Viaggi Di Luigi Lazzaroni Canarie, La Palma, detta l'Isla Bonita: viaggio sull'isola di uno dei sei vulcani più pericolosi al mondo.
Lo sai che la chiamano l’Isla Bonita ma in realtà è uno dei sei vulcani più pericolosi al mondo? – sguardo interrogativo – Quando il vulcano dell’isola di La Palma erutterà di nuovo potrebbe far crollare metà isola e provocare uno tsunami con onde di 40 metri che faranno disastri in Europa e in America – e allora muoviamoci a vedere quest’isola prima che sprofondi, sempre pratica mia moglie.
Grazie alle conoscenze del proprietario svedese dello studio che abbiamo affittato a Santa Cruz de La Palma, riusciamo a noleggiare un’auto con una copia plastificata di patente e via verso il Parque Natural de Cumbre Vieja.
Il cielo è del solito azzurro canario, i cirri spinti dal vento sono bianchi e vaporosi come al solito, anche il bosco di pini delle Canarie è verde come al solito, ma quando il bosco finisce, la terra no, non è la solita tutta cespugli e sassi, la terra è nera, distese di sabbia e pietrisco bruciato, colline di scorie di carbone – è come essere su una spiaggia nera ma senza mare, dice mia moglie –, se non fosse per i pini che testardamente cercano di crescere in questo deserto di cenere potremmo essere sulla luna. Quando c’è stata l’ultima eruzione? – chiede pensierosa – Nel 1971, non ti preoccupare, ancora qualche foto e andiamo – dove? Non dirmi che c’è ancora da camminare...
Grazie alle conoscenze del proprietario svedese dello studio che abbiamo affittato a Santa Cruz de La Palma, riusciamo a noleggiare un’auto con una copia plastificata di patente e via verso il Parque Natural de Cumbre Vieja.
Il cielo è del solito azzurro canario, i cirri spinti dal vento sono bianchi e vaporosi come al solito, anche il bosco di pini delle Canarie è verde come al solito, ma quando il bosco finisce, la terra no, non è la solita tutta cespugli e sassi, la terra è nera, distese di sabbia e pietrisco bruciato, colline di scorie di carbone – è come essere su una spiaggia nera ma senza mare, dice mia moglie –, se non fosse per i pini che testardamente cercano di crescere in questo deserto di cenere potremmo essere sulla luna. Quando c’è stata l’ultima eruzione? – chiede pensierosa – Nel 1971, non ti preoccupare, ancora qualche foto e andiamo – dove? Non dirmi che c’è ancora da camminare...
Mezz’ora di macchina e siamo a un mirador sulla Caldera de Taburiente.
Qualche auto parcheggiata, tedeschi paonazzi scottati dal sole, non è che si veda molto, c’è una valle dirupata di cui si intuisce più che altro la profondità chiusa sull’altro versante da un anfiteatro roccioso più alto del mirador, il resto è tutto una pineta riscaldata dalla luce del pomeriggio. Arriva un autobus – italiani –, guarda, dieci minuti a piedi e arriviamo a un altro mirador, Lomo de las Chozas dice il cartello – sperando non ci seguano tutti. Sul sentiero cespugli di loto giallo, cisto rosa e echium azzurro – sicuramente sono piante endemiche, mia moglie annuisce al marito satuttolui.Oggi si va in montagna alla ricerca delle stelle, dal mare di Santa Cruz al Roque de los Muchachos, 2.426 metri di salita e non siamo sulle Alpi.
La LP-4 è tutta curve e tornanti tra monotone pinete, poi all’improvviso usciamo sopra le nuvole, lontano lontano le sagome del Teide di Tenerife e della montagna della Gomera. Spariti i pini ai bordi della strada restano rocce sempre più colorate, depositi di ceneri nerastre, colate di lapilli viola e una incredibile fascia arancio che si fa bella contro il cielo sempre più blu, ginepri verde scuro, viole delicate e cespugli dai vistosi fiori gialli completano la tavolozza. Cinque minuti a piedi e si arriva sul ciglio della Caldera de Taburiente, tutt’altra vista rispetto al mirador di ieri: le pareti rocciose sono un turbinio di tinte rosso, giallo e ocra che i radi cespugli non riescono a disturbare, dal basso la pineta cerca di risalire i costoni, lontane, in fondo, le case bianche della costa e il mare.
Ed eccoci alle stelle, gli osservatori astronomici per cui è famosa l’isola. Ce ne sono una decina allineati appena sotto la cresta sommitale, per lo più si tratta di osservatori classici a cupola ma ci sono anche due parabole giganti ricoperte da specchi, si vede tutto capovolto, e uno che più che un osservatorio sembra il capannone di una fonderia ed è, neanche a farlo apposta, il nostro Telescopio Nazionale Galileo che, nonostante l’aspetto da ferriera, vanta risultati scientifici di notevole valore.
Ho la testa un po’ così – si lamenta mia moglie, sarà l’altezza o la fame? In un caso o nell'altro, giù verso la costa nord, in discesa abbondanza di pinete e fiori ma penuria di bar e trattorie. A Santo Domingo finalmente un ristorantino con vista mare.
Ore quindici, sole, luce, caldo ma soprattutto verde, il verde spettacolare dei valloni che si susseguono lungo la costa tappezzati dalle euforbie in fiore, un verde lime che dipinge le rocce e sembra risplendere di luce propria, verde mediterraneo nel blu dell’oceano, forse era davvero qui Atlantide.
Questa sera sul terrazzo a guardare anche noi il cielo delle Canarie, a occhio nudo, forse, troppo stanchi.
Luigi Lazzaroni Non credo nell’astrologia ma mi ritrovo in alcune caratteristiche del mio segno, ovviamente quelle che mi fanno più comodo: l’Acquario ama sentirsi libero e sente il bisogno di spostarsi continuamente, adora viaggiare, è attratto da tutto ciò che è nuovo, ha idee continue che gli girano in testa, gli Acquario sono sognatori. Confermo al cento per cento. Per il resto studi classici, laurea scientifica giusto per cambiare, pittura nei periodi di meditazione, fotografia sempre, in montagna da solo o con gli amici, in giro per il mondo con una moglie che mi tiene nel mondo reale tranne che in Amazzonia dove non vuole proprio venire. |
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