Gli scrittori della porta accanto

[FotografiA] Cristian Palmieri, il fotografo che ritrae la donna moderna "Fuori dall'ombra", di Samantha Terrasi



Cristian Palmieri, fotografo, e il suo nuovo progetto Fuori dall'ombra: «Non è un progetto che vuole trattare di violenza ma rappresentare la donna per ciò che è, il suo essere, un modo per dire “io esisto e sono capace”».

Come si legge sul suo sito web, Cristian Palmieri è un fotografo figlio d’arte.
Inizia ad assistere il papà fotografo fin dall’età di 8 anni. Studente di terza media, in occasione della gita scolastica riceve in prestito la Rolleiflex del padre e se ne innamora.

Buongiorno Cristian e grazie di essere qui tra noi. Di solito si chiede sempre a un artista di parlare di sé, io invece vorrei cominciare partendo dalle tue opere. Le tue fotografie. Cosa raccontano? Quale storia ci vuoi mostrare?
Noi fotografi non dobbiamo apparire, non è importante chi sono ma è giusto porre l'attenzione su ciò che faccio nel caso specifico parlo di donna, la donna moderna, quella che incontro in strada o che per qualsiasi motivo ha incrociato la mia esistenza.
Sebbene negli ultimi anni abbia preso a cuore la vita delle donne io nasco paesaggista e amo i reportage e a dire il vero fino ad alcuni anni fa non ho mai fotografato persone e tendevo ad escluderle dalle mie inquadrature tanto ero sfiduciato dal prossimo. Oggi la mia crescita personale e le mie esperienze mi hanno portato a rivedere molti pregiudizi e la mia attenzione si è spostata sul genere umano in tutte le sue varie sfaccettature. Che sia forma del corpo, o forma dell'anima la persona è diventata il punctum della mia fotografia.

Il tuo progetto Fuori dall’Ombra cosa rappresenta? Come è nato? E’ una tua idea o il frutto di una collaborazione?
Come spesso accade per i miei progetti, Fuori dall'ombra è nato per caso. Lavoravo ad una storia che raccontava la falsa e presunta emancipazione della donna, una storia ironica realizzata con quattro diverse donne legate in qualche modo dal mondo dell'arte e della cultura (Una porta, una finestra, due mura).
La storia di una di queste donne mi aveva colpito in modo particolare. Era una donna davvero forte di carattere, madre separata con una figlia dolcissima ed intelligente. La sua vita era una lotta continua con il mondo e l'ho ammirata da subito. Per rappresentare una donna così non mi era sufficiente un solo scatto, ce ne sarebbero voluti decine e così l'ho ripresa mediante un trittico che la rappresentasse da capo a piedi. Sviluppando l'idea ho cercato di mettere in risalto le tre parti del nostro corpo dove risiedono i nostri tre cervelli principali (ebbene sì, abbiamo tre cervelli autonomi e indipendenti): testa, busto, pancia; cervello, cuore, stomaco; ragione, passione, istinto.
Per finire le mani presenti in ogni scatto che, dopo lo sguardo, completano con il loro dire il ritratto della modella di turno.
Sia ben chiaro che non è un progetto che vuole trattare di violenza ma vuole rappresentare la donna per ciò che è, il suo essere, un modo per dire “io esisto e sono capace”. Non ho fatto altro che dare voce attraverso la fotografia alla donna moderna.

Cristina Palmieri, fotografie dal suo progetto Fuori dall'ombra

Dove vuole arrivare? Può davvero “la fotografia” arrivare così lontano, secondo te?
Il mio desiderio è sensibilizzare più persone possibili e la fotografia è un mezzo immediato e d’impatto. Non è possibile rimanere impassibili di fronte alle mie opere che sono di dimensioni 100 x 150 cm e sovrastano l’utente che si immerge nella dimensione delle 50 donne ritratte e che probabilmente non vedrà allo stesso modo la donna della porta accanto o la compagna di una vita.

Tu come fotografo cosa hai cercato nelle donne? Perché hai scelto il bianco e nero? Quanto tempo è durata la tua ricerca?
Al di là della ricerca tecnica e sociologica, la bellezza del lavoro è che io non mi aspettavo e non cercavo nulla dalle ritrattate. Sono stati momenti di una emozione unica e mi sono lasciato trasportare dai loro racconti e dalle loro storie. Ogni immagine una storia da raccontare, una ragnatela di vite che ho avuto la fortuna di ascoltare senza giudizi e pregiudizi. In questi 7 anni di studio ho solo ricevuto e quando ho potuto ho anche donato ma di gran lunga è la mia persona che ci ha guadagnato.
La tecnica di un bianco e nero fortemente contrastato è dovuta ad una scelta legata al binomio luce-ombra oltre a voler mettere in risalto l'essenza dell'immagine, inoltre il colore avrebbe certamente distolto l'attenzione dal minimalismo da me ricercato e condizionato gli scatti al momento della ripresa, condizionamento dovuto alla scelta degli abiti da parte della volontaria di turno.

L’esigenza di dare voce alle donne. È ormai un’esigenza sempre più marcata. Le donne sono dappertutto, ma c’è qualcosa che ci sfugge o che non prendiamo in considerazione, perché la violenza le schiaffeggia giornalmente. Cosa manca davvero in questa società? Se manca qualcosa, naturalmente.
Tante cose sono state fatte se pensiamo alla situazione femminile di qualche secolo fa o addirittura qualche decennio fa. Differenze tra uomo e donna ci sono ed è giusto che ci siano ma ciò che ancora si fatica a capire è che la dignità ed il rispetto non hanno genere. Vedo poca partecipazione degli uomini nelle varie manifestazioni pro donna ed in questo l'uomo merita più di una tirata d' orecchie. Anche se nelle migliori intenzioni e con l'animo giusto l'uomo non vuole lottare, è pigro quando si tratta questo tema.
Bisogna urgentemente partire dalle nuove generazioni, sono loro la nostra speranza e non dobbiamo buttarle nella società allo sbaraglio. Penso sia urgente agire dentro le scuole e direttamente nelle famiglie.
La repressione è un cerotto piccolo su una ferita molto grande ma necessaria in questo periodo storico.

Cosa ti ha emozionato di più in questo progetto? C’è qualcosa che ti ha fatto piangere? Una storia che ti è rimasta impressa?

Un’emozione che credo di non aver mai provato in vita mia è stata il giorno dell'inaugurazione della prima uscita del progetto con la mostra realizzata a Montepagano lo scorso anno. Duecento persone che hanno ascoltato quello che avevo da dire, le performance dei poeti e delle danzatrici che hanno accompagnato quell'evento mi hanno fatto scappare qualche lacrima di gioia. Io non piango oramai da alcuni decenni e ancora oggi ho il cuore a mille per quello che ho provato quel giorno.
Per quel che riguarda le storie delle donne da me ritrattate, sarebbe davvero riduttivo soffermarmi su una sola di esse. Sono stato fortunato nell'aver conosciuto persone splendide e solo per il fatto di avermi fatto entrare in casa senza neanche conoscermi è stato motivo di orgoglio per me.
Una curiosità che mi sento di raccontare è quella relativa a due turiste tedesche che hanno visitato la mia mostra e che dopo mi hanno chiesto di poter essere ritratte ed entrare nel progetto. Non parlavano italiano e poco inglese ma hanno recepito il messaggio immediatamente guardando solo le opere al muro. Bello, no?

Cristina Palmieri, fotografie dal suo progetto Fuori dall'ombra - Intervista al fotografo

La foto che porteresti sempre con te.
Non una ma una serie di foto sono tra le mie preferite, ”Io non ho mani che mi accarezzino il volto” di Mario Giacomelli. Poesia in immagini utilizzando esclusivamente due colori: bianco e nero.

Un libro che rileggeresti mille volte.
Il piccolo principe e Le avventure di Tom Sawyer.

Un film che ti ha dato la possibilità di riflettere.
Million dollar baby, ancora oggi ci rifletto e ammetto che non ho il coraggio di rivederlo.

Cosa volevi fare da bambino e ora guardandoti allo specchio, quel bambino che eri, è felice?
Da bambino volevo solo crescere, non avevo tante speranze o sogni da realizzare, volevo diventare adulto. Fin da piccolo ho vissuto alla giornata e devo dire che questo mi ha aiutato a superare tante delusioni ma allo stesso tempo accontentarmi di tante piccole cose quotidiane. Attualmente sono felice di me e di quello che ho. Forse perché la sindrome di Peter Pan non mi abbandona mai.

Se dovessi scegliere una favola cosa racconteresti?
Forse Peter Pan? Sì, Peter Pan.

Un sogno, perché senza sogni non riusciamo a costruirci un futuro.
Quando non ci sarò più spero che le mie immagini mi sopravvivano. Spesso mi soffermo a pensare sul fatto che quello che realizzo ora potrà essere di stimolo per altri in futuro.

Un monito per chi legge.
Non prendetemi troppo sul serio, ma prendetevi sul serio. Quello che dico io poco importa se non lo si sente di persona.

Una frase che ti tatueresti.
Non amo i tatuaggi su di me anche se mi piacciono sul corpo degli altri ma se dovessi fare una pazzia scriverei “Grazie di esistere” dedicato a mia moglie ed ai miei figli.

I tuoi prossimi progetti.
Ho in corso un paio di progetti, il primo vedrà la luce ad aprile del 2018 e sarà una vera e propria installazione fotografica dedicata alla memoria ed ai ricordi. Il secondo progetto invece sarà molto più impegnativo e forse impiegherà anni prima che si realizzi del tutto poiché si tratta di una ricerca mediante ritratti relativi ad un luogo a me caro che si sta spopolando sempre più.
Inoltre non dimentico Fuori dall'ombra che non abbandonerò mai finché le forze me lo permetteranno.

Grazie mille, per averci raccontato qualcosa di te e del tuo lavoro.

Fotografie di Cristan Palmieri - Donne, ritratti



Samantha Terrasi
Vivo tra Torino e Roma, dove sono nata. Mia nonna avrebbe voluto che mi chiamassi Maria Concetta, ma per fortuna mio padre di ritorno da un viaggio negli States mi ha chiamato Samantha, rigorosamente con la h. Formazione scientifica, una laurea in biologia molecolare per poi scegliere di tramandare il mio sapere agli studenti. Sono una professoressa di matematica e scienze senza occhiali e quando non mi trovo tra equazioni e studenti, scrivo.
Parole nel vento, Aletti Editore, 2012.
Ti aspetto, Lupo Editore.


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