Incipit #160 Allungo il braccio e spengo la sveglia. Sono le sette meno un quarto e devo alzarmi.
Il problema è che non ho chiuso occhio e non ho trovato l’album di famiglia. Celeste diventerà matta, avrei dovuto portarglielo ieri pomeriggio, invece mi sono scordata.Avevo promesso a mia sorella che per il suo matrimonio mi sarei impegnata, ma la verità è che odio i matrimoni, li ho sempre odiati. Una spesa inutile, energie sprecate, tempo perso. Per questo mi sono sposata in Comune: due firme, qualche parente, venti minuti di cerimonia e il gioco è fatto. Anzi, se non fosse stato per Luca non mi sarei sposata proprio. Ero riuscita a tergiversare persino con mia madre che voleva vedermi sposata a tutti i costi.
Alla fine è stato Luca a insistere. Eravamo d’accordo che avrei smesso di prendere la pillola e avremmo provato a fare un bambino; invece, una sera, dopo la telefonata con sua madre (le telefonate serali di mia suocera sono sempre un digestivo naturale) mi ha detto: «Se vuoi un figlio dobbiamo sposarci». Lui sa essere sempre molto convincente. Io volevo un figlio e l’abbiamo fatto. Ci siamo sposati in quattro e quattr’otto e l’ho chiusa lì.
L’ unico aspetto positivo di tutta la faccenda è che al matrimonio di mia sorella ci sarà zia Rosa (in realtà è la zia di mia madre), e la sua presenza per me è piuttosto rassicurante, è una delle poche che riesce a tenere a freno quella lingua biforcuta di mia nonna. Inoltre rivedrò Fiamma, il che è meraviglioso; devo solo ricordarmi di andare a prenderla in aeroporto. Mia cugina vive a Londra ormai da tre anni e, conoscendola, se non fosse stata la testimone di Celeste non si sarebbe mossa. A volte la invidio. Invidio la distanza che ha messo con la nostra famiglia. Una distanza necessaria, perché per lo più i genitori succhiano il sangue.
Questo matrimonio deve ancora incominciare e io sono già nei casini. Eppure conosco bene mia madre e dovrei essere preparata. Ines ha la capacità innata di fiutare quando sono in difficoltà, e ieri sera mi ha chiamato proprio al momento giusto, voleva sapere come mai non avevo ancora portato l’album a mia sorella.
E qui mi concederò una divagazione sulle triangolazioni in cui le due, madre e sorella, sono specialiste: se parlo con una, arriva subito l’altra a immischiarsi. È così che vengo messa all’angolo con un KO clamoroso. Al telefono le ho detto di tranquillizzare Celeste – tanto sapevo che, appena chiusa la conversazione, la mamma sarebbe andata a relazionarle il tutto (sempre che lei non origliasse già dall’altro telefono) – e ho mentito spudoratamente garantendole che l’album era al sicuro vicino alla mia borsa, pronto per essere consegnato alla sposina.
Luca mi guardava di sbieco, non sopporta quando racconto balle, sostiene che sono abbastanza grande per dire la verità e assumermi le conseguenze delle mie azioni, e che sono un cattivo esempio per le bambine. Forse ha ragione, ma quel maledetto album l’avevo cercato ovunque, la casa era sottosopra, Sofia e Camilla non erano ancora andate a letto e non avevo voglia di sentire le prediche di mia madre sulla mia abitudine di fare le cose sempre all’ultimo minuto, sul fatto che ho la testa chissà dove e che sono un disastro. Tanto lo so già.
E comunque, per i miei genitori, a quarant’anni non sono ancora diventata maggiorenne e chissà quando succederà. Se voglio salvare me stessa, ogni tanto qualche piccola balla è necessaria. Le bugie bianche, le chiamo io, annoverate insieme a quelle su Babbo Natale e la fatina dei denti.
La luce filtra dalle persiane con delicatezza, creando dei puntini luminosi sulle mie braccia.
Ora basta, devo fare uno sforzo, alzarmi subito. Se non arrivo puntuale, se non faccio quello che dice, proprio oggi, il giorno del suo matrimonio, Celeste ha giurato che non mi rivolgerà la parola per gli anni a venire. Il che, a pensarci, non sarebbe male! Nonostante io sia la più grande tra le due, mia sorella mi tiene in scacco. Lo fa da sempre e lo fa con tutti. Niente di nuovo sul fronte, inutile lamentarsi. Inutile farlo ora.
Mi siedo sul bordo del letto, cerco con i piedi le ciabatte che sono finite sotto, non le trovo. La verità vera è che dovrei essere felice per mia sorella, e basta. Invece non lo sono. O meglio lo sono, ma non sto bene.
Prendo l’elastico per capelli sul comodino e me lo metto al polso. Recupero il golf e lo infilo sopra al pigiama, è un golf infeltrito, color ruggine, frutto di una lavatrice sbagliata. Luca lo detesta, ma io lo adoro e poi non butto via niente, mi affeziono agli oggetti come fossero persone.
Sì, lo so, sono i primi di maggio, ma il mio corpo reclama sempre calore, così infilo strati su strati; soprattutto prima di andare a dormire mi avvoltolo come un baco da seta. Anche ad agosto ho i piedi gelati. Non so se sia una questione di abitudine, ma sta di fatto che Luca, a torso nudo e in mutande, brontola. Mi accusa di non agevolare per nulla la nostra attività sessuale, e non è che abbia tutti i torti; anche se lui, appena tocca il letto, si gira dall’altra parte e si addormenta. Diciamo che entrambi abbiamo le nostre responsabilità, perché ultimamente quel tipo di attività scarseggia, e per “ultimamente” s’intende un periodo piuttosto lungo e protratto nel tempo. Anche se, a quanto pare, molte coppie sono nella nostra stessa situazione, quindi perché preoccuparsi? Ecco, appunto. Perché preoccuparsi?
Quando ci siamo conosciuti, credo che Luca si aspettasse delle cose da me, rispetto al sesso, intendo.
A volte penso che Luca non sappia ancora niente di me, anche se dice di conoscermi come le sue tasche. Ad esempio, non sa che odio tutto ciò che mi fa sembrare una gatta in calore, non sa che non mi sono mai messa in topless, e in palestra entro nelle docce con il costume. Che mi sconvolgono le donne che si lavano tranquille davanti a tutte come se fossero in coda al supermercato. E mi stupisco per come sono tatuate, per le rasature perfette all’inguine, per la sicurezza con cui sanno portare il proprio corpo e fanno di se stesse ciò che vogliono. Donne che si spazzolano ovunque, e mi sorridono allegre mentre lo fanno.
Luca non sa, ma forse dovrebbe sapere, che quando si aggira nudo per casa sicuro di sé e del suo coso che pende, non lo sopporto. Che gli uomini nudi non sempre sono belli. Che io non sono libera e non lo sono mai stata.
Lo guardo mentre continua a dormire. Esco in punta di piedi dalla camera e socchiudo la porta, in realtà spero che non si svegli per una buona mezz’ora. La mia mezz’ora di ossigeno.
Quarta di copertina
"Il matrimonio di mia sorella" di Cinzia Pennati, Giunti, 2018.
Bellissima e sognatrice, da sempre Celeste è la prediletta della famiglia, adorata dagli amici e dai numerosi corteggiatori. E finalmente è arrivato il giorno che tutti aspettavano: le nozze con Roberto, l'uomo ideale, solido e affidabile. Un matrimonio in grande stile, con un abito da favola e la chiesa traboccante di fiori. Ben diverso dalla rapida cerimonia con cui si è sposata la sorella maggiore Agnese: quasi un marchio d'infamia che la madre non le ha mai perdonato. D'altronde, Agnese è la figlia concreta e misurata, quella su cui si può sempre contare, che non riserva sorprese. Ma adesso, a quasi quarant'anni, con due bambine, un lavoro estenuante e un marito con cui forse la magia non c'è mai stata, Agnese vacilla: è veramente questa la vita che desiderava? E se è così, perché prova uno strano brivido ogni volta che riceve un messaggio da Andrea, quel nuovo collega così comprensivo? Ma quando perfino Celeste, tanto sicura e perfetta, viene messa in crisi da un ritorno inaspettato, Agnese non può che chiamare a raccolta le donne di famiglia, tutte radunate davanti a un bicchiere di sherry: la madre Ines, in eterno conflitto con la nonna; la cugina Fiamma, con un segreto nel cuore; e soprattutto l'eccentrica zia Rosa, che non si è mai sposata ma ha molto da rivelare sulla forza della passione... Nell'arco di un solo giorno speciale, tra ricordi, confessioni, tradimenti e riconciliazioni, Agnese vedrà cadere ogni certezza e ogni maschera: ma è davvero troppo tardi per essere leali con se stesse?
★★★★★
Il buon giorno si vede dal mattino, dicono, e un buon incipit e una copertina accattivante possono essere il perfetto bigliettino da visita di un libro.
Secondo voi, quante stelline si merita il biglietto da visita di questo libro?
Tutti i nostri incipit:
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