglio che tu incontri Aurelio Grimaldi.”
“Pensavo fosse in Bolivia.”
“Esistono gli aerei.”
Stefano conosce bene Grimaldi. Anche se non lo ha mai incontrato di persona, il suo è un nome che significa qualcosa nell’ambiente. È latitante in Sudamerica da un bel po’ di tempo, ormai. Partito con l’aiuto dei servizi. E tenuto coperto con gli stessi appoggi. La Spagna di Franco, il Portogallo o era l’America del Sud. Un paio di volte ha sentito Stella che parlava al telefono. Dandogli del tu.
“Quando vuoi che parta?”
“Te lo faccio sapere nei prossimi giorni. Devo verificare alcuni dettagli.”
“E cosa vuoi che faccia?”
“Parlagli. Senti cosa ti dice. Senti che progetti ha, chi c’è con lui. Se è disposto a fare delle cose con noi. Se il suo mondo è ancora l’Italia. Se questo è ancora il suo Paese. Come lo è per noi. Sei giovane e non lo conosci personalmente. Per questo puoi essere utile. E so che ti vuole incontrare.”
Stefano annuisce. Il professore si alza. Per farlo si appoggia al bastone da passeggio. Lo hanno sempre visto camminare così. Eppure nessuno dei presenti a quel tavolo sa come sia diventato zoppo, né ha mai osato chiederglielo.
“Si è fatto tardi. E devo rientrare.”
“E poi aspettiamo di vedere cosa succede. La manodopera non manca. E nemmeno la capacità organizzativa. Possiamo farlo, se ci sarà bisogno di farlo. Ma il disegno politico è più ampio.”
Il silenzio che scende alla fine della frase è pesante come un fulmine in una notte d’estate.
Siete voi che siete funzionali al nostro disegno politico.
Franco Ronzani continua a ripetersi la frase di Nicoletto. E a chiedersi se in quell’aggettivo, dentro quel nostro, sia compreso anche lui. Se tutto quello che hanno fatto dopo che Ordine Nuovo è stato sciolto non sia stato altro che un gioco molto più grande di cui, ingenuamente, non è riuscito ad accorgersi. Guarda Malaparte.
Poi è Antonini a riprendere il discorso.
Un ping pong che attraversa i due lati del tavolo. Ronzani si chiede quanto di quello che sta succedendo sia improvvisato e quanto, invece, frutto di un accordo fra i tre vecchi del gruppo.
“Su una cosa, però, il nostro ragazzo ha ragione. Bisogna mantenere i contatti. Non dobbiamo agire da soli. Mai, sarebbe la fine. Per questo, Stefano, ho bisogno che tu vada a Parigi. Pensi di poterlo faro o devo pensare che stasera, a questo tavolo, sia successo qualcosa di irrecuperabile?”
La risposta del ragazzo cancella senza esitazione il silenzio alla fine della frase.
“No, professore. Non è successo niente. Dimmi cosa devo fare.”
“Voglio che tu incontri Aurelio Grimaldi.”
“Pensavo fosse in Bolivia.”
“Esistono gli aerei.”
Stefano conosce bene Grimaldi. Anche se non lo ha mai incontrato di persona, il suo è un nome che significa qualcosa nell’ambiente. È latitante in Sudamerica da un bel po’ di tempo, ormai. Partito con l’aiuto dei servizi. E tenuto coperto con gli stessi appoggi. La Spagna di Franco, il Portogallo o era l’America del Sud. Un paio di volte ha sentito Stella che parlava al telefono. Dandogli del tu.
“Quando vuoi che parta?”
“Te lo faccio sapere nei prossimi giorni. Devo verificare alcuni dettagli.”
“E cosa vuoi che faccia?”
“Parlagli. Senti cosa ti dice. Senti che progetti ha, chi c’è con lui. Se è disposto a fare delle cose con noi. Se il suo mondo è ancora l’Italia. Se questo è ancora il suo Paese. Come lo è per noi. Sei giovane e non lo conosci personalmente. Per questo puoi essere utile. E so che ti vuole incontrare.”
Stefano annuisce. Il professore si alza. Per farlo si appoggia al bastone da passeggio. Lo hanno sempre visto camminare così. Eppure nessuno dei presenti a quel tavolo sa come sia diventato zoppo, né ha mai osato chiederglielo.
“Si è fatto tardi. E devo rientrare.”
~ 69 ~
Una mattina di novembre, sei uomini armati in una banca. Una comune rapina, che si porta dietro un cadavere. La vita di Francesco che cambia di colpo. Quando qualcosa che dovrebbe chiudere col passato finisce invece per andarlo a stanare.
Un passato lontano. La fine degli anni Settanta, l’inizio degli anni Ottanta. Una loggia massonica che ha al suo interno militari, politici, uomini dei servizi segreti, banchieri e bancarottieri. Ragazzi di vent’anni che diventano il più pericoloso gruppo terroristico di estrema destra. Un’organizzazione clandestina che cambia faccia, ma non cambia uomini, non cambia ideali. Un magistrato che tenta di capire. E un uomo che molti vorrebbero uccidere insieme ai suoi segreti e che Francesco, invece, vorrebbe conoscere. Il suo presente viene dalla storia di quegli anni, coperta da una polvere così sottile che a volte basta soffiare un po’ più forte per farla affiorare. Dal racconto di quell’Italia assordata da troppi silenzi. E di quello che è successo prima e dopo l’esplosione alla stazione di Bologna, il 2 agosto 1980.
Un passato lontano. La fine degli anni Settanta, l’inizio degli anni Ottanta. Una loggia massonica che ha al suo interno militari, politici, uomini dei servizi segreti, banchieri e bancarottieri. Ragazzi di vent’anni che diventano il più pericoloso gruppo terroristico di estrema destra. Un’organizzazione clandestina che cambia faccia, ma non cambia uomini, non cambia ideali. Un magistrato che tenta di capire. E un uomo che molti vorrebbero uccidere insieme ai suoi segreti e che Francesco, invece, vorrebbe conoscere. Il suo presente viene dalla storia di quegli anni, coperta da una polvere così sottile che a volte basta soffiare un po’ più forte per farla affiorare. Dal racconto di quell’Italia assordata da troppi silenzi. E di quello che è successo prima e dopo l’esplosione alla stazione di Bologna, il 2 agosto 1980.
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