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Recensione: Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan, di Carlos Castaneda

Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan, di Carlos Castaneda

Libri Recensione di Andrea Pistoia. Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan, di Carlos Castaneda, BUR, 2012. Un racconto illuminante, il capitolo finale della trilogia dedicata agli insegnamenti di don Juan Matas, l'indio yaqui che ha svelato a Castaneda i misteri della sua antica cultura.

Quando il mio bisogno di misticismo prende il sopravvento, eccomi sprofondare in un nuovo libro di Carlos Castaneda e del suo maestro don Juan. Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan chiude la trilogia dell’autore che da ‘apprendista stregone’ pone le basi per essere uno sciamano.
Ma di che cosa tratta questo terzo libro?
È per certi versi un reboot, ovvero riviviamo il primo incontro di Castaneda col suo maestro, per poi seguire gli insegnamenti di quest’ultimo sul modo giusto per cacciare gli animali e trovare le piante magiche fino a giungere agli scontri con la strega Catalina e alle chiacchierate con don Genaro, un altro sciamano. Tutto questo all’insegna di una maggiore comprensione dell’universo, delle leggi ‘sottili’ che lo governano e di come controllarle.


Per chi ha già letto gli altri due, salta subito all’occhio come per l’appunto questo libro non sia il seguito della vita dell’autore narrata nei precedenti volumi ma un approfondimento.

Infatti, il primo romanzo abbraccia gli anni dal 1961 al 1964, il secondo dal 1968 al 1970 mentre il terzo dal 1960 al 1971. Ergo, se non si conosce questo antefatto, all’inizio della lettura si resta spiazzati e confusi in quanto non si riesce a collocare cronologicamente gli episodi narrati. Ma, superata questa prima incertezza temporale, la lettura si fa più spedita e chiara.
Si parte subito, per poi proseguire, con i botti: fin dalle prime pagine si entra in concetti profondi e spiazzanti, difficili da concepire per una mente occidentale razionale. Si parla di cancellare la propria storia personale, di come diventare un guerriero, inteso come un uomo di sapere, della differenza tra guardare e vedere e tra fare e non fare, del potere intrinseco nel mondo, del compito degli spiriti, di come avere il controllo dei propri sogni e del vedere le energie sottili (o aura, per coloro che masticano le medicine orientali). Concetti ammetto difficili da comprendere per chi non è mai venuto a contatto con certe discipline, ma accessibili a chi ha conoscenze di pranoterapia, filosofia orientale e scienze esoteriche, anche se spiegate in modo e con termini differenti.
Altri concetti invece, anche per chi è avvezzo a certe pratiche fuori dall’ordinario, lasciano un po’ perplessi (come il fatto che anche il vento ha una sua volontà e potere o certi rituali strampalati e al limite del buon senso) in quanto non si capisce se quelle azioni abbiano una ragione d’essere o siano solo un escamotage di don Juan per aprire la mente al suo discepolo (ad esempio, possibile che sia veramente mortale per Carlos allontanarsi da un luogo o voltare le spalle ad una, presunta, strega? In tal caso, possiamo accettare come veritiera una superstizione? Mah…).


In tutto questo, Castaneda ascolta il punto di vista e le spiegazioni del maestro, mettendole in discussione, ponendovi delle domande inevitabili e cercando delle soluzioni logiche (anche se certi fatti misteriosi non possono in alcun modo essere compresi con un approccio razionale ed occidentale). Senza contare che don Genaro, al pari del suo amico sciamano, stupisce per i suoi comportamenti fuori da ogni logica, al punto che ci si domanda seriamente se lui sia un uomo che ‘vede oltre’ o solo un pazzo (anche se, proseguendo con la lettura, si scopre come tutte le sue azioni abbiano una spiegazione plausibile).

Don Juan non si limita solo a imbastire rituali strambi ma, col suo fare sempre ambiguo ed enigmatico, spiattella in faccia al suo allievo quanto quest’ultimo sia pieno di conflitti e di debolezze che non gli permettono di diventare un vero sciamano

A tratti affettuoso e a tratti diretto ed implacabile, gli mostra quanto sia fragile nella sua arroganza ma anche curioso e pronto a rischiare. Non di meno, lo sprona a superare i propri limiti, anche ponendolo in situazioni scomode o pericolose (ad esempio, lasciandolo in balia delle entità in piena notte, tra le colline, senza possibilità di trovare una via di fuga o una direzione per tornare alla civiltà). 
Tutto questo è solo un’immensa prova per spingere Carlos a diventare un guerriero e, indirettamente, ad insegnare a noi come affrontare certi ostacoli della vita. Eccetto alcune parti, le quali lasciano il tempo che trovano (quasi tutto il capitolo su come cacciare gli animali e cucinarli), nel libro si trovano vere e proprie perle di saggezza (ad esempio quando ci rispecchiamo nell’autore e nelle sue debolezze, ammettendo in fondo come la nostra vita e le nostre abitudini non siano così funzionali e prioritarie come c’illudiamo che siano e come l’uomo moderno stia buttando via il suo tempo in attività futili e in pensieri superflui).
Senza contare alcuni interi capitoli degni di nota, che meritano più di una rilettura, come quello sull’ultima azione del guerriero, il quale prima di passare a miglior vita offre alla morte la sua danza, maestosa ed incantatrice.
Nota di merito va all’ultimo capitolo, il quale vale da solo i soldi spesi per l’intero libro (giuro!), con un finale col botto: 

[SPOILER!]
Castaneda prima parla con uno spirito guida, il quale gli spiega il motivo razionale e logico di tutti gli atteggiamenti strambi e misteriosi che i suoi maestri hanno rivolto all’allievo, e poi ‘ferma il mondo’, ovvero lo vede com’è in realtà, percorso da migliaia di filamenti d’energia uniti da un legame che accomuna tutti gli esseri della terra, lui compreso. Vede tutto questo e capisce il discorso di don Genaro sul fatto che quest’ultimo sia ancora in ‘viaggio verso Ixtan’.
[FINE SPOILER].

Quindi, che giudizio darei a questo libro?

Il finale è epico e commovente. Certo non è un libro di facile lettura e chi si appresta a leggerlo dovrà essere sintonizzato su una certa prospettiva più mistica e sopra le righe del mondo per apprezzarlo appieno.
Poi, se soprassediamo ad alcune parti che lasciano perplessi per la loro reale gravità (vedi tutti i discorsi di don Juan sul se non fai la tal cosa ti ucciderà) troviamo un libro appassionante, illuminante e riflessivo. Il maestro che mostra all’allievo le zone d’ombra e le debolezze di quest’ultimo è un valore aggiunto e dà profondità e spessore all’opera.
A livello narrativo, il libro scorre come i suoi predecessori, quindi è sempre un piacere ritornare al ‘caro vecchio stile-Castaneda’.
L’unica cosa che mi ha lasciato perplesso, lo ammetto, è stato questo scrivere nel terzo libro fatti che sono accaduti a cavallo degli altri due. È come se un autore realizzasse una trilogia sulla propria vita ma nel primo romanzo spiegasse, ad esempio, la sua vita lavorativa, nel secondo quella affettiva e nel terzo quella mistica, penalizzando il lettore che a causa di questa ‘scissione’ non riesca a comprendere pienamente quanto un elemento abbia potuto influire sugli altri. Sarebbe stato interessante, e più logico e diretto, avere una continuità tra i tre, portando avanti la narrazione di tutte le esperienze in una loro corretta cronologia.

Chiariamo: i libri della trilogia di Carlos Castaneda restano comunque comprensibili e non vanno ad intaccare più di tanto lo spessore narrativo e la qualità delle esperienze che ha vissuto. 

C’è però da dire di contro che certi episodi posti nel giusto contesto cronologico avrebbero, secondo me, avuto un impatto maggiore per il lettore. Anche perché, con che criterio certi episodi di una certa importanza, se non fondamentali per l’apprendistato di Carlos, non vengono menzionati nel primo libro e solo nell’ultimo?
Capisco il voler enfatizzare certe esperienze per dare una continuità a quegli elementi su cui ha focalizzato un libro (l’incontro con le piante magiche nel primo romanzo) ma, cavoli, alcune cose accadute nel terzo romanzo sono spettacolari e sconvolgenti!
Morale della favola: il terzo libro si riconferma accattivante e ricco di spunti riflessivi quanto i primi due e meritevole di essere letto sia come degno finale della trilogia sia come libro da leggere a sé stante (anche se, ovviamente, leggere tutta la trilogia sarebbe la cosa più consigliata).
C’è sempre da imparare da Castaneda e don Juan.


Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan

di Carlos Castaneda
BUR
Saggio
ISBN 978-8817054652
Cartaceo 8,50€
Ebook 6,49€

Sinossi
Viaggio a Ixtlan è il capitolo finale della trilogia dedicata agli insegnamenti di don Juan Matas, l'indio yaqui che ha svelato a Castaneda i misteri della sua antica cultura. Un racconto illuminante, che ci permette di ripercorrere l'ultimo apprendistato dell'autore: il viaggio destinato a portarlo - attraverso lezioni, esercizi corporali e spirituali, prove, visioni - a percepire finalmente l'universo quale è, senza il filtro delle convenzioni. È giunto il momento di accostare, e fare proprio, un concetto fondamentale, che sta alla base del cammino verso una comprensione profonda dell'esistenza: la differenza tra il "guardare" quotidiano e il "vedere" del saggio. E, attraverso questo nuovo sguardo, padroneggiare la facoltà di "fermare il mondo", per interrompere il flusso di immagini nel quale scomponiamo il reale e giungere a un istante di totale lucidità.
Andrea-Pistoia

Andrea Pistoia
Nasco in una solare giornata di luglio a Vigevano. A dodici anni scoppia l’amore per la letteratura. Affronto la scuola come un condannato a morte. In compenso la mia cultura extra-scolastica cresce esponenzialmente. Dopo due anni vissuti a Londra, torno in Italia come blogger, giornalista, recensore di fumetti e sceneggiatore di un fumetto online per una nota casa editrice. Chitarrista dei ‘Panama Road’, direttore editoriale di una fanzine online.
Ancora e mai più (nelle mutande), Youcanprint.
Di donne, di amori e di altre catastrofi, Youcanprint.


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